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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (7 settembre 2025)
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  • Acutis e Frassati santi nel Giubileo della Speranza

    Carlo Acutis e Pier Giorgio Frassati: due giovani che hanno vissuto la santità nella vita quotidiana

    di Federico Anzini

    «Santi nuovi perché non sono stati monaci o consacrati, ma santi che hanno vissuto la normalità di scuola, lavoro, amicizie». Con queste parole Bernhard Scholz, presidente del Meeting per l’amicizia fra i popoli, ha introdotto il 27 agosto scorso l’incontro conclusivo della 46ª edizione del Meeting, dal titolo Santi Nuovi. Un evento dal forte valore simbolico, a pochi giorni dalla canonizzazione, fissata per domani, 7 settembre a Roma, di due figure che hanno segnato l’immaginario di generazioni: il beato Carlo Acutis e il beato Pier Giorgio Frassati.

    Leggi anche: Due guarigioni straordinarie: i miracoli che portano Acutis e Frassati alla santità

    Santità dentro l’ordinario

    L’incontro, moderato da Scholz, ha visto la partecipazione di Paolo Asolan, docente di Teologia pastorale fondamentale e preside Pontificio Istituto Pastorale Redemptor Hominis, Pontificia Università Lateranense; Marco Cesare Giorgio, presidente Centro Culturale Pier Giorgio Frassati; Antonia Salzano, mamma di Carlo Acutis; S.E. Mons. Domenico Sorrentino, arcivescovo, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e di Foligno. Sullo sfondo, la domanda che ha guidato i contributi: come può la santità fiorire dentro la vita quotidiana? Il video integrale è disponibile in fondo all’articolo insieme ad altri contributi video.

    Frassati, l’alpinista di Dio

    Pier Giorgio Frassati nacque a Torino nel 1901, figlio di una famiglia benestante e influente. Sportivo, appassionato di montagna e impegnato nella vita culturale e politica, scelse però una via radicale di carità. «Pier Giorgio aveva capito come essere felici», ha spiegato Giorgio. «Non in condizioni straordinarie, ma dentro la normalità di tutti i giorni. La santità per lui non era eccezione, ma adesione piena al proprio ideale».

    La sua vita fu segnata dall’attenzione ai poveri: donava vestiti, visitava malati, condivideva pasti nei quartieri disagiati. «Non era beneficenza superficiale, ma condivisione», ha ribadito Giorgio. Studiava ingegneria mineraria per poter aiutare i minatori e scelse consapevolmente di restare laico. Morì a soli 24 anni di poliomielite fulminante, lasciando dietro di sé una fama di santità che Giovanni Paolo II riconobbe beatificandolo nel 1990.

    Carlo Acutis, il “cyber-apostolo”

    Se Frassati fu l’“alpinista di Dio”, Carlo Acutis è ricordato come il “cyber-apostolo dell’Eucaristia”. Nato a Londra nel 1991 e cresciuto a Milano, era un adolescente brillante e appassionato di informatica. «Carlo ha portato lo straordinario nell’ordinario», ha ricordato la madre Antonia Salzano. «Diceva che il tempo è un dono e non va sprecato. Ogni scelta quotidiana ha conseguenze eterne».

    Carlo frequentava la messa quotidiana, recitava il rosario e praticava l’adorazione eucaristica, senza rinunciare alle passioni di un ragazzo normale: lo sport, la scuola, gli amici. Nel 2002, durante una visita al Meeting di Rimini, ebbe l’intuizione di realizzare una mostra sui miracoli eucaristici, oggi esposta in tutto il mondo: solo negli Stati Uniti in diecimila parrocchie.

    Colpito da una leucemia fulminante, morì a 15 anni nell’ottobre 2006, offrendo le sue sofferenze per il Papa e per la Chiesa. «Quando gli dissero della malattia, rispose: “Il Signore mi ha dato la sveglia”», ha raccontato la madre. «Non aveva paura della morte, ma del peccato». Beatificato nel 2020, è il primo millennial a essere elevato agli altari.

    Una santità che interpella

    L’incontro di Rimini ha voluto mostrare il filo rosso che lega questi due giovani: vite brevi, ma piene di senso, vissute con radicalità evangelica dentro le pieghe dell’ordinario. «Frassati ha unito cultura, carità, impegno sociale e politico», ha sottolineato Giorgio. «Carlo ci ricorda che la santità è alla portata di tutti», ha aggiunto Salzano.

    La loro canonizzazione comune non è soltanto il riconoscimento di due percorsi personali, ma un invito rivolto a ogni credente: non occorre fuggire dal mondo per essere santi, basta viverlo fino in fondo con fede e amore. Come ha detto la madre di Carlo: «Anche noi dobbiamo lasciarci “canonizzare”, cioè vivere la nostra vocazione alla santità. Io stessa ho scoperto la fede grazie a lui. Carlo mi ha salvata».

    Un segno per il nostro tempo

    Domani, 7 settembre, a Roma, la Chiesa proporrà all’intero popolo cristiano due modelli luminosi di santità laicale. Due giovani che, pur appartenendo a epoche diverse, hanno saputo trasformare la normalità in straordinarietà. Il Meeting di Rimini, che vent’anni fa ispirò Carlo a ideare la mostra sui miracoli eucaristici, ha fatto da cornice a questo annuncio. E il messaggio finale è chiaro: la santità non è riservata a pochi, ma è la vocazione di ciascuno. Una vocazione che oggi, attraverso Carlo e Pier Giorgio, risuona con forza nuova anche tra i giovani del nostro tempo.

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