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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (11 novembre 2025)
  • Giubileo dello sport a Massagno

    Lo sport come laboratorio umano e spirituale

    di Dennis Pellegrini

    Lunedì 10 novembre la Diocesi di Lugano ha celebrato il Giubileo dello Sport presso la parrocchia di Santa Lucia a Massagno, con la presenza dell’amministratore apostolico mons. Alain de Raemy e di una cinquantina di partecipanti. Dopo la Santa Messa, la serata è proseguita al LUX art house, dove alcuni protagonisti del mondo sportivo hanno dialogato sul legame tra fede e attività agonistica, un rapporto oggi spesso considerato distante o difficile da conciliare.

    L’incontro si è aperto con un video ispirato alle parole di Papa Leone XIV: lo sport esprime la bellezza di Dio quando diventa dono. Dare significa mettersi in gioco, sostenersi, imparare a perdere e ad accogliere la propria fragilità. I campioni non sono perfetti, ma uomini e donne che trovano la forza di rialzarsi.

    La prima testimonianza è stata quella di Sandrine Ray, già hockeista e oggi cappellana degli sportivi. Ha ricordato come la preghiera l’abbia sostenuta nei momenti decisivi della competizione e come, nel suo servizio attuale, il compito principale sia “esserci”, soprattutto quando la vita presenta sfide e pressioni che nessuno vede da fuori.

    Massimo Busacca, direttore della divisione arbitri FIFA, ha raccontato l’episodio in cui, durante una partita in Arabia Saudita, gli fu chiesto di togliere il crocifisso dal suo fischietto. «Non volevo rinnegare ciò che guida la mia vita. Ho chiesto rispetto, come io lo offrivo. La fede non si mette tra parentesi». Per lui, quell’istante è stato una conferma della propria identità profonda.

    Don Franco Finocchio, cappellano olimpico per il CONI, ha condiviso la sua esperienza di accompagnamento discreto e quotidiano nel villaggio olimpico: «Lo sport non è un mondo separato. Anche qui le persone hanno bisogno di qualcuno che cammini accanto a loro».

    Sul valore educativo dello sport è intervenuto poi Filippo Galli, ex calciatore del Milan e oggi dirigente sportivo. Non basta il talento, ha ricordato: «La squadra è una comunità. Bisogna proteggere l’anello più debole, perché è lì che si misura la maturità di un gruppo».

    Aki Doku, ex atleta paralimpico, ha infine raccontato la propria storia: dopo un grave incidente, lo sport è diventato per lui luogo di rinascita, fino al battesimo da adulto nel Duomo di Milano. «Se abbiamo la fede, abbiamo tutto», ha detto con semplicità.

    È emerso così come lo sport possa diventare laboratorio umano e spirituale: luogo in cui si impara a riconoscere la propria verità, a collaborare, a custodire la dignità dell’altro. Una palestra non solo del corpo, ma della relazione.

    In conclusione, mons. de Raemy ha richiamato l’immagine del “terzo tempo” del rugby, momento di fraternità oltre il risultato: un segno concreto che, nello sport come nella fede, ciò che resta è l’incontro. «E sopra ogni tempo – ha ricordato – c’è il tempo di Dio».

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