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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (2 luglio 2025)
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  • Rimanere fedeli oltre le ferite grazie alla comunità cristiana. Intervista a mons. Camisasca

    Oggi alle 9.30, al Collegio diocesano Pio XII di Lucino, la

    pastorale della famiglia della diocesi di Lugano riflette sulla collaborazione

    che può esserci, o dovrebbe esserci, tra sposi e pastori nella comunità

    cristiana. È tempo

    che la famiglia diventi realmente «soggetto» e quindi protagonista all’interno

    di un progetto pastorale diocesano e parrocchiale sostiene don Willy Volonté,

    delegato vescovile per la pastorale familiare. Relatori di questo incontro sono il nostro vescovo mons.

    Valerio Lazzeri, mons. Renzo Bonetti, fondatore del progetto per la

    famiglia «Mistero Grande» e il vescovo di Reggio Emilia, mons. Massimo

    Camisasca. A quest’ultimo abbiamo rivolto alcune domande.

    Mons. Camisasca, molte coppie non

    scelgono la via del matrimonio (non solo religioso) preferendo ad esso una

    convivenza. Taluni invece fanno anticipare la convivenza, anche lunga, come

    periodo precedente il matrimonio. Quali forme di accoglienza una pastorale

    famigliare può e deve pensare, a partire da Amoris laetitia e dal magistero di papa Francesco, nei confronti di queste scelte di vita?

    Anche in Italia le convivenze sono

    numerose. Ai corsi di preparazione al matrimonio nelle parrocchie costituiscono

    la maggioranza dei presenti. Abbiamo così una realtà che può essere letta da

    due punti di vista: da una parte la scelta della convivenza esprime una paura

    verso il futuro, verso l’altro, verso la stabilità – si tratta della paura che

    qualche avvenimento imprevisto entri a scombussolare tutto; dall’altra, alcune

    coppie riescono ad entrare nella speranza, cioè nel desiderio che il presente

    abbia un peso e un senso, e si aprono alla prospettiva del matrimonio

    sacramentale, perché riconoscono che senza Dio non c’è possibilità di fedeltà e

    di futuro. La nostra pastorale familiare deve perciò aiutare a riscoprire il

    fondamento della speranza, come essa agisce concretamente nella vita di tutti i

    giorni e perché essa è necessaria in qualunque circostanza dell’esistenza.

    Ci sono oggi molte coppie in

    seconda unione. Anche in questo senso, in che modo possiamo essere Chiesa

    accogliente nello stile di Amoris laetitia pensando a dei

    percorsi adeguati a coloro, che per ragioni diverse, hanno alle spalle un primo

    matrimonio e ora vivono la situazione di una  seconda unione?

    Purtroppo i divorzi sono in grande

    aumento, e così le seconde e le terze unioni. Per la maggioranza dei casi, il

    divorzio costituisce anche, di fatto, una ragione di allontanamento dalla

    pratica cristiana. Forse ci si sente colpevoli, forse semplicemente si ha paura

    del giudizio degli altri, forse vengono meno dei rapporti che si ritenevano

    solidi. In questo caso è fondamentale l’iniziativa dei fedeli che sono amici,

    vicini di casa o parenti di queste coppie. Spetta a loro il compito di aiutare

    queste persone in difficoltà a riscoprire il senso del battesimo ricevuto. Essi

    rimangono fedeli cristiani a tutti gli effetti. Possono e devono vivere la

    preghiera, la carità, la meditazione, affidando a Dio, in un sincero

    pentimento, quanto di male possono aver compiuto. Sono chiamati a perdonare il

    male ricevuto, impegnandosi nell’educazione dei figli, in una vita capace,

    attraverso la purificazione della memoria, di guardare al passato senza

    lasciarsi condannare da esso.

    Il magistero di Papa Francesco, e

    degli ultimi papi, invita la Chiesa a considerare la famiglia soggetto della

    pastorale. Quale posto hanno oggi le coppie di sposi nella sua

    diocesi? Come potrebbero essere coinvolte più attivamente?

    Sto svolgendo la visita pastorale

    nella mia diocesi. In ogni parrocchia stabilisco due obiettivi: la nascita o il

    consolidamento della pastorale giovanile e la nascita di almeno una comunità di

    giovani famiglie. La testimonianza più grande della bellezza di una famiglia

    cristiana può avvenire soltanto dalle famiglie stesse, ma non da famiglie

    isolate. Abbiamo bisogno di soggetti che si riconoscano membra dell’unica

    Chiesa e che stabiliscano, certo secondo modalità differenti, nessi di

    comunione vissuta e di condivisione e di aiuto reciproco, soprattutto per

    quanto riguarda gli aspetti più importanti della vita famigliare: scelta del

    lavoro, stile di vita, educazione dei figli, uso dei beni…

    Recentemente la commissione

    diocesana per la pastorale della famiglia di Lugano ha realizzato un sussidio

    dal titolo "Due in una sola carne" per accompagnare i fidanzati al

    sacramento delle nozze. Come è organizzata nella sua diocesi la pastorale dei

    fidanzati? Quali sono i punti essenziali di questo cammino?

    Ci sono iniziative di stile diverso, che preparano tutte a un incontro annuale con il vescovo, il giorno di san Valentino. L’educazione dei fidanzati si concentra oggi soprattutto sull’educazione all’affettività vera, alla scoperta della persona, del corpo e dello spirito dell’altro, delle dimensioni fondamentali della vita umana (coraggio, forza, pazienza, perdono…) e della vita cristiana (fede, speranza e carità). Queste sono le strade attraverso le quali i cuori dei fidanzati possono aprirsi alla conoscenza della grazia del sacramento.

    Federico Anzini

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