Calendario romano: Mt 25,31-46.
CI VEDIAMO IN PARADISO
di Dante Balbo
"Se non ci vediamo, lo faremo in Paradiso."
"Chissà!"
"Perché, tu non vieni?"
Questo è un frammento di conversazione realmente accaduto, quando ero un ragazzo, non ricordo né dove, né con chi.
Mi è rimasto impresso, per la gioia semplice della fede che avevo appena scoperto.
Oggi sono più consapevole che la vita è una battaglia, la fede una conquista, la comprensione profonda dell'essere chiesa, comunità viva, è un cammino mai finito.
In questa domenica la Commemorazione dei Defunti si sovrappone alla liturgia ordinaria e ci invita a riflettere su uno dei maggiori tabù del nostro tempo: la morte.
Tutto ci consiglia di starne lontani, di scongiurarla, di prolungare il tempo dell'efficienza, bellezza, gioventù da vivere anche a sessanta o settanta anni.
La morte non piace a nessuno, nemmeno a Gesù, che ha pregato perché gli fosse risparmiato il calice amaro della croce, ma è inevitabile e possiamo affrontarla in molti modi.
La fede cristiana ci suggerisce che la vita è impossibile da fermare, straripa sempre, anche dopo che il corpo si sarà consumato.
Mentre altri pensano che il corpo sia un ostacolo e finalmente libera, l'anima potrà unirsi all'oceano infinito dello spirito, noi sappiamo che ci verranno consegnati cieli e terra nuova, per una vita reale, diversa da questa, ma non meno piena, soprattutto perché non saremo soli.
Paradiso è un termine che viene dal persiano e significa giardino. Ricorda l'Eden, dove l'umanità viveva all'inizio, ma quello di cui parla Gesù sulla croce con il malfattore che gli sta accanto è molto di più, perché dice: "Oggi sarai con me."
Dio che fin da principio ha voluto l'uomo per una relazione d'amore, nella pienezza dei tempi, si è fatto uno di noi, per stare sempre insieme, amare e lasciarsi amare e costruire una comunità con tutti i santi.
Ricordare oggi tutti coloro che hanno lasciato questo mondo, dopo aver celebrato ieri quelli che già vivono nell'altro, ci aiuta a tenere fissa la meta, non dimenticare la strada, camminare insieme.
Arrivederci... In paradiso!
Calendario ambrosiano: Gv 5,21-29.
PERCHE’ NULLA VADA PERDUTO
di don Giuseppe Grampa
Scelgo tra le tre serie di testi biblici proposte dalla liturgia per questa memoria dei morti, la terza. Anzitutto per una ragione molto personale. Come parroco celebravo ogni anno un centinaio di funerali e quando i familiari o le particolari vicende dalla vita del defunto non suggeriscono un testo particolarmente adatto, sceglievo proprio il vangelo proposto dal terzo formulario. La ragione sta in quelle parole di Gesù che dice d'esser venuto in mezzo a noi per compiere la volontà del Padre, volontà che niente vada perduto di quanto il Padre ha messo nelle sue mani. Queste parole lette nel momento in cui stiamo prendendo congedo da una esistenza, assicura quanti piangono quella dipartita che nulla, davvero nulla di quella persona cara va perduto. Non siamo sull'orlo di una fossa dove tutto diventa polvere o di un fuoco che inghiotte con il corpo l'intera esistenza, le sue opere, i suoi esempi, le gioie e le sofferenze. Tutto. Questa parola evangelica mi sembra un invito perché con misura e discrezione si faccia memoria di chi non è più. La liturgia giustamente diffida degli elogi funebri ma ricordare con sobrietà quanto questa persona ha dato nei suoi lunghi o brevi anni mi sembra esercizio di riconoscenza e di edificazione per noi. E la parola, umanissima, di Gesù che dice d'esser venuto perché nulla vada perduto, mi sembra un modo particolarmente bello nel momento del distacco da una persona cara, per aprire alla fede nella risurrezione. Questa parola--risurrezione--così ardua perché del tutto estranea alla nostra esperienza, mi sembra trovi un senso proprio nella certezza che niente e nessuno va perduto. E' esperienza che credo tutti noi abbiamo fatto: tenere, stringere la mano di chi sta per lasciarci, come a trasmettergli la certezza che non lo abbandoniamo, lo teniamo stretto perché non sia ghermito dall'ultima Nemica ma sia nel calore delle mani affidabili del Padre che le nostre mani tentano di comunicare. Proprio questa è stata l'ultima parola di Gesù, parola di affidamento alle mani del Padre, certezza che davvero niente e nessuno va perduto.