di Alberto Bondolfi*
Ho frequentato Alberto Lepori dapprima solo attraverso la lettura di Dialoghi, che si poteva leggere anche in Seminario a Lugano Besso. Lasciato quest’ultimo il mio contatto divenne diretto nell’ambito della commissione Iustitia et Pax, organo consultivo della conferenza dei vescovi svizzeri per i problemi sociali e politici. Il contatto diretto, sia durante le sedute a Berna che negli incontri estivi a Tengia, ha portato ad un’amicizia e ad uno scambio continuo, ben prima che arrivasse internet con i suoi strumenti di comunicazione. Decisivi furono però due soggiorni comuni di varie settimane in Cile, dove le commissioni europee di Iustitia et Pax avevano lanciato un’iniziativa tesa a verificare la situazione dei diritti umani in quel paese, messo a ferro e fuoco da parte di una brutale dittatura militare. Conoscevo le posizioni politiche di Alberto, grazie alle lunghe conversazioni in commissione, ma anche attraverso molte discussioni a quattr’occhi, lontani da osservatori esterni. In gran parte le condividevo, anche se ero a quei tempi ancora sotto l’influsso delle intemperanze del movimento sessantottino che mi collocavano talvolta su posizioni più radicali delle sue. La nostra frequentazione, comunque, mi aiutò a capire come ragionasse una persona che aveva avuto responsabilità di rilievo nella gestione diretta della cosa pubblica. I suoi racconti e ricordi legati all’attualità politica del nostro cantone durante gli anni sessanta e settanta del secolo scorso mi hanno impressionato e mi hanno aperto gli occhi anche sulla vita interiore del Nostro e sul ruolo che assumeva la sua fede sui giudizi che egli poneva e sulle decisioni prese in quei contesti. I due soggiorni cileni, inoltre, mi hanno fatto conoscere un uomo politico che non mancava di coraggio anche in frangenti alquanto drammatici o perlomeno delicati, data la situazione in cui si trovava il paese sudamericano.
Permangono nella mia memoria gli incontri avuti con vari attori politici, diplomatici ed ecclesiali in seno alla nostra delegazione europea nel paese sudamericano. Quello con il Nunzio in carica a quel tempo a Santiago de Chile, l’arcivescovo Sodano (poi diventato segretario di Stato presso la Santa Sede), mi impressionò poiché il nostro Alberto difese chiaramente l’inaccettabilità morale della pena di morte da un punto di vista cristiano, mentre il diplomatico che ci riceveva si appellava alla posizione tradizionale che per secoli il magistero cattolico aveva difeso. Il problema che discutevamo con il nunzio non era puramente accademico poiché 17 prigionieri nelle carceri del regime di Pinochet erano stati condannati alla pena capitale. L’esecuzione era abbastanza improbabile poiché il regime era a quel tempo già fortemente in crisi, ma si trattava di avere una posizione chiara da parte di colui che rappresentava il Papa, mentre molti paesi europei con i loro ambasciatori nel contempo si schieravano in maniera molto più decisa nei confronti del regime. Alla fine del nostro soggiorno cileno Alberto Lepori si rifiutò di incontrare per una seconda volta il diplomatico vaticano, mentre il sottoscritto tentò in un secondo incontro di fargli cambiare orientamento. Sforzo inutile il mio ma che mi fece conoscere un amico molto più coraggioso di me, alle prime armi in fatto di diplomazia… Ho reso visita ancora alcuni giorni fa ad Alberto e l’ho trovato sempre ancora molto comunicativo e pienamente lucido. La parola morte non è caduta, ma ho capito che sarebbe stato il nostro ultimo incontro. Che il Signore l’abbia nella sua gloria dopo una lunga vita, tutta dedita alla ricerca della giustizia e della pace.
* teologo e professore emerito di etica