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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (19 dicembre 2024)
Catt
  • Domenica 4 agosto 2024. Commenti al Vangelo
    COMMENTO

    Domenica 4 agosto 2024. Commenti al Vangelo

    Calendario romano: Gv 6,24-35

    di Dante Balbo*

    Qualche volta arrivo a casa, entro nel lungo corridoio su cui si affacciano diverse camere, e chiamo: «Dove sei?» Nessuna risposta. Ripeto: «Dove sei?». «Qui», mi giunge una risposta da un punto imprecisato. «Dove qui?»: «Qui». Ognuno pensa di dare la risposta giusta, di stare in sintonia con l'altro, ma spesso è concentrato su di sé: è sordo. A casa le cose si risolvono in fretta, ma nel Vangelo di questa domenica assumono quasi un carattere grottesco. Gesù ha appena moltiplicato pani e pesci per una folla che da giorni lo seguiva. Poi passa sull'altra riva del lago e lo raggiungono a Cafarnao. Lui mette subito in chiaro che non hanno capito dicendo che lo cercano per il cibo ricevuto, senza comprendere che è un solo segno, immagine d'altro. Loro rispondono chiedendo un segno, come se il Maestro non avesse parlato. Addirittura citano la manna, il pane donato da Dio nel deserto, come se poco prima non fosse accaduto niente. Gesù ricorda che anche quello era un segno, anticipazione del vero pane venuto dal cielo, lui stesso. Ancora una volta non capiscono e gli dicono che quel pane lo vogliono, sperando che finalmente sia venuto il tempo in cui la tavola si ricolmi da sola, come nelle fiabe. Facciamo veramente fatica ad alzare gli occhi, a capire che abbiamo bisogno di ben altro che del cibo che sfama il corpo. Ma lo stesso vale per i nostri bisogni, di tranquillità, di sicurezza, di riposo senza sforzo. Gesù parla di un pane che riempie la vita, che sfama il nostro bisogno più profondo: essere amati, visti, stimati, accolti, riconosciuti. Non ci toglie dal mondo, dalla durezza della vita. Anche quando guarisce le persone, è venuto a portare la vicinanza di Dio a ciascuno di noi. Per poterlo accogliere dobbiamo imparare ad ascoltare, non solo a sentire. Vale per la fede in lui, ma anche per le relazioni di ogni giorno: l'altro che ci viene incontro vuole essere amato come noi. «Dove sei, Signore?»: «Accanto a te».

    *Il Respiro spirituale di Caritas Ticino in onda su TeleTicino e online su YouTube

    Calendario ambrosiano: Mt 21,33-46

    di don Giuseppe Grampa

    Confesso il mio disagio di fronte alla pagina evangelica che ci è proposta questa domenica. La parabola sembra essere una trasparente ricostruzione dei tormentati rapporti tra il popolo d'Israele e il suo Dio, rapporti segnati da ripetuti tradimenti e infedeltà da parte del popolo. Il culmine drammatico della parabola si raggiunge con la decisione di inviare non più solo dei servi ma il proprio figlio: sarà buttato fuori dalla vigna e ucciso. Chiarissimo riferimento alla vicenda di Gesù. Ne abbiamo conferma in un piccolo dettaglio. La parabola precisa che il figlio viene cacciato fuori dalla vigna e ucciso e la Lettera agli Ebrei scrive che: «Gesù patì fuori della porta, usciamo quindi anche noi fuori dal campo» (13,12s.). Anche la citazione dal Salmo 117: «La pietra scartata dai costruttori è diventata pietra angolare» la ritroviamo sulle labbra di Pietro che attribuisce al Sinedrio la responsabilità della crocifissione di Gesù, pietra scartata ma che Dio ha risuscitato dai morti (At 4,11). La parabola riflette quindi i difficili rapporti tra la primitiva comunità cristiana e il mondo ebraico. Purtroppo questi difficili rapporti degli inizi continuarono e si accrebbero nel tempo fissandosi nell'accusa di «deicidio» rivolta al popolo ebraico. Dobbiamo riconoscerlo: c'è stato un antisemitismo, un disprezzo per il popolo ebraico, alimentato da questi pregiudizi. Ma possiamo leggere la parabola odierna come una parola rivolta ad ogni uomo. La vigna amata è certo anzitutto Israele, ma sappiamo che ogni uomo, nessuno escluso, è oggetto della benevolenza del Padre. Ognuno di noi può quindi rileggere la parabola come indirizzata alla nostra libertà: storia degli innumerevoli segni di amore di Dio per ognuna delle sue creature, storia della sua fedeltà, storia dei doni posti nelle nostre mani. Da questa grata consapevolezza dei doni di Dio, come innumerevoli sono i gesti del vignaiolo per la cura della sua vigna, deve scaturire l'impegno a dare quei frutti di giustizia e amore che Dio si attende da noi.

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