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  • Libano: «Gli occhi dei bambini sfollati specchio del trauma collettivo»

    Libano: «Gli occhi dei bambini sfollati specchio del trauma collettivo»

    intervista di Cristina Vonzun

    Sono mesi che in Libano si assiste a reciproci lanci di missili tra Israele e Hezbollah, con vittime civili e sfollati interni ma in questi ultimi giorni la violenza ha avuto una escalation drammatica. «Caritas Svizzera» opera nel Libano con i partner di «Caritas Libano» e dell’organizzazione no profit «Amel». Raggiungiamo al telefono Dina Hajjar, libanese, è capoufficio di «Caritas Svizzera» in Libano, lei stessa, in queste ore, sfollata a causa dei bombardamenti. È in ospedale dove ha accompagnato il padre provato dopo la repentina fuga dalla loro casa, in uno dei quartieri periferici di Beirut che sono stati bombardati. «Beirut al mattino è calma, ma la notte è terribile, ci sono sempre gli aerei sulle nostre teste», ci racconta. «Caritas Svizzera» con le organizzazioni partner cerca di rispondere ai bisogni essenziali della popolazione, in particolare all’emergenza degli sfollati interni.

    Dina Hajjar, qual è la situazione degli sfollati interni?

    Secondo le stime del Governo gli sfollati interni sarebbero 1 milione. L’80% di questi è costituito da persone fuggite dopo il 27 settembre 2024. Quella notte è stata terribile, io stessa con la mia famiglia ho dovuto lasciare la mia casa, in periferia a Beirut, e riparare in centro città. Molte persone dormono per strada. Qualche istituzione privata ha aperto le porte, come un centro per concerti. Solo 200 mila persone hanno trovato rifugio in centri di accoglienza mentre gli altri sono distribuiti sia in case di parenti che per ora si trovano in regioni più calme, sia in appartamenti presi in affitto – cosa comunque non facile in Libano, un Paese in crisi economica –, oppure in moschee, chiese, scuole, tutte strutture trasformate in alloggi collettivi. Questi luoghi, organizzati all’ultimo momento, non hanno le infrastrutture necessarie per un numero così elevato di persone. C’è penuria di generi alimentari, di materassi, d’infrastrutture. Altri sfollati sono scappati a Nord, altri in Siria, chi ha trovato posto in nave è andato a Cipro, altri in aereo verso l’estero. Ma i viaggi sono troppo costosi.

    Da quali parti del Libano arrivano?

    Le ondate sono state due. La prima dal Sud, il 24 settembre, dove si stima siano scappate circa 120 mila persone. Altri sono in fuga dalla valle della Beqa’. La seconda, tra il 27 e il 28 settembre quando, dalla sera fino al mattino, Beirut ha subito un bombardamento senza precedenti che ha costretto la gente della periferia alla fuga. La mia famiglia, mio fratello e la sua famiglia con due bambini, tutti siamo dovuti scappare perché le bombe sono cadute ad un chilometro da casa nostra. Lo abbiamo fatto nella speranza di non esporre i bambini a questa esperienza, anche se purtroppo mi pare sia impossibile.

    Parlando di bambini, qual è la situazione scolastica, dato che le scuole sono occupate da sfollati?

    L’anno scolastico non era iniziato a causa dell’estendersi del conflitto. Inoltre le scuole si sono trasformate in luoghi di accoglienza per gli sfollati. Ho sentito che qualche scuola vorrebbe provare con l’educazione a distanza. Pensando ai bambini confesso che spaventa lo shock generato dal conflitto su di loro: qualcosa di inimmaginabile, si vede il trauma sui loro volti.

    Come opera «Caritas Svizzera»?

    Siamo in collegamento continuo con i nostri partner locali per fornire tutto quello che è essenziale agli sfollati, come materassi, cibo, kit per l’igiene personale e medicamenti, oltre al sostegno psicologico e alle consultazioni mediche. Siamo confrontati con una situazione realmente estrema.

    Cosa temete di più da un punto di vista umanitario?

    Siamo nell’oscurità e nell’incertezza. Io ho vissuto la guerra nel 2006, ma quello che ora preoccupa di più è il blocco degli aiuti umanitari, si avverte già la mancanza di rifornimenti essenziali: cibo e medicamenti. Preoccupano anche i danni contro le infrastrutture civili: aeroporti, elettricità, acquedotti. C’è un esaurimento delle risorse anche negli ospedali.

    Cosa possiamo fare per voi?

    La Svizzera fa tantissimo ma anche una telefonata per noi è motivo di sollievo. Abbiamo bisogno di non sentirci abbandonati.

    La preghiera voluta dal Papa e l’aiuto di Caritas

    Risale al 7 ottobre 2023 il cruento attacco di Hamas a Israele. Un anno dopo il Papa indice per l’anniversario una giornata di digiuno e preghiera (7 ottobre 2024). Ora la guerra si è allargata investendo direttamente il Libano. Nella terra dei cedri, dove cristiani e musulmani coabitano geograficamente e politicamente – Paese che nel 1949 accolse i profughi palestinesi e tredici anni fa, ad ondate, i profughi causati dal conflitto in Siria – si vive in questi giorni un drammatico esodo interno causato dall’attacco israeliano che mira a Hezbollah, organizzazione politica e paramilitare sciita, presente nel Paese e fiancheggiatrice di Hamas. «Caritas Svizzera» è operativa in loco con organizzazioni partner a sostegno degli sfollati. Qui il conto: IBAN CH69 0900 0000 6000 7000 4.

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