A tutto campo e a diversi livelli. Mai, forse, come stavolta, alla Cop30 di Belém, la Chiesa è stata presente, con proposte, idee, eventi, capacità di mettere in rete movimenti popolari, a una Conferenza mondiale sul clima. All’evento, le varie espressioni ecclesiali, a tutti i livelli e prevalentemente in alleanza con molte realtà della società civile, si sono preparate per tempo. A essere sotto i riflettori del mondo, in questi giorni, è la città di Belém do Pará, capitale, appunto, dello Stato brasiliano amazzonico del Pará.
A Belém l’arcidiocesi presente in quattro poli. “Già nel 2024, Papa Francesco affermò che ‘la distruzione dell’ambiente è un’offesa a Dio, un peccato non solo personale ma anche strutturale’. In sintesi, il messaggio del Santo Padre indica una crisi ambientale e climatica sempre più grave. Dobbiamo agire perché c’è ancora tempo, ma il momento è adesso!”. A parlare, al Sir, è don Paolo Andriolli, vescovo ausiliare di Belém, incaricato di coordinare, a livello diocesano, le molte iniziative promosse dalla Chiesa locale per l’evento. “L’intera Chiesa del Brasile – prosegue il vescovo, missionario saveriano di origini vicentine – si è organizzata realizzando delle ‘pre-Cop’, con l’obiettivo di raccogliere le richieste popolari e le possibili soluzioni.
Ancora una volta abbiamo visto che le soluzioni sono chiare, e vanno nella direzione della diminuzione dell’uso di materiali fossili, dell’investimento in energie rinnovabili, del pensare a un’economia solidale, orientata al bene integrale.
Come Chiesa di Belém, siamo coscienti che dobbiamo collaborare, affinché questa visione sia conosciuta e divulgata. Pertanto, abbiamo organizzato varie attività in quatto poli della diocesi”.
Un programma ampio e variegato, che prevede laboratori tematici, spazi espositivi, dibattiti, celebrazioni liturgiche, presentazioni culturali e attività di sensibilizzazione. A partire dal domani, 11 novembre, e fino al 16 novembre, il collegio di Santa Caterina ospiterà il “polo sociale”, la sede dell’Università Cattolica il polo relativo a Istruzione e Salute, i santuari di San Giovanni Battista e Nostra Signora delle Grazie il polo della Gioventù, Santa Barbara il polo della Sostenibilità.
“Per coordinare questo cammino abbiamo costituito, da tempo un’apposita équipe – spiega al Sir suor Regiane Lima Costa, che fa parte del gruppo coordinatore –. Sono, così noti, questi quattro poli, dentro ai quali conviveranno dibattiti, celebrazioni, presentazione di buone pratiche, avendo come riferimento la Laudato si’ e la Laudate Deum di Papa Francesco, e il contesto dell’Amazzonia, dove la realtà degli attentati all’ambiente e alla vita è sempre più grave”. Un appello che, a Belém, soprattutto, riguarda la difesa dell’acqua, lungo la quale vivono migliaia di persone che appartengono alle comunità rivierasche dei numerosi fiumi (ribeirinhas, in portoghese), come Leticia Freitas, una delle leader di queste comunità, che sottolinea la speranza che, in questi giorni, venga data voce ai popoli indigeni, “alla loro visione di sostenibilità, frutto di una cultura basata sull’armonia tra uomo e natura”.
Attenti alle “false soluzioni”. A Belém sono anche presenti delegazione di numerosi organismi ecclesiali, come ricorda al Sir padre Dario Bossi, missionario comboniano, da molti anni in Brasile e attivo in numerose realtà. Tra queste, la Commissione per l’ecologia integrale e l’estrazione mineraria della Chiesa brasiliana, collegata alla rete continentale Iglesias y Minería.
“Proprio in questi giorni – ricorda padre Bossi – ricordiamo i dieci anni della criminale tragedia di Mariana, dove il crollo di una diga ha travolto le vite di 20 persone e ha contaminato l’intero bacino del rio Doce.
Il tema chiave, per quanto riguarda il nostro contributo, è la denuncia delle ‘false soluzioni’, che è anche uno dei temi forti del documento delle Chiese del Sud globale. C’è il rischio, in particolare, che la transizione energetica di per sé importante e urgente, possa diventare un mito, e un ‘cavallo di Troia’ per le comunità del Sud globale.
Portiamo la denuncia di quello che sta succedendo con i minerali critici, i minerali di transizione, specialmente il litio”.
Il missionario fa presente, poi, quella che è una forte preoccupazione: “Alla Cop 30 viene presentato il Tfff, sigla per Tropical forest forever facilities, un meccanismo di finanziamento per le foreste del Brasile, della Repubblica Democratica del Congo e dell’Indonesia, le tre principali foreste tropicali al mondo. È un’idea che, da 15 anni, la Banca mondiale e, di recente, il G20, stanno portando avanti. Il Brasile ha adottato questa proposta, con qualche aggiustamento, e l’ha rilanciata in questi giorni, suggerendo che si raccolgano investimenti di 125 miliardi di dollari, prestati a interessi del 4% e reinvestiti nel mercato finanziario a interessi del 7%. Questa differenza di interessi genererà valori che saranno investiti per la preservazione delle foreste. Finora sono stati raccolti solo 5,5 miliardi”.
Malgrado la proposta sia è stata accolta da diverse organizzazioni, anche indigene, padre Bossi ricorda che più di 150 organismi della società civile, tra cui molte espressioni della Chiesa, hanno firmato un documento critico rispetto al Tfff: “Il problema è che questo meccanismo si consegna alla speculazione al sistema finanziario e al mercato di investimenti, spesso poco trasparente. In particolare, chi ci assicura che per ottenere questo 3% di differenza di interessi per le donazioni non si investirà in azioni e imprese a rischio e con un profilo etico ambiguo? Inoltre, si privano i popoli indigeni e le comunità locali del loro protagonismo. Anche questa, ci pare una falsa soluzione”.
Bruno Desidera, AgenSIR