di Cristina Vonzun / foto Felicia Baggi @catt.ch
Una Veglia e una Messa celebrate a Lugano in Cattedrale giovedì 24 aprile a cui è sembrato non voler mancare nessuno. Anche le autorità politiche con il bel messaggio del presidente del Consiglio di Stato e le parole trasmesse all’Amministratore apostolico da ognuno dei 5 Consiglieri di Stato, fino ai fratelli delle Chiese riformate e alle parole della Cominità di lavoro delle Chiese cristiane in Ticino. “Papa Francesco è stato un costruttore di ponti”, ha sottolineato il vescovo Alain nel dare lettura dei messaggi delle autorità che gli sono pervenuti, brevi testi personali che hanno reso evidente un fatto: la capacità di papa Francesco di raggiungere tutti. Presenti alla funzione anche i vescovi emeriti Valerio Lazzeri e Pier Giacomo Grampa, la Messa ha avuto inizio dopo una raccolta Veglia di Preghiera.
“Chi ama, già sperimenta la vita eterna in questo mondo”
Nell’omelia mons. Alain ha raccontato di aver fatto visita recentemente al cardinale emerito di Milano, Angelo Scola e di aver ricevuto da lui in “anteprima” l’omaggio del volume con la prefazione di papa Francesco. Il libro di Scola è dedicato al tempo dell’anzianità ed ha il titolo “Nell’attesa di un nuovo inizio, Riflessioni sulla vecchiaia” (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2025). Proprio dalla prefazione firmata da Bergoglio una settimana prima del ricovero al Gemelli, l’Amministratore apostolico ha preso spunto citando: “La morte non è la fine di tutto, ma l’inizio di qualcosa. È un nuovo inizio (…), perché la vita eterna, che chi ama già sperimenta sulla terra dentro le occupazioni di ogni giorno, è iniziare qualcosa che non finirà. Ed è proprio per questo motivo che è un inizio “nuovo”, perché vivremo qualcosa che mai abbiamo vissuto pienamente: l’eternità. (citazione dal libro Nell’attesa di un nuovo inizio)”. Queste parole e altre di papa Francesco ricordate dal vescovo, contengono un messaggio forte e potente: “L’eternità dell’amore, l’eternità di solo Amore!” che è quello che sta ora vivendo il Papa.
“Qualcuno deve amare oltre il dovuto”
Poi il vescovo ha ripreso anche un brano dell’autobiografia di Francesco dal titolo “Spera”: “Gesù – scrive il Papa - inserisce nei rapporti umani la forza del perdono. Nella vita non tutto si risolve con la giustizia. Soprattutto laddove si deve mettere un argine al male, qualcuno deve amare oltre il dovuto, per ricominciare una storia di grazia. Sappiamo bene che il male conosce le sue vendette: se non lo si interrompe rischia di dilagare, soffocando il mondo intero”.
Un perdono che è l’amore quando si fa eccedente. Mons. de Raemy lo ha riletto nel ministero di Francesco che
“diceva, e ripeteva senza fine: qualcuno deve amare oltre il dovuto!
Tutto qui. Insisteva, insisteva, senza mai mollare, perché ci sia dunque sempre, in tutto e per tutti, il dialogo e il muto rispetto, l’ascolto dell’altro, la presa in considerazione della diversità, di chi non la pensa come noi. E questo ovunque, nella società e in Chiesa, in Chiesa e nella società: qualcuno deve amare oltre il dovuto…”.
“Chi sono io per giudicarti se stai provando a far bene?”
Riprendendo la famosa frase di Francesco che ha tanto fatto discutere “Chi sono io per giudicarti se stai provando a far bene?”, de Raemy a spiegato che papa Francesco, “a immagine di san Francesco, sapeva benissimo - alcuni però non ne sono coscienti, neanche nella Chiesa - che è proprio per più dialogo, per più rispetto, per più accoglienza dell’altro… che non serve meno fede, ma di più; non serve meno Vangelo, ma di più; non serve meno Gesù, ma di più!”. Perché il nome di Gesù apre agli altri, non chiude in se stessi.
E allora, di nuovo, la grande lezione di Francesco, quel “toccare la carne dell’altro” è risuonata nelle parole del vescovo:
“Vuoi verificare il tuo grado di cristianità? Allora, chiediti: chi stai giudicando, chi stai escludendo, chi stai dimenticando o ignorando?”.
Stesso discorso che il vescovo ha esteso alla cura dell’ambiente, un altro tema così caro al papa della Laudato si’:
“Se non ci curiamo del povero e della creazione, non prendiamo neanche cura di Dio. Non corrispondiamo più alla sua immagine, non siamo più davvero credenti”.
Riprendendo le parole dell’apostolo Pietro nella lettura odierna degli atti, mons. Alain ha concluso con una sorta di invocazione a Papa Francesco: “Papa Francesco, il tuo predecessore, Pietro, proclamava oggi nel Vangelo: Uomini d'Israele, perché continuate a f issarci come se per nostro potere o per la nostra religiosità avessimo fatto camminare quest’uomo? Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù… (Atti 3,12-13) è Lui, Gesù che opera, non io, diresti anche tu. Ma, ti chiedo lo stesso, Papa Francesco, ricordati di noi, ricordati che non vai in pensione e neanche in vacanze! Tu che stai partecipando più intimamente all’opera di Dio, con Maria, Regina della Pace: prega per noi, tu lo sai, l’abbiamo fatto, come ce lo hai spesso chiesto, e lo faremo sempre per te!”.
Una Veglia e una Messa sentita, animata, partecipata da tantissimi fedeli che si sono così uniti alle centinaia di migliaia di altri, credenti e non credenti, che stanno facendo la fila per un ultimo saluto a colui che è stato chiamato, con una felice espressione da una giornalista, sua amica, “Il Papa della gente”. E la gente semplice lo ha capito.
cv/catt.ch