di Silvia Guggiari
«Speranza»: quante volte abbiamo utilizzato questa parola tra le nostre colonne in questo ultimo anno, ma mentre il papa, prima Francesco e poi Leone, ci hanno accompagnato nel Giubileo proprio dedicato alla speranza, le immagini che arrivavano dal mondo sembravano farcela perdere. In diocesi sono decine gli eventi giubilari che settimana dopo settimana si sono alternati (e che proviamo a riassumere a pag. 3 di questo inserto): occasioni preziose per sentirsi parte di una Chiesa locale ed universale che, come ci confida mons. Alain de Raemy, amministratore apostolico della diocesi di Lugano, nell’intervista di fine anno, «hanno saputo realmente portare speranza tra la gente. In ogni appuntamento ho visto l’occasione di rafforzare la convinzione che l’essere cristiano è bello in tutti gli ambiti e in tutte le sue sfumature».
Mons. de Raemy, vuole sottolineare qualche Giubileo diocesano in particolare?
Ricordo con piacere il Giubileo dei Consigli parrocchiali durante il quale ho avuto modo di vedere i tanti volontari che prendono davvero a cuore il loro compito: per tutti loro è stata un’occasione per capire che non si può più stare chiusi nella propria parrocchia e che insieme si percorre più strada. Anche il Giubileo della consolazione, dedicato ai genitori che hanno perso un figlio o una figlia, è stato un momento fortissimo nel quale tanti hanno sperimentato la consolazione di poter condividere la sofferenza e di poter aiutare e accompagnare altri che si trovano in questa situazione. Sono solo due episodi tra tanti che esprimono bene quale sia per me il lascito del Giubileo: continuare a sentirsi Chiesa più diocesana. La Chiesa ha il compito di andare incontro alle tante emergenze presenti sul territorio, ascoltando tutte le voci; credo che il lavoro che è stato fatto quest’anno ha portato tantissime occasioni di incontro, sperimentando una diocesi viva e presente.
Avrebbe voluto fare ancora più eventi?
Sì, senza dubbio. Mi è spiaciuto molto non aver vissuto il Giubileo dei fidanzati: sarebbe stato bello incontrarli all’inizio di questo loro cammino. Mi piacerebbe proporre un incontro ogni anno con le coppie che guardano al matrimonio, come già si fa in altre diocesi vicine. So inoltre che alcune persone si sono sentite escluse dagli eventi del Giubileo, ad esempio i celibi o i separati. Parliamo tanto di famiglie, di giovani, delle tante professioni, ma non dobbiamo dimenticarci delle altre situazioni.
Qualche giorno fa è uscita la sua lettera post-giubilare dal titolo «Il Giubileo per un’altra strada» dove ripercorre i momenti di questo anno. Cosa ha voluto sottolineare?
Alla base c’è il tema che abbiamo scelto per l’anno pastorale, ovvero «Ripartire da Cristo insieme»: il contenuto è ispirato al Giubileo, alle esperienze fatte, ma anche a quelle che sono mancate o a chi si è sentito escluso. E sono proprio queste persone che vorrei venissero considerate di più in un quadro post giubilare.
Dal 2026 sarebbe prevista la fase attuativa del Sinodo nelle diocesi. A che punto siamo e quali sono i progetti in Ticino?
Durante l’ultima assemblea dei vescovi svizzeri, a inizio dicembre, abbiamo incontrato la commissione per la sinodalità e insieme abbiamo deciso di lavorare tutti a una stessa tematica. La commissione farà una proposta ai vescovi e poi i vescovi, insieme al presidio della RKZ, che cura l’aspetto finanziario, lavoreranno su queste proposte. In Ticino al momento non ci sono progetti concreti, ma penso che l’idea delle Reti pastorali è quella che può far diventare tangibile la sinodalità: con i due nuovi delegati vescovili, Gaia e Farine, ci stiamo lavorando. È il tempo di cercare di dare un po’ più di slancio.
Come si può rendere più vicino alla gente questo processo?
Nella concretezza di una rete, appunto. Porto l’esempio delle parrocchie di Losone e di Ascona che sono diventate luoghi di vera sinodalità: c’è una buona collaborazione delle persone per rispondere ai bisogni di tutti. Mi piacerebbe creare qualche progetto pilota che possa essere esempio per le diverse realtà del Ticino: una città come Lugano ha esigenze e bisogni diversi rispetto a una parrocchia della Valle Maggia o della Val di Blenio.
Cosa augura ai ticinesi per il 2026?
Auguro che quest’anno possa essere il prolungamento del Giubileo: che sia un anno di speranza, nel quale ognuno di noi si renda conto che insieme si può andare molto più lontani che da soli. La situazione mondiale non ci porta di certo a sperare bene, ma credo che noi come cristiani dobbiamo essere consapevoli che tutto è nelle mani di Dio e che Dio interviene anche attraverso di noi. Sarebbe dunque bellissimo essere in tanti alla Messa di Chiusura dell’Anno della Speranza, perché diventi appunto non una conclusione ma l’apertura comunitaria a nuovi orizzonti da pellegrini di una giubilare speranza che non delude: domenica 28 dicembre ore 10 in cattedrale!
Le celebrazioni con mons. de Raemy
Domenica 28 dicembre, alle 10, l’Amministratore apostolico presiede la S. Messa nella Festa della Sacra Famiglia, con la chiusura dell’Anno giubilare della Speranza (diretta su RSI La1, commento di Gioele Anni e don Emanuele Di Marco).
Mercoledì 31 dicembre, alle ore 17, celebra la S. Messa vespertina per la Solennità di Maria, SS.ma Madre di Dio, con il ringraziamento per l’anno che si chiude e il canto del «Te Deum» (diretta su RSI Rete Due).