di Laura Quadri
A 5 anni dalla morte e a quasi 90 anni dalla nascita, sono molti gli aspetti che si potrebbero ricordare di don Sandro Vitalini. In particolare domani, 22 febbraio, il suo apporto teologico sarà al centro di un Convegno internazionale organizzato a Lugano in modo congiunto da varie istituzioni. Ne anticipiamo alcuni aspetti con Ernesto Borghi, coordinatore della Formazione biblica nella Diocesi e del comitato organizzatore del convegno.
Ernesto Borghi, dalla morte di Vitalini, che passi sono stati compiuti per valorizzarne l’eredità?
Tre sono stati gli eventi pubblici che lo hanno posto all’attenzione generale anzitutto di coloro che abitano nel Canton Ticino: la presentazione del suo ultimo volume «Dio soffre con noi? Il mistero del male nel mondo» a Breganzona, il 13 settembre 2020; l’intitolazione della piazza principale del comune di Melide, il 19 settembre 2020), paese dove egli visse anni importanti della sua esistenza e, infine, l’intitolazione della galleria civica di Campione d’Italia, lo scorso 19 settembre, luogo della sua nascita.
Quali aspetti finora non ancora emersi si spera di trattare nel convegno?
Vitalini è stato uomo di grande cultura teologica ed umanistica e di rilevantissima generosità intellettuale e materiale. Egli trovò e trova opposizioni soltanto tra coloro che erano e sono a favore di un’idea di cristianesimo e di Chiesa cattolica arroccata, moralistica e settaria. Il convegno di sabato 22 febbraio non ha lo scopo di santificare don Sandro: la sua fedeltà quotidiana al Vangelo di Gesù Cristo appare chiara a moltissimi, al di là di qualsiasi valutazione istituzionale. Questo incontro dovrebbe riuscire a tratteggiare sinteticamente gli aspetti qualificanti del suo pensiero teologico ed antropologico, dunque il contributo culturale aperto e liberante di quest’uomo. Confidiamo di riuscire a puntualizzare efficacemente quanto risulta dai suoi moltissimi scritti, dai suoi interventi televisivi e radiofonici e dalle testimonianze di tante persone. In questa occasione proveremo, cioè, a dare conto anzitutto del suo «magistero» formativo, che è stato sempre, è giusto ricordarlo, un «ministero » a favore degli altri.
Per don Vitalini l’attività accademica si coniugò con un’attitudine divulgativa, che gli permise di essere comprensibile a tutti. Possiamo ricordare i frutti più belli di questo connubio?
Cinque grandi classeurs, realizzati da alcuni suoi ex-allievi, riuniscono molte centinaia di suoi interventi, a livello scientifico, scientifico-divulgativo e divulgativo, dall’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso a poche settimane prima della morte. Tutto questo amplissimo materiale testimonia esattamente questa capacità di associare serietà culturale e comprensibilità espressiva.
Don Vitalini è stato definito teologo colto, originale ma a volte anche «scomodo». Perché?
Un uomo dalla fedeltà inossidabile alla Chiesa di Gesù Cristo, capace di obbedienza intelligente: questo mi pare sia stato il prof. Vitalini nel corso della sua vita. In particolare nelle numerose occasioni di collaborazione che abbiamo avuto nei vent’anni precedenti alla sua scomparsa mi è parso subito chiaro che la «scomodità» di Vitalini era legata anzitutto al fatto che la libertà di coscienza della persona era per lui del tutto prioritaria. Vitalini era persuaso che, rispetto alla centralità del Dio di Gesù Cristo e del suo Vangelo, tanti aspetti di carattere confessionalistico e dottrinalistico fossero secondari, anzi da accantonare in ragione di una logica cristiana ed ecumenica radicale.
Ritroviamo dei tratti del suo pensiero, che ben potrebbero dialogare con la Chiesa di papa Francesco? Che cosa pensava Vitalini, ad esempio, del concetto di «misericordia»?
Don Sandro vedeva questo concetto come uno degli aspetti essenziali di Dio, che egli proponeva costantemente. La vita di chi vuole essere discepolo di Gesù non può che essere fatta dello slancio solidale del samaritano che incontriamo in Luca 10, toccato nelle viscere dalla condizione sofferta dell’uomo lasciato semimorto per strada: tante volte egli si è espresso in questi termini, citando tanti altri passi biblici che orientano in questa direzione di generosa apertura agli altri.
C’è qualche altro concetto teologico che la colpisce nei suoi scritti?
Il Dio di Gesù Cristo non è onnipotente, nel senso più o meno terroristico e illusorio del termine, ma è onnipotente nell’amore, un amore del quale invita ogni essere umano ad essere strumento per gli altri: questo è uno degli aspetti fondamentali del magistero teologico di Vitalini, nozione che merita di essere fatta conoscere ovunque. Il cardinale Carlo Maria Martini parlava al mondo con tanti suoi interventi, a cominciare dalle sue lettere pastorali e dalle sue parole durante le edizioni della «Cattedra dei non credenti». Credo sia possibile dire che, sia pure secondo un campo d’azione certo anche geograficamente più limitato, quanto Sandro Vitalini ha spesso scritto e detto, da teologo per tutti, può avere una rilevanza culturale, ossia esistenziale analoga, cioè capace di restare sempre valida anche col passare del tempo.
Il Convegno internazionale dal titolo «Sandro Vitalini: la teologia per la vita e la cultura di tutti», e patrocinato anche dalla Facoltà di Teologia dell’Università di Fribourg, avrà luogo domani dalle ore 9.30 presso la Basilica del Sacro Cuore a Lugano. Introduzione e conclusione saranno a cura di Ernesto Borghi. Intervengono a seguire la prof.ssa Milena Mariani, docente di teologia dogmatica presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose «Romano Guardini» di Trento; il prof. Alberto Bondolfi, docente emerito di teologia morale presso l’Universita di Ginevra; Angelo Reginato, pastore e biblista presso la Chiesa Evangelica Battista di Lugano; mons. Nicola Zanini, rappresentante dell’Amministratore apostolico della Diocesi di Lugano. Modera la giornalista Corinne Zaugg.
Sandro Vitalini parla del male (RSI, "Storie", 1.01.2019)
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