“Non dobbiamo rassegnarci o abituarci al male che deriva dalle decisioni errate, dalla violenza, dall’ingiustizia o dalla falsità. La prima reazione dev’essere di ribellione interiore, come segno di salute morale”. E “non bisogna poi sottomettersi, né rassegnarsi, né rinunciare alla qualità della vita alla quale tutti noi abbiamo diritto”. Queste le parole di mons. Diego Rafael Padrón Sánchez, arcivescovo di Cumaná e presidente della Conferenza episcopale venezuelana (Cev), che ha aperto ieri la CIX Assemblea plenaria dell’episcopato venezuelano, dedicando la seconda parte del suo intervento alla situazione del Paese. Ha proseguito il presule: “L’attuale sofferenza del popolo venezuelano è di carattere ideologico, etico-politico ed economico”.
Il regime mostra oggi di essere antidemocratico e illegittimo
La radice del sistema politico che ci governa è il marxismo castrista, definito il ‘Socialismo del ventunesimo secolo’, come abbiamo denunciato più volte noi vescovi nei nostri documenti”. Paradossalmente, un regime nato nel 1992 per combattere la corruzione mostra oggi di essere antidemocratico e illegittimo. In tale congiuntura la Chiesa, pur trascendendo da qualsiasi nozione etnica del termine, “è anche popolo, sia nel senso religioso-culturale che nel senso politico-sociale”, e “alza la sua voce, quella dei suoi fedeli e dei suoi pastori, in difesa della vita e dei diritti del popolo stesso”.
Alla Chiesa viene impedito di incontrare i detenuti
“Noi pastori - ha aggiunto mons. Padrón, che conclude il suo secondo mandato alla guida dell’episcopato venezuelano - siamo molto preoccupati per la vita della nostra gente: la loro salute, l’alimentazione, i medicinali, la sicurezza, il lavoro, l’educazione, ma in modo particolare, la loro identità spirituale autenticamente cristiana e la conseguente vita morale. Siamo feriti dalla situazione disumana in cui vive la maggior parte dei detenuti, comuni e politici, e il nostro dolore è accresciuto dal fatto che le autorità penitenziarie ci impediscono di visitarli”.
Un Natale tra i più tristi della storia recente del Venezuela
“Noi vescovi - ha aggiunto mons. Padrón Sánchez - giungiamo alla nostra prima Assemblea ordinaria del nuovo anno dopo un Natale tra i più tristi della storia recente del Venezuela”. “Per la verità noi non portiamo tristezza, perché ciascuno di noi l’ha lasciata sul suo comodino, però dalle nostre visite alle parrocchie e alle comunità portiamo con noi l’augustia e la richiesta della gente per avere pane e soluzioni, soprattutto portiamo con noi la fede e la speranza nel potere salvifico di Dio, parole di consolazione e progetti di solidarietà per il nostro popolo”.