In mezzo alle tante notizie di guerra e di odio che ci hanno bombardato per tutta la settimana, ne è arrivata una che ci ha risollevato gli animi, permettendoci per un attimo di sperare in un futuro migliore. La notizia è quella del Nobel per l’Economia assegnato a tre studiosi «per il loro approccio sperimentale volto ad alleviare la povertà nel mondo».
Tra i tre vincitori vi è Esther Duflo (classe 1972), che oltre ad essere donna (la seconda a ricevere il Nobel in Economia, dieci anni dopo Elinor Ostrom, che fu premiata per i suoi lavori pionieristici sui beni comuni), è anche la più giovane persona ad aver vinto il Nobel per l’Economia.
Già nota e in odore di Nobel per la sua straordinaria e precoce carriera (aveva già vinto il «Nobel» per i giovani economisti, la Clark Medal) da anni è un punto di riferimento per chi si occupa di povertà e sviluppo. La Duflo, protestante, nata e cresciuta nella comunità di Bois Colombes a Parigi, è ormai da anni una delle più influenti economiste al mondo e oggi, a 46 anni, continua a portare avanti un lavoro estremamente ambizioso sulla povertà nel mondo, in particolare in India, Paese al quale non ha solo legato i suoi studi, ma parte della sua vita: il suo compagno, collega e vincitore insieme a lei del Nobel è l’economista di origine indiana Abhijit Banerjee. Con lui ha fondato l’Abdul Latif Jameel Poverty Action Lab (J-Pal) al MIT, il Massachusetts Institute of Technology, un vero e proprio laboratorio di ricerca sulla povertà. Un luogo dal quale sono partite idee rivoluzionarie sull’approccio al tema degli aiuti umanitari, dello sviluppo: negli ultimi anni, l’economista ha trascorso gran parte della sua carriera cercando di trovare ciò che funziona nei programmi anti-povertà e traendo conclusioni sorprendenti e molto minuziose, che parlano di dettagli, piuttosto che di grandi campagne, di azioni concrete, piuttosto che di filosofie economiche. Il lavoro della Duflo e colleghi ci insegna dunque molte cose sulle povertà che, purtroppo, sono ancora in massima parte sconosciute a chi si occupa di politiche pubbliche.
Innanzitutto ci dice che la lotta alla miseria e all’esclusione per aver successo richiede la politica dei piccoli passi. Inoltre, ci insegna che la povertà si manifesta con carenza di redditi ma la sua natura vera è una carenza di beni sociali, educativi, sanitari, familiari... Quindi curare le povertà lavorando sui redditi senza curare i capitali delle persone e delle comunità è inefficace e spesso aumenta quelle povertà che vorrebbe ridurre.
Infine, la Duflo ci ricorda che la povertà è soprattutto una questione che riguarda i bambini e le donne. Non è possibile oggi occuparsi di povertà senza occuparsi, direttamente e prioritariamente, di donne e, ancor più, di madri.
Questo Nobel dato a chi lavora per ridurre le povertà concrete della gente è anche una speranza per la professione dell’economista. L’economista è soprattutto qualcuno che lavora per ridurre le povertà e quindi il dolore del mondo.
Silvia Guggiari