di Silvia Guggiari
Vive in Vaticano ma torna spesso in Ticino che reputa la sua casa. Qui ha vissuto la maggior parte della sua vita nonostante sia originario di Manerba (Brescia). Durante la sua recente visita a Lugano, in occasione della festa di San Giovanni Bosco all’Istituto Elvetico, abbiamo incontrato mons. Giordano Piccinotti, presidente di APSA («Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica»), salesiano, per molti anni presidente della Fondazione «Opere don Bosco nel mondo» a Lugano.
Mons. Piccinotti, come funziona l’APSA?
L’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica è un ente economico, una sorte di ministero vaticano, che si occupa di amministrare il patrimonio immobiliare e mobiliare della Santa sede. C’è un patrimonio che deve garantire degli utili che poi vengono destinati per mantenere tutta la struttura della Santa Sede e permettere al Papa di essere operativo e svolgere la sua missione. Oltre a questo, dall’APSA passano tutte le buste paga dei dipendenti, è l’ufficio che si occupa di tutti gli acquisti della santa sede, dei viaggi del Papa, della contabilità della Santa sede: è un dicastero grande e complicato in cui lavorano circa un centinaio di persone. Il mio compito è quello di far si che questa macchina funzioni nel miglior modo possibile.
Cosa vuol dire essere presidente dell’APSA?
Il mio servizio si basa sulla dedizione e sulla capacità di delegare, sempre con lo spirito di servizio che la Chiesa ci insegna. La cosa più bella e importante del mio lavoro è il servizio e il confronto frequente con il Santo Padre. Lui è l’esempio che cerco di seguire. Quando vado in udienza mi riceve sempre per primo: la mattina alle 7.15 inizia già le udienze, che a volte continuano tutta la giornata. Il Papa ha 88 anni e insegna a tanti giovani che cosa significhi conciliare lavoro, vita di preghiera e coerenza di vita. Senza una profonda spiritualità questo non sarebbe possibile.
La vita spirituale può in qualche modo orientare le scelte economiche?
Assolutamente sì. La gestione economica della Chiesa non è fine a sé stessa, ma è sempre in funzione della missione evangelica. Una corretta amministrazione ispirata ai valori cristiani garantisce che le risorse siano utilizzate per il bene comune, per la carità e per il sostegno delle opere sociali. Questo è quello che ho sempre fatto, quando mi occupavo a tempo pieno di cooperazione internazionale o di gestione di opere salesiane. Il faro è la Dottrina sociale della Chiesa e gli orientamenti che nel tempo la Chiesa dispone. Quella del dicastero è una struttura piramidale come tutte le strutture della Chiesa: al vertice c’è un presidente che può essere un arcivescovo o un cardinale, poi un segretario generale che è un laico e che nel caso di APSA ha grandissime competenze e tantissima esperienza. C’è poi il sottosegretario che nel mio caso è una suora laureata in economia e commercio, molto competente. È una buona struttura voluta dal Papa dove c’è competenza, esperienza e trasparenza e che è quello che mi è stato chiesto fin dall’inizio.
Spesso si sente dire che la Chiesa possiede grandi ricchezze e che il Vaticano potrebbe «dare tutto ai poveri». Qual è la realtà dietro questa percezione?
Nel 2015 chiesero a Papa Francesco se non sentisse talvolta la necessità di vendere i tesori della Chiesa. La sua risposta fu chiara: «Questa è una domanda facile. Non sono tesori della Chiesa, sono tesori dell’umanità». Le più grandi ricchezze della Chiesa sono: la fede e la tradizione che la tramanda, la carità che rende possibile ogni giorno la presenza di Cristo che cura le piaghe dell’umanità, e la speranza che ogni giorno si rinnova nei sacramenti che possiamo vivere.
Il resto, sono luoghi comuni. La Chiesa possiede beni, certo, ma essi sono destinati a sostenere la sua missione: l’autonomia del Papa, le scuole, gli ospedali, le opere caritative. L’Amministrazione che gestisco, può garantire utili per diverse decine di milioni di euro che servono per le spese della Curia Romana, per garantire l’attività della Santa Sede (ad es. le Nunziature) ma anche per pagare gli stipendi a migliaia di dipendenti.
Gli interessi economici si sono mai scontrati con quelli spirituali?
L’unico rischio che vedo nel mio lavoro è quello della gestione finanziaria, quindi degli investimenti, ma proprio per la questione della trasparenza e della compartimentazione delle responsabilità, io gestisco il patrimonio, ma poi è un altro ente che decide come investire i soldi. Dividendo le responsabilità si insatura una sorta di controllo incrociato che ci permette di non perdere di vista quella che è la dottrina sociale della Chiesa. È un lavoro molto delicato e in continuo miglioramento.
Papa Francesco ha fortemente voluto maggiore trasparenza nei conti vaticani, soprattutto dopo alcuni scandali. Ritiene che oggi ci sia effettivamente più chiarezza nella gestione economica?
Si, negli ultimi anni sono stati fatti passi significativi verso una maggiore trasparenza. Papa Francesco ha avviato una significativa riforma economica che terminerà tra 4/5 anni: sono stati introdotti controlli più rigorosi, maggiore accountability e nuovi strumenti di supervisione finanziaria per garantire una gestione limpida e corretta.
Lei ha trascorso diversi anni in Ticino presso l’Istituto Elvetico e a capo della Fondazione Opera don Bosco nel mondo. Che ricordo ha della Chiesa cattolica ticinese?
Ho trascorso metà della mia vita in Ticino, sono cittadino ticinese, attinente di Lugano. Ne vado molto fiero, questa è la mia casa e un domani quando andrò in pensione è qui che tornerò. Il Santo Padre sa bene che appena ho un attimo libero dagli impegni io torno a Lugano. Qui ci sono i miei amici, il mio lago e le mie amate montagne: faccio il frontaliere al contrario.
La Chiesa ticinese è una comunità viva e accogliente, che fa quello che può, con le risorse che ha e nel tempo in cui si trova. Vive le difficoltà delle Diocesi del nord Italia e di riflesso alcune delle problematiche delle Diocesi della Svizzera interna.
Mons. Alain sta facendo un lavoro meraviglioso, lo stimo moltissimo. Parlo spesso col Papa della situazione e spero che si risolva presto la questione del vescovo: per il popolo è fondamentale. Come Vescovo salesiano mi permetto di dire che la speranza della nostra Diocesi e della Chiesa in Svizzera sono i giovani.
Forse si dovrebbe investire di più nella formazione e nell’accompagnamento dei giovani e magari dare un po’ di fiducia in più, perché i giovani ci sanno sorprendere.
Quali sono i progetti più importanti nei quali è impegnata oggi la Fondazione Opera don Bosco?
La Fondazione continua il suo impegno in diverse aree del mondo, soprattutto nell’educazione e nella formazione professionale dei giovani. Sosteniamo scuole, centri di formazione e opere sociali in Africa, Asia e America Latina, sempre con l’obiettivo di offrire opportunità concrete ai ragazzi più svantaggiati. In questo momento ci stiamo concentrando su Ucraina, Terra Santa, Etiopia, dove sono appena stato, che sta vivendo i postumi di un disastroso conflitto con migliaia di morti. Nel 2024 abbiamo distribuito quasi un milione di franchi nel mondo grazie ai tanti benefattori. Finché riesco continuerò a lavorare anche per le missioni perché questo mi ha cambiato la testa e il cuore.
Mons. Piccinotti sarà a Lugano sabato 29 marzo alle 10.30, al Centro pastorale San Giuseppe per l’incontro «Agire oltre i confini: per un impegno laicale nella tessitura di una nuova rete solidale. Attuazione pratica della Dottrina sociale della Chiesa», organizzato dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice.
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Domani alle 18.30 alla Biblioteca Salita dei Frati di Lugano, la presentazione del progetto co-diretto dalla prof.ssa ticinese, insegnante a Monaco, Daria Pezzoli-Olgiati, e con la partecipazione del ricercatore Baldassare Scolari, «Grenzgänge. Religion und die Alpen».
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