La commemorazione congiunta dei 1700 anni del Concilio di Nicea sia testimonianza che tutti i cristiani sono uniti nel profondo della fede. È l'auspicio che esprime il cardinale svizzero Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, a pochi giorni dalla partenza di Papa Leone XIV per la Türkiye. A İznik, il nome odierno dell'antica Nicea, il Papa vivrà una cerimonia ecumenica insieme ai rappresentanti delle comunità cristiane per ricordare il primo Concilio della storia. Un evento per la Chiesa e per il mondo che ha una rilevanza ancora oggi, come sottolinea Koch.
Eminenza, il primo Concilio di Nicea si è celebrato 1700 anni fa. Perché è ancora rilevante oggi?
Credo che ci siano due ragioni. Innanzitutto, questo Concilio si è tenuto nel 325, in un'epoca in cui la cristianità non era ancora ferita da tante divisioni e separazioni. Per questo motivo il Concilio riguarda in realtà tutti i cristiani e può essere celebrato nella comunità ecumenica. In secondo luogo, il Concilio ha definito e stabilito la fede cristiana in Gesù Cristo come Figlio di Dio, valida per tutti i cristiani. Ricordarlo nuovamente e approfondire insieme questa fede nell'amicizia ecumenica è il grande vantaggio di questo evento.
Allora si trattava nientemeno che della natura divina di Cristo, e al Concilio di Nicea se ne discusse animatamente. Quali sono oggi le grandi questioni nell'ecumenismo?
La questione rimane naturalmente aperta, perché credo che, nonostante tutta la diplomazia di cui disponiamo, possiamo trovare l'unità solo nella fede. Troviamo l'unità in quella fede apostolica che viene trasmessa e affidata a ogni nuovo membro del corpo di Cristo nel battesimo. E naturalmente il Concilio di Nicea è un grande fondamento in cui è stata stabilita la fede. E approfondire nuovamente questa fede - perché la fede nella divinità di Gesù non è semplicemente un dato di fatto, ma è ancora oggi messa in discussione - mi sembra molto importante.
Per questa grande celebrazione sono stati inviati molti inviti, sia da parte cattolica che ortodossa. Si voleva consentire la più ampia partecipazione possibile. Può già dirci chi sarà presente e chi forse non è riuscito a dare la sua adesione?
Non si sa ancora con certezza chi alla fine verrà e chi no... Per questo motivo non voglio ancora dire nulla al riguardo, per non diffondere notizie false. L'obiettivo era quello di avere con noi il maggior numero possibile di cristiani. Questo è anche il desiderio di Papa Leone e vorrei sottolineare proprio questo aspetto... Chi sarà presente e chi non potrà venire, potremo discuterne in seguito.
Quale messaggio vorrebbe che emergesse da questa commemorazione del Concilio?
Una testimonianza del fatto che siamo uniti nel cuore della fede cristiana. Ciò corrisponde anche al meraviglioso motto di Papa Leone XIV, ovvero In Illo uno unum. Ciò significa che siamo molti, siamo diversi, ma siamo uno in Gesù Cristo. Questo motto, che egli ha scelto per la Chiesa cattolica, vale anche per l'ecumenismo.
Lei può vantare un lungo servizio nella Santa Sede per l'ecumenismo. Qual è il suo sentimento principale nel partecipare a questo importante anniversario?
Innanzitutto sono molto lieto di vedere come questo evento, i 1700 anni del Concilio di Nicea, stia muovendo tutta la cristianità. Ci sono stati tanti simposi, tanti incontri... Questo mi ha fatto molto piacere e sono molto grato che la cristianità ricordi il Concilio e rinnovi la fede comune.
Dopo la Türkiye, il Papa si recherà anche in Libano. Cosa si aspetta in generale da questo primo viaggio apostolico del Pontefice, che sarà seguito con grande attenzione?
Naturalmente questo viaggio è anche una visita di solidarietà per le difficili situazioni in questi Paesi, sia in Türkiye che soprattutto in Libano. È un incoraggiamento per i cristiani: in Türkiye i cristiani sono una piccola minoranza; in Libano c'è una comunità cristiana diversificata, naturalmente con una forte presenza di maroniti, che vivono in una situazione difficile sia dal punto di vista politico che economico. Rafforzarli e incoraggiarli è sicuramente una delle preoccupazioni del Santo Padre. E naturalmente anche il dialogo ecumenico e il dialogo interreligioso, il dialogo tra cristiani e musulmani, che è molto importante soprattutto in Libano, perché il presidente è maronita e il primo ministro è musulmano.
fonte: vaticannews