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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (1 luglio 2025)
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  • COMMENTO

    Commento ai Vangeli domenicali

    Calendario romano. Luca 9, 28-36. Seconda Domenica di Quaresima

    Quando sul cammino si presenta una salita, si sa, occorre più forza e più tenacia per affrontarla. Ma se il traguardo è importante, se ne vale la pena, lo stimolo a raggiungerlo vince sulle difficoltà del percorso. «Anche la Quaresima è un percorso. Che inizia, infatti, affondando il proprio io nelle incertezze delle tentazioni, ma è destinato a culminare in un grande traguardo». Mons. Pier Giacomo Grampa continua a traghettarci nella navigazione delle Sacre Scritture domenicali nella puntata di «Il Vangelo in Casa» di Caritas Ticino, assieme a Dante Balbo, in onda su TeleTicino. Il Vescovo emerito di Lugano riprende il tema odierno, quello della Trasfigurazione di Gesù, tradizionalmente avvenuta sul monte Tabor. Siamo ancora nella sala principale di villa Turconi, che ospita la fondazione Sant’Angelo di Loverciano, a Castel San Pietro. «Durante il cammino verso Gerusalemme» prosegue Mons. Grampa «Gesù sentì che i suoi discepoli non sarebbero ancora stati pronti a vivere ciò che li avrebbe attesi: la passione, la morte in croce, il sepolcro. Uno stupore che avrebbe potuto indurli a pensare che la vita e l’opera di Gesù avessero le proporzioni di un fallimento». La trasfigurazione, che in questo senso spazzerà via ogni dubbio, è infatti da annoverare tra le teofanie: le manifestazioni del Divino (spesso indicate anche con il termine assai più noto di epifanie). «La trasfigurazione è una visione straordinaria, da non confondere con la metamorfosi, portatrice di un cambiamento» sottolinea il Vescovo emerito, «non scomodiamo infatti Le Metamorfosi, l’opera di Ovidio» (opera che curiosamente è coeva di Gesù: fu completata quando aveva otto anni). «Il Cristo non si trasforma in nulla, non muta la sua forma, ma rivela la sua luce e lo splendore delle vesti divine, che divennero bianche più delle vesti lavate dal lavandaio, come scrive l’evangelista Marco». Don Mino, come era chiamato da tutti durante la sua vita pastorale, ricorda poi che la presenza di Mosè ed Elia (l’antico patriarca, il profeta) erano un segno della profondità della storia di Gesù: «Una profondità nel tempo ma soprattutto proiettata al futuro. Una storia ancora tutta da scoprire. La trasfigurazione è dunque uno sguardo nella profondità di Dio, nel cogliere la Sua luce, per non perdere la fede nel momento della prova». Dunque, se un cambiamento c’è, è di certo nello sguardo che va oltre le apparenze, per raggiungere profondità e altezze che spesso dimentichiamo nel nostro quotidiano. «Quando Gesù risorge, gli apostoli si ricorderanno di quell’estasi di luce in cui avrebbero voluto restare: la trasfigurazione è questo. Una rivelazione del divino fondamentale per noi, esseri materiali ma anche spirituali».

    Calendario ambrosiano. Giovanni 4,5-42. Domenica della Samaritana. Di don Giuseppe Grampa

    Mi sorprende di questa lunga e complessa pagina un’annotazione a prima vista marginale. Ma nel quarto evangelo i dettagli sono sempre significativi. Al termine della lunga conversazione presso il pozzo dove la donna era venuta ad attingere acqua, l’Evangelista nota: «lasciata la brocca, la donna andò in città...».Era venuta per l’acqua, bene raro e prezioso eppure qualche cosa è avvenuto presso il pozzo e la donna non è più preoccupata dell’acqua ma solo di andare, senza indugi, a chiamare la gente perché venga ad incontrare Gesù. Questa brocca, utensile prezioso in quella povera economia domestica, lasciata presso il pozzo non è forse il segno di una svolta nella vita di questa donna mal amata? Che cosa è avvenuto in quel mezzogiorno, col sole a picco, presso il pozzo? Potremmo dire, semplicemente un incontro. Lo sappiamo e certamente ne abbiamo fatto esperienza: ogni vero incontro cambia la vita. Qualche volta la cambia radicalmente e definitivamente. Non diciamo forse: ho incontrato l’uomo, la donna della mia vita? Così anche per la Samaritana che di uomini era esperta ma non aveva ancora incontrato l’uomo della sua vita, l’uomo che avrebbe cambiato la sua vita. Ma anche l’incontro presso il pozzo era cominciato con uno scontro perché la donna riconosce nell’uomo che le rivolge la parola chiedendole da bere, un nemico del suo popolo, uno straniero con il quale non vuole avere alcun rapporto: né una parola, né un sorso d’acqua. Tra Giudei e Samaritani c’era una storia secolare di inimicizia perché i samaritani avevano smarrito la purezza del sangue e della fede di Abramo mescolandosi con altre popolazioni. Bastardi e infedeli, quindi. E invece Gesù vuole questo incontro che, come in ogni vero incontro, svela il volto dei due interlocutori. La donna riconosce che Gesù ha letto nella sua vita disordinata e l’ha portata alla luce, e a sua volta la donna a poco a poco intuisce chi sia il suo sconosciuto interlocutore. A poco a poco, eppure Gesù avrebbe potuto con una sola parola, con un gesto svelarsi a lei, preferisce invece accompagnarla passo dopo passo con pazienza e rispetto. Gesù prende tempo perché l’incontro sia davvero l’esito di un percorso, una conquista dove la donna è protagonista. Anzi, al termine scopriamo che la donna è diventata la prima testimone dell’Evangelo, cioè di Gesù stesso presso la gente della sua città. E potremmo sottolineare il fatto che si tratti di una donna che in quella società non godeva di considerazione. E poi una donna poco raccomandabile e una straniera. Anche questi sono tutti dettagli che conferiscono a questa pagina un carattere di singolare provocazione. Guardiamoci dai pregiudizi, guardiamoci dal giudicare: ogni uomo, ogni donna custodisce una dignità che domanda solo rispetto. Di qui può muovere poi il cammino della fede.

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