di don Arturo Cattaneo
Dall’11 al 17 giugno ebbe luogo la prima visita pastorale di un Papa alla Svizzera. Proprio a Lugano san Giovanni Paolo II celebrò la prima Messa in territorio elvetico. Era il martedì dopo la Pentecoste e una bella giornata di sole. Per l’omelia prese spunto dal passo degli Atti degli apostoli che presenta la Chiesa appena nata, la comunità che permane assidua «nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli… nella frazione del pane e nella preghiera» (At 2,42).
Egli centrò la sua attenzione sul tema della Chiesa locale e sul suo intrinseco e necessario rapporto con la Chiesa universale. Una questione sulla quale Eugenio Corecco, già rinomato canonista (così apprezzato da san Giovanni Paolo II da averlo voluto fra i superesperti che hanno svolto l’ultima revisione del Codice di diritto canonico nel 1981-82), si era soffermato in diverse occasioni, sottolineando la reciproca immanenza fra Chiesa universale e locale e mettendo in evidenza che nella Chiesa di Cristo coesistono, di conseguenza, due dimensioni: quella universale e quella locale (In fondo all'articolo sono indicati i suoi testi pubblicati prima del 1984).
Il Vaticano II aveva accennato a tale questione, insegnando che è «nelle Chiese particolari e dalle Chiese particolari», che sussiste la Chiesa cattolica (Lumen gentium, 23). Dopo il Concilio si diffuse però la tendenza di dare priorità alle Chiese locali. Si affermò fra l’altro che la Chiesa di Gerusalemme, nata il giorno di Pentecoste, sarebbe stata una Chiesa locale e che poi, a poco a poco, ne vennero costituite altre, dando così luogo alla Chiesa universale, quale risultato della comunione fra le singole Chiese locali. Il Papa, appoggiandosi anche sulla visione proposta da Corecco, richiamò con forza quella reciproca immanenza e il fatto che essa sia essenziale per entrambe. Fin dal primo momento, nel giorno di Pentecoste, la Chiesa apparve al contempo quale universale e locale. «“Locale” perché legata a un luogo, a Gerusalemme; ma anche “universale”, perché in essa confluiscono, come il giorno della Pentecoste rende manifesto, genti provenienti da diverse nazioni».
Corecco aveva anche rilevato le ripercussioni ecclesiali e pastorali che derivano dalla giusta comprensione di questa mutua interiorità. Il Pontefice specificò, osservando che «la visita del Vescovo di Roma vuole dimostrare, con particolare evidenza, come questa vostra diocesi di Lugano e tutte le diocesi della Svizzera, vivendo la propria vita, vivono ad un tempo la vita della Chiesa universale».
La tendenza suaccennata, pur riconoscendo la giusta autonomia di cui gode ogni Chiesa locale, rischiava di favorire un certo «isolazionismo» o «chiusura» delle Chiese locali nei confronti della Chiesa universale e, a livello nazionale, lo sviluppo di una «Chiesa nazionale», poco integrata nella comunione della Chiesa universale. In questa prospettiva, si comprende l’insistenza del Papa nel far notare che «non può esistere una Chiesa locale che non sia in comunione con le altre… che non alimenti una sincera e profonda comunione con la Sede di Pietro». Concluse perciò il Papa: «La Chiesa locale si sviluppa dall’unità della Chiesa “universale” e insieme la edifica». Non sono queste mere elucubrazioni ecclesiologiche o astratte teorie, ma hanno chiare ripercussioni pastorali, come san Giovanni Paolo II ha opportunamente messo in rilievo nell’ultima parte dell’omelia, ricordando la realtà del nostro Paese, «in cui unità e diversità hanno saputo infondersi in una diuturna esperienza di serena concordia, di reciproco rispetto, di operosa collaborazione. Queste vostre tradizioni possono esservi di grande aiuto nell’aprirvi all’impegno di adesione generosa alla dimensione universale della Chiesa».
In riferimento poi alla nostra realtà ecclesiale ticinese, aggiunse: «In ciò poi, voi cattolici del Canton Ticino, siete ulteriormente facilitati in ragione delle vicende ecclesiastiche della vostra comunità, che ha potuto attingere al ricchissimo patrimonio religioso suscitato da uomini della statura di sant’Ambrogio e di san Carlo Borromeo. La vostra condizione di diocesi relativamente giovane, in posizione geografica di confine, costituisce uno stimolo alla ricerca di una comunione sempre più profonda con le altre Chiese… Sappiate essere all’altezza del vostro glorioso passato!».
Il vescovo, capo della Chiesa locale, protettore e promotore della disciplina locale, in: «Concilium (Italiano)» 8 (1968) 106-121.
Note sulla Chiesa particolare e sulle strutture della diocesi di Lugano, in: «Civitas» 24, n o 8-9/10 (1969) 616-635; 730-743.
Struttura sinodale o democratica della Chiesa particolare?, in: Miscelánea en honor de Juan Becerril y Antón Miralles II. A cura di H. Santiago Otero, Madrid 1974, 269-299.
Chiesa locale e partecipazione nelle migrazioni, in: Atti del IV Convegno Nazionale UCEI (Roma 13-16 settembre 1976), Roma 1978, 46-56.
Intervista a fra’ Michele Ravetta, cappellano delle strutture carcerarie cantonali.
Un centinaio di persone, il 15 dicembre, hanno fatto un percorso dal sagrato della chiesa di S. Rocco fino alla chiesa di S. Giorgio, dove si è potuto ammirare, in una grotta, la rappresentazione vivente della Natività.
Raccolti CHF 26'500 a sostegno delle persone in difficoltà in Ticino. I fondi saranno destinati a due realtà locali che incarnano i valori di solidarietà ed assistenza: alla Lega Cancro Ticino (in aiuto ai bambini) ed alla Fondazione Francesco (di fra Martino Dotta)