Le novità non mancano alla Facoltà di teologia di Lugano (FTL) che si accinge ad iniziare il nuovo anno accademico. «Proponiamo un nuovo programma di studi: il Master of Arts in Interreligious Dialogue: Science, Philosophy and Theology of Religions.
L’insegnamento è online ed in lingua inglese e si affianca all’analogo programma di Master in lingua italiana, che festeggia ormai i dieci anni», ci spiega il rettore della FTL, prof. René Roux. « La pandemia – prosegue il rettore – ha modificato radicalmente le modalità di insegnamento, costringendo la FTL a offrire tutte le sue lezioni anche in modalità a distanza. Sebbene ora la presenzialità sembri di nuovo possibile, la modalità a distanza continuerà in parallelo. Proprio l’anno scorso, a causa della pandemia, ci sono giunte richieste di iscrizione da parte di studenti che non riuscivano più a raggiungere le loro sedi abituali, ma potevano frequentare i corsi di Lugano solo con la modalità online» .
Rettore Roux, dopo l’importante notizia a fine primavera 2021 dell’affiliazione ufficiale della FTL alla USI, come sta evolvendo il processo?
I rapporti con l’USI sono buoni ormai da anni. L’affiliazione ha fatto sì che le tendenze alla convergenza naturalmente sviluppatesi tra due enti universitari, che di fatto si completano, possano ora evolvere istituzionalmente in modo più efficace e a vantaggio di tutti. Al momento abbiamo costituito alcuni gruppi di lavoro che si occupano dei vari settori che hanno bisogno di essere coordinati e integrati. Il clima generale mi sembra molto costruttivo.
Quale contributo può dare una facoltà teologica alla società di oggi?
La FTL prepara diversi tipi di studenti a seconda dei programmi di studio: i candidati agli ordini sacri e ai ministeri ecclesiali, gli insegnanti di religione, i filosofi nella tradizione continentale e analitica, gli specialisti nei diversi settori della teologia (biblica, dogmatica, morale, storia della teologia), nel diritto canonico e comparato delle religioni, e nelle scienze delle religioni. Credo che il radicamento nel territorio associato alla forte internazionalità del corpo docente e studentesco ne facciano un laboratorio ideale per imparare a sviluppare il proprio pensiero in modo originale e creativo.
L’attuale situazione di pandemia fa riemergere questioni esistenziali come il senso della morte, il dolore, la sofferenza, la fragilità. La Facoltà di teologia in quale dialogo si pone con queste domande?
Il tristissimo evento della pandemia ha rimesso al centro quelle domande fondamentali sul senso della vita e della sofferenza che da sempre sono oggetto della riflessione teologica. La teologia si occupa di questioni fondamentali dell’esperienza umana ed in particolare della dimensione religiosa, che, contrariamente alle previsioni di coloro che anni fa affermavano l’inesorabile avanzamento della secolarizzazione e la fine della religiosità, appare sempre più evidente ed in forme ormai anche esotiche. Vi è una necessità di conoscere il fenomeno, di conoscere anche meglio la tradizione cristiana e cattolica che ha segnato la storia del nostro territorio, e anche la necessità di comprendere similitudini e differenze con altre tradizioni religiose, anche per gestire i cambiamenti epocali.
Un tema che la Chiesa sta per affrontare con l'apertura il 10 ottobre del percorso sinodale (2021-2023) è quello della sinodalità. La Facoltà di teologia di Lugano in che modo guarda al dibattito sinodale?
Il tema della sinodalità sta occupando tutti, ormai da qualche anno. L’esempio della Chiesa in Germania ha suscitato desideri di emulazione ma anche fatto emergere delle criticità, soprattutto quando dei gruppi ecclesialisi organizzano a mo’ di partiti politici o di gruppi di pressione. L’invito del Papa al cammino sinodale è allo stesso tempo un richiamo alle modalità evangeliche che devono caratterizzare tutti i rapporti intraecclesiali. Sul tema della sinodalità sono apparsi recentemente un’infinità di pubblicazioni, sotto forma di monografie ma ancor più come raccolta di articoli o atti di convegni. In questo campo credo si dovrebbe riscoprire il magistero del canonista e vescovo ticinese Eugenio Corecco (19311995), che ha saputo indicare come tutti i modelli di gestione del potere propri della società civile debbano essere sottoposti ad un’attenta critica in prospettiva cristiana, prima di poter essere applicati alla realtà della Chiesa. Il suo insegnamento potrebbe aiutare, oggi forse più di ieri, a superare barriere ideologiche e contrapposizioni personali.
di Laura Quadri