Skip to content
Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (13 giugno 2025)
CATT
  • America centrale: le Chiese al fianco degli espulsi di Trump

    Espulsi brutalmente dagli Stati Uniti, migranti provenienti da Africa, Asia e America Latina si ritrovano abbandonati a se stessi in America Centrale. Davanti al vuoto politico, le Chiese cristiane si mobilitano per offrire loro sostegno, riparo e dignità.

    di Eduardo Campos Lima / Protestinfo

    L'obiettivo dichiarato dal governo di Donald Trump di espellere almeno un milione di immigrati irregolari all'anno ha creato situazioni drammatiche in America Centrale. Questa regione è diventata infatti un punto di arrivo per i voli provenienti dagli Stati Uniti che trasportano persone espulse. In tale contesto, numerose Chiese cristiane lavorano duramente per accogliere e assistere le persone più vulnerabili.

    La subordinazione di paesi come Panama al gigante del Nord peggiora ulteriormente la situazione, afferma il pastore Gustavo Gumbs, membro della Fondazione di aiuto ai migranti, un'organizzazione cristiana che aiuta persone in movimento in diverse parti del mondo. Egli cita l'esempio di un gruppo di alcune decine di migranti inviati a Panama con un volo a febbraio. Tra loro vi erano etiopi ed eritrei in fuga dalla guerra, oltre a pakistani, cinesi e iraniani. Al loro arrivo a Panama City, sono stati sistemati in un hotel sorvegliati dai militari. Non sapendo cosa fare del gruppo, le autorità panamensi li hanno trasferiti in un rifugio nella giungla, dove le condizioni di vita sono precarie.

    Le Chiese in prima linea

    «La metà di questi immigrati è tornata nei paesi d'origine, ma l'altra metà è rimasta a Panama perché la loro vita sarebbe stata minacciata», spiega il pastore. Come nel caso di dieci iraniani convertiti al cristianesimo che cercavano rifugio negli Stati Uniti. Tornare in Iran comporterebbe pesanti conseguenze da parte del regime islamico.

    Situazioni altrettanto pericolose riguardano pakistani, camerunensi e nigeriani. «Sono stati abbandonati nella capitale, da soli, senza parlare spagnolo e senza alloggio. Abbiamo improvvisato una sistemazione in una palestra scolastica», riferisce Gustavo Gumbs. Inizialmente il permesso di soggiorno era di trenta giorni. Non cambiando la situazione, hanno ottenuto sessanta giorni supplementari. Entro giugno dovranno lasciare il paese.

    «Attualmente ventidue persone sono ospitate dall'UNICEF, dieci dalla Fondazione Caritas della Chiesa cattolica e quarantasette con noi nella palestra», riporta il pastore. Questo sforzo unisce la sua fondazione, altre Chiese cristiane e organizzazioni cattoliche che assistono i migranti. Offrire alloggio e cure a un gruppo culturalmente così vario non è semplice. «Alcuni sono vegetariani, come i nepalesi, altri mangiano solo halal, come i musulmani. Alcuni soffrono a non lavorare, ma ci sono anche cittadini benestanti. Quasi tutti hanno subito traumi e hanno paura», spiega Gustavo Gumbs. Il team di missionari cristiani cerca di alleviare la sofferenza degli espulsi organizzando visite della città, tornei di giochi da tavolo e proiezioni di film. Fornisce inoltre assistenza medica e cerca il dialogo con autorità e organizzazioni per soluzioni durature.

    Soluzioni diplomatiche

    La religiosa scalabriniana Lígia Ruiz, del ministero pastorale della mobilità umana dell’arcidiocesi di Panama e della rete Clamor – un’entità cattolica che riunisce organizzazioni che assistono migranti e rifugiati – segnala trattative in corso con le Nazioni Unite per affrontare questa crisi. La difficoltà sta nel trovare paesi disponibili ad accogliere le persone espulse.

    «È difficile per queste persone tornare nei loro paesi. Anche se le loro ragioni per richiedere asilo non sono sempre solide, non possono contraddirsi. Dobbiamo trovare una nuova strada insieme a loro», afferma Lígia Ruiz. Un migrante ospitato nella palestra è un professionista dell’informatica di 29 anni nato a Kabul. Ha chiesto l'anonimato per paura di rappresaglie contro la famiglia rimasta in Afghanistan. Ha lasciato il paese nel 2022 dopo il ritorno al potere dei talebani. Appartiene alla minoranza etnica Hazara, vittima di discriminazioni da parte dei talebani, prevalentemente Pashtun.

    «Sono andato in Pakistan, poi Iran, Qatar e Brasile, percorrendo la rotta latino-americana fino agli Stati Uniti», spiega. Arrivato in California il 4 febbraio, è stato immediatamente arrestato e deportato. «Non mi hanno chiesto nulla, né i motivi della mia presenza né i miei problemi. Mi hanno semplicemente arrestato e espulso dopo pochi giorni», lamenta in un perfetto spagnolo appreso autonomamente tramite app per smartphone.

    Honduras al limite

    Il migrante dichiara di non poter tornare in Afghanistan a causa della discriminazione etnica subita dagli Hazara, prevalentemente sciiti, al contrario dei talebani sunniti. Egli afferma inoltre di non professare più alcuna religione. «Il governo panamense non vuole che restiamo qui. Non so ancora cosa fare.»

    Suor Lígia Ruiz precisa che contemporaneamente esiste un flusso continuo di venezuelani, ecuadoriani e colombiani che lasciano volontariamente gli Stati Uniti per evitare l’espulsione. Anche loro necessitano di aiuto durante il percorso.

    In Honduras, è la Commissione di Azione Sociale Mennonita (CASM) a occuparsi di tale assistenza. Il governo di sinistra attuale ha concordato con gli USA di ricevere voli di venezuelani espulsi, che poi vengono rinviati a Caracas. Molti honduregni sono stati espulsi a loro volta. «Con i nostri mezzi limitati, cerchiamo di aiutare chi arriva qui senza possibilità di continuare il viaggio o reintegrarsi nella società honduregna», spiega Cesar Ramos, direttore della CASM.

    Situazione di sicurezza complicata

    Questa commissione fa parte di reti cristiane come "Como nacidos entre nosotros" (Come nati tra noi), che riunisce gruppi religiosi che assistono i migranti. Forniscono cibo, medicine, assistenza medica e psicologica, trasporto e alloggio. «Negli Stati Uniti, un irregolare guadagna dieci volte il salario minimo honduregno. Qui la situazione è complicata sia per l’occupazione che per la sicurezza».

    Nonostante tante difficoltà, Cesar Ramos riferisce che gli espulsi sono visibilmente felici quando incontrano volontari cristiani. «Almeno il 90% crede in Gesù Cristo. Quando vedono il nostro lavoro, comprendono che Dio agisce nelle loro vite.»

    (cath.ch/protestinfo/ecl/rz/traduzione catt.ch)

    News correlate