La speranza "è un regalo che viene direttamente da Dio". Per questo è una virtù 'teologale' così come la fede, tema dell'udienza generale della settimana scorsa, e la carità. Nella catechesi di oggi in Piazza San Pietro, il Papa riflette sulla speranza, di cui oggi c'è tanto bisogno, affermando che essa "è la risposta offerta al nostro cuore, quando nasce in noi la domanda assoluta: “Che ne sarà di me? Qual è la meta del viaggio? Che ne è del destino del mondo?”.
“Ritengo, (fratelli,) che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. (Rm 8,18-25)”
Tutti noi siamo alla ricerca di un senso per il nostro viaggio della vita, osserva Francesco, e se pensiamo che "all’inizio e alla fine c’è il nulla", non capiamo più perché dobbiamo camminare. Qualcuno potrebbe cedere alla disperazione e dire:
"Mi sono sforzato di essere virtuoso, di essere prudente, giusto, forte, temperante. Sono stato anche un uomo o una donna di fede... A che cosa è servito il mio combattimento, se tutto finisce qui?”. Se manca la speranza, tutte le altre virtù rischiano di sgretolarsi e di finire in cenere.
Se il cristiano ha in cuore la speranza non è però per merito proprio, prosegue il Papa, perché la speranza "non è una ostinazione di cui vogliamo autoconvincerci, ma è un regalo che viene direttamente da Dio". Il cristiano crede nel futuro "perché Cristo è morto e risorto e ci ha donato il suo Spirito". L'apostolo Paolo lo ricordava alla comunità di Corinto avvertendo che "se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede" e anche i morti sono perduti. Il Papa commenta:
È come se dicesse: se credi nella risurrezione di Cristo, allora sai con certezza che nessuna sconfitta e nessuna morte è per sempre. Ma se non credi nella risurrezione di Cristo, allora tutto diventa vuoto, perfino la predicazione degli Apostoli.
Quante volte noi manchiamo di speranza, afferma Papa Francesco, che parla di peccato contro questa virtù. "Pecchiamo contro la speranza quando ci abbattiamo davanti ai nostri peccati" dimenticando la misericordia di Dio. E aggiunge: "Non dimentichiamo questa verità: Dio perdona tutto, Dio perdona sempre". Pecchiamo contro la speranza anche quando non sentiamo più il fuoco dell'amore del Signore e per questo non riusciamo a "prendere decisioni che ci impegnano per tutta la vita". Eppure della speranza "il mondo oggi ha tanto bisogno", come ha bisogno della pazienza. E il Papa spiega il legame tra le due virtù:
Gli uomini pazienti sono tessitori di bene. Desiderano ostinatamente la pace, e anche se alcuni hanno fretta e vorrebbero tutto e subito, la pazienza ha la capacità dell’attesa. Anche quando intorno a sé molti hanno ceduto alla disillusione, chi è animato dalla speranza ed è paziente è in grado di attraversare le notti più buie.
La speranza, afferma ancora il Pontefice, "è la virtù di chi ha il cuore giovane", qualunque età abbia, perché è "tensione permanente verso il futuro". Così vivevano Simeone e Anna, i due vecchi di cui ci parla il Vangelo, che seppero riconoscere in Gesù, portato al Tempio, il Messia. "Che grazia se fosse così per tutti noi!", esclama Francesco. Che grazia se "dopo un lungo peregrinare, deponendo bisaccia e bastone, il nostro cuore si colmasse di una gioia mai provata prima e anche noi potessimo esclamare", con le parole di Simeone:
"Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele".
Chiediamo la grazia della speranza insieme alla pazienza, dice ancora Francesco, e raccomanda: "Sempre guardare quell’incontro definitivo; sempre guardare che il Signore è sempre vicino a noi, che mai, mai la morte sarà vittoriosa".
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All'udienza generale, Francesco inaugura un nuovo ciclo di catechesi per il Giubileo, dal titolo “Gesù Cristo nostra speranza"
Il libro «Life, la mia storia nella storia» arriverà in versione cinematografica. Il Papa ringrazia definendo il cinema «una forma di poesia».
Come con il suo rappresentante in Ucraina, Francesco invia una lettera al nunzio nella Federazione russa per i mille giorni del conflitto. “La sofferenza degli innocenti è denuncia potente contro ogni forma di violenza”, afferma il Pontefice, incoraggiando “a rinnovati sforzi diplomatici per fermare la progressione del confitto”.