Don Nandino Capovilla, parroco di Mestre e voce storica del movimento Pax Christi, è rientrato in Italia dopo un’espulsione improvvisa da Israele. Non vuole però che la cronaca si concentri sulla sua vicenda personale. In un post pubblicato su Facebook poche ore dopo il fermo ha scritto che basta una riga per dire che sta bene mentre tutto il resto dovrebbe servire a chiedere sanzioni contro uno Stato che, tra i suoi “errori”, bombarda moschee e chiese e i cui orrori vengono spesso liquidati come esagerazioni.
Il sacerdote era partito l’11 agosto 2025 per partecipare a una delegazione di Pax Christi guidata dal presidente, monsignor Giovanni Ricchiuti. Appena atterrato a Tel Aviv è stato fermato ai controlli per “ragioni di sicurezza nazionale” e trattenuto per ore all’aeroporto. Il giorno seguente le autorità israeliane gli hanno notificato un provvedimento di espulsione e lo hanno imbarcato su un volo per la Grecia, tappa intermedia prima del rientro in Italia. Ha poi precisato di non autorizzare alcun giornalista a intervistarlo sulle sette ore di detenzione se non affrontando il tema del popolo palestinese, che da settant’anni vive prigioniero sulla propria terra.
Nato nel 1957, per anni coordinatore nazionale di Pax Christi, don Capovilla ha trascorso lunghi periodi nei Territori Occupati condividendo la vita delle comunità palestinesi e promuovendo progetti di solidarietà, scambio culturale e dialogo interreligioso. Non nuovo a viaggi scomodi nelle zone di conflitto, ha scelto sempre di stare accanto alle popolazioni civili documentando le loro condizioni e denunciando le violazioni dei diritti umani. Il suo lavoro pastorale è intrecciato a un impegno costante di sensibilizzazione in Italia, nelle scuole e nelle parrocchie, per raccontare la realtà di Gaza e della Cisgiordania al di là della narrazione ufficiale. Convinto che la pace non possa limitarsi a essere proclamata ma debba essere costruita giorno per giorno, ha spesso richiamato le istituzioni italiane ed europee alla responsabilità di agire con misure concrete, comprese sanzioni verso chi viola il diritto internazionale.
L’espulsione non lo sorprende né lo scoraggia. Le sue parole, rilanciate da reti pacifiste e ambienti ecclesiali, puntano a spostare l’attenzione dal caso personale all’urgenza di una pace giusta per Israele e Palestina, fondata sul rispetto reciproco e sulla tutela dei luoghi sacri di ogni fede.
Altre espulsioni
Negli ultimi tempi espulsioni hanno colpito diversi attivisti e delegazioni internazionali. Nell’aprile 2023 un’attivista italiana impegnata in un progetto educativo a Betlemme è stata espulsa con l’accusa di attività ostili, nell’ottobre dello stesso anno un gruppo di volontari europei di un’associazione cristiana è stato respinto all’aeroporto Ben Gurion, nel marzo 2024 due sacerdoti francescani diretti a Gerusalemme per la Settimana Santa sono stati fermati e rilasciati dopo ore di interrogatorio, nel giugno 2024 un volontario britannico impegnato nella ricostruzione di Gaza è stato espulso con divieto di rientro per dieci anni. L’agosto 2025 si aggiunge così a una sequenza di episodi che segnalano un inasprimento delle restrizioni verso chi opera nei Territori Occupati o collabora con organizzazioni palestinesi.
Cos’è Pax Christi?
Pax Christi, il movimento internazionale nato negli anni Quaranta per la riconciliazione tra Francia e Germania, è oggi attivo in più di cinquanta Paesi e da decenni presente in Medio Oriente. Le sue delegazioni organizzano incontri di dialogo, promuovono progetti educativi e portano testimonianze nei contesti di conflitto, spesso diventando un punto di riferimento per le comunità locali e una voce critica verso politiche di occupazione e violenza. È in questa cornice che si inserisce la missione a cui avrebbe dovuto partecipare don Nandino, trasformata invece in un nuovo episodio di tensione diplomatica e in un’occasione per ribadire che la pace, per essere reale, richiede coraggio e scelte concrete.
fonte: ilfarodiroma.it / catt.ch