Calendario romano: Gv 8,1-11
Gesù ha la chiave del cuore umano
di Dante Balbo*
Quando ero bambino, avevamo degli armadietti nell'istituto per ciechi, in cui ponevamo i nostri piccoli tesori, in genere dolci che ci portavano i genitori la domenica. Non erano chiusi a chiave e una volta rubai un dolcetto dall'armadietto di un altro allievo. Una inezia, di cui forse lui nemmeno si accorse, eppure a più di 50 anni di distanza lo ricordo con vergogna. Il peccato, piccolo o grande che sia, lascia il segno sull'anima e dal punto di vista psicologico, non è detto che basti accostarsi alla confessione per risolvere il problema, perché avrei dovuto, allora, chiedere scusa al mio compagno. La Quaresima è un'occasione per rimediare, per fare pace con sé stessi, per riannodare fili, costruire ponti. Il vangelo di oggi ci ricorda che prima di tutto c'è la misericordia del Signore, senza sconti al peccato, ma con uno sguardo d'amore al peccatore, a cui sempre viene data una possibilità di tornare fra le braccia del Padre. Gli viene presentata un'adultera colta in flagrante, con una richiesta di giudizio da parte sua. In realtà è un tranello, perché è vero che la legge prevedeva la lapidazione per questo reato, ma non si applicava da tempo. Se l'avesse condannata sarebbe stato giudicato troppo rigido, se l'avesse assolta, sarebbe stato ritenuto un peccatore come lei. Gesù riconosce le intenzioni degli accusatori e sposta la questione alla responsabilità di ciascuno. Con quale coraggio possiamo condannare qualcuno come se fossimo dei giusti? Nel giudizio la misericordia vince sempre, senza giustificare il male, per il quale è necessario un percorso, il riconoscimento e la distanza. Infatti dopo che tutti se ne sono andati, nemmeno il maestro condanna la donna, tra l'altro la sola ad essere stata portata in giudizio, senza chi aveva con lei uguale responsabilità, ma la invita anche a non peccare più, a non farsi ancora male. Gesù ha la chiave del cuore umano e separa il giudizio: condanna il peccato, ma salva sempre il peccatore, per il quale è venuto a portare l'amore del Padre. *Il Respiro spirituale di Caritas Ticino
Calendario ambrosiano: Gv 8,1-11
Dal pianto di Gesù alla piena speranza
di don Giuseppe Grampa
Mi colpisce in questa lunga pagina l’attenzione per quella che potremmo chiamare la reazione psicologica di Gesù che l’evangelista registra così: «Si commosse profondamente, si turbò...scoppiò in pianto...». Mi colpisce questo pianto perché i miei lontani studi classici mi hanno insegnato che gli Dei «liberi da ogni cura al pianto condannano il mortale». È dei mortali piangere, gli Dei invece, imperturbabili, sono liberi da ogni affanno. E invece Gesù piange. Mi chiedo quale rivelazione racchiuda questo pianto. E per scoprirlo mi volgo alla mia esperienza del pianto, pianto per la perdita di una persona amata, come Lazzaro per Gesù. Il pianto dice una appartenenza che abbiamo costruito e che la morte distrugge. Questa mi sembra la voce del pianto. E Gesù che amava Lazzaro e le sorelle e la loro casa piange perché quel legame è spezzato. E la gente spettatrice di quel pianto, capisce e osserva: «Vedi come lo amava». La nostra meditazione potrebbe fermarsi qui, condividendo il pianto umanissimo di Gesù. Ma l’Evangelo non sarebbe davvero notizia buona se non osasse una parola: «Chi vive e crede in me non morirà in eterno». Molte persone segnate dalla morte di una persona cara si chiedono: «E adesso dov’è?». Confesso di non saper rispondere perché sono persuaso che ci è precluso lo sguardo sul «dopo». Tentare di descriverlo è solo esercizio di immaginazione. Ma custodisco come perla preziosa la certezza racchiusa nella promessa di Gesù, forse l’unica sua parola che davvero illumina l’oscurità della morte, una parola che ha un tratto di tenerezza: «Vado a prepararvi un posto, quando sarò andato e vi avrò preparato un posto ritornerò e vi prenderò con me, perchè siate anche voi dove sono io» (Gv 14,2,s.). Non il vuoto ma «un posto», preparato per me, per te, per noi, per tutti. Ci prepara un posto e niente, neppure la morte ci potrà mai separare da Lui e da quanti abbiamo amato.