Papa Francesco ci ha fatto un bel regalo di Natale con la sua lettera apostolica “Admirabile signum”, dedicata al presepe. Ci ha aiutato non solo ad apprezzarne il solido fondamento evangelico, ma ci ha mostrato come esso «parli alla nostra vita. Dovunque e in qualsiasi forma, il presepe racconta l’amore di Dio, il Dio che si è fatto bambino per dirci quanto è vicino ad ogni essere umano, in qualunque condizione si trovi» (n. 10). «Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia» (Lc 2,12). Tali parole, rivolte dall’Angelo ai pastori, sono rivolte anche a noi, che abbiamo tanto bisogno di questo segno, che illumini e riscaldi il nostro cuore, perché il Signore continua a cercare una dimora, vuole rinascere nella nostra vita, per darle pienezza di significato. Il Papa ci aiuta così a soffermarci davanti al presepe con uno spirito contemplativo che diventa anche operativo, concretizzandosi in propositi, incidendo sulla nostra vita. Ecco una sintesi delle riflessioni e degli spunti sui segni del presepe offerti da Papa Francesco.
I segni del presepe illustrati da Papa Francesco
Il Bambino Gesù: «Dio si presenta così, in un bambino, per farsi accogliere tra le nostre
braccia. Nella debolezza e nella fragilità nasconde la sua potenza che tutto crea
e trasforma. Sembra impossibile, eppure è così: in Gesù Dio è stato bambino e in
questa condizione ha rivelato la grandezza del suo amore, che si manifesta in un
sorriso e nel tendere le sue braccia verso chiunque» (n. 8).La Madonna: «Contempla
il suo bambino e lo mostra a quanti vengono a visitarlo». Che ci insegni a
rispondere «con obbedienza piena e totale» alle chiamate di Dio. «Vediamo in lei
la Madre di Dio che non tiene il suo Figlio solo per sé, ma a tutti chiede di obbedire
alla sua parola e metterla in pratica (cfr Gv 2,5)» (n. 7).San Giuseppe: «Il custode che non si stanca mai di proteggere la sua famiglia. Quando Dio
lo avvertirà della minaccia di Erode, non esiterà a mettersi in viaggio ed emigrare
in Egitto (cfr Mt 2,13-15). E una volta passato il pericolo, riporterà lafamiglia a Nazareth, dove sarà il primo educatore di Gesù fanciullo e adolescente».
Che anche lui ci aiuti ad affidarci alla volontà di Dio e a metterla in pratica.«Il cielo stellato nel buio e nel silenzio della
notte. Quante volte la notte circonda la nostra vita. Ebbene, anche in quei
momenti, Dio non ci lascia soli, ma si fa presente per rispondere alle domande
decisive che riguardano il senso della nostra esistenza» (n. 4).Le rovine di case e palazzi antichi, che in alcuni
presepi circondano la grotta di Betlemme e a volte costituiscono la stessa
abitazione della Santa Famiglia. A prima vista non si capisce bene cosa
c’entrino quelle rovine in quel luogo. Esse sono «segno visibile dell’umanità
decaduta, di tutto ciò che va in rovina, che è corrotto e intristito. Questo
scenario dice che Gesù è la novità in mezzo a un mondo vecchio, ed è venuto a
guarire e ricostruire, a riportare la nostra vita e il mondo al loro splendore
originario» (n. 4).Il paesaggio che circonda la grotta con monti,
ruscelli, boschi e laghetti ci mostra che «tutto il creato partecipa alla festa
della venuta del Messia» (n. 5). Con Gesù tutto, in questo mondo, acquista
un nuovo senso, valore e bellezza.I diversi personaggi che sembrano non avere alcuna
relazione con i racconti evangelici: lavandaia, fabbro, fornaio, musicisti ecc.
Eppure essi ci mostrano che «in questo nuovo mondo inaugurato da Gesù c’è
spazio per tutto ciò che è umano e per ogni creatura… Tutto ciò rappresenta la
santità quotidiana, la gioia di fare in modo straordinario le cose di tutti i
giorni, quando Gesù condivide con noi la sua vita divina» (n. 6).Il bue e l’asinello non sono menzionati nei Vangeli
anche se parlano della mangiatoia. Un passo del profeta Isaia è però risultato
illuminante: «Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la mangiatoia del
suo padrone, mentre Israele non conosce, il mio popolo non comprende» (Is 1,3).
Questi animali sanno a chi appartengono, come tutta la creazione. E noi? Siamo
capaci di riconoscere in quel Bambino adagiato in una mangiatoia il Signore al
quale apparteniamo?La stella cometa, che ha richiamato l’attenzione dei
Magi e ha mostrato loro il cammino, ci ricorda che «pure siamo chiamati a metterci in cammino per
raggiungere la grotta e adorare il Signore» (n. 5), ad incontrare
Gesù, a uscire – come fecero i Magi – dalla nostra comodità.Gli angeli intorno alla grotta (che avvisarono i
pastori) ci ricordano la nostra vocazione e l’aiuto prezioso che sono disposti
ad offrirci quando il nostro cammino si fa più faticoso o pericoloso.I pastori che «diventano i primi testimoni dell’essenziale,
cioè della salvezza che viene donata. Sono i più umili e i più poveri che sanno
accogliere l’avvenimento dell’Incarnazione» (n. 5). È proprio questo
incontro tra Dio e i suoi figli, grazie a Gesù, a «costituire la singolare
bellezza e grandezza della nostra fede» (n. 5).I mendicanti che appaiono a volte fra le statuine.
Essi «non conoscono altra abbondanza se non quella del cuore e ci ricordano che
Gesù è nato povero, ha condotto una vita semplice per insegnarci a cogliere
l’essenziale e vivere di esso. Dal presepe emerge chiaro il messaggio che non
possiamo lasciarci illudere dalla ricchezza e da tante proposte effimere di
felicità» (n. 6).«Il palazzo di Erode è sullo sfondo, chiuso, sordo
all’annuncio di gioia», alla rivoluzione dell’amore e della tenerezza. «Dal
presepe, Gesù proclama, con mite potenza, l’appello alla condivisione con gli
ultimi quale strada verso un mondo più umano e fraterno, dove nessuno sia
escluso ed emarginato» (n. 6).I tre Magi gli offrono l’oro che onora la sua regalità, l’incenso che ne attesta la divinità e la mirra che ne conferma la santa umanità, passione e morte. I Magi, tornati nelle loro città, avranno annunciato pieni di gioia ciò che videro e udirono. Il Papa ci invita «a riflettere sulla responsabilità che ogni cristiano ha di essere evangelizzatore e di portare la Bella Notizia presso quanti incontra, testimoniando la gioia di aver incontrato Gesù e il suo amore con concrete azioni di misericordia» (n. 9).
Don Arturo Cattaneo