Skip to content
Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (27 settembre 2025)
CATT
  • Una croce in vetta (archivio)

    I commenti al Vangelo di domenica 28 settembre

    Calendario romano

    Tienanmen e i barconi della morte

    di Dante Balbo*

    Il 4 giugno dell’89 ero a casa e con mia moglie guardavo il telegiornale. Le immagini di piazza Tienanmen, dove i giovani che protestavano furono falciati dalla repressione, passavano sullo schermo. Sono fuggito in camera e sono scoppiato in un pianto dirotto: «Avevano dei fiori fra le mani, avevano dei fiori fra le mani!», ho detto a mia moglie quando è venuta a vedere cosa succedeva. Non ho potuto fare niente allora, come in molte altre circostanze: per esempio quando l'Italia e l'Europa, Paesi di migrazione interna, non hanno fatto nulla e ancora non si muovono a sufficienza per salvare il fiume di disperati che cercano solo una casa e un posto dove poggiare il capo, lontano dalla miseria e dalla guerra. Oggi come allora provo la stessa indignazione. C'è ancora speranza, finché il mio cuore, quello dei cristiani, degli uomini compassionevoli non si raffredderà, lasciandosi congelare dall'indifferenza, dall'inseguimento di mete provvisorie e vuote. La liturgia odierna ricorda che la misericordia non è l'unica caratteristica di Dio, se non per gli ultimi e i poveri come Lazzaro della parabola del Vangelo. La giustizia sente il grido degli oppressi, denuncia i soprusi, la corruzione, il lusso sfrenato, in ogni tempo, come il profeta Amos. Il ricco del Vangelo non ha un nome, perché è il nome di tutti coloro che schiacciano i deboli, peggio, non se ne curano, nemmeno se sono alla porta della loro villa con piscina. Il povero si chiama Lazzaro, come l'amico di Gesù, quello che strapperà dalla morte, contribuendo alla propria condanna. C'è una frase terribile pronunciata alla fine del Vangelo: «Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti». Dai morti uno è risorto, ma gli occhi dei malvagi sono chiusi anche a Lui. Nell’89 è caduto il muro di Berlino: la storia è nelle mani forti e misericordiose di Dio e per questo posso continuare a sperare e non smettere di chiedere giustizia.

    *Il Respiro spirituale di Caritas Ticino

    Calendario ambrosiano

    Lo stile di Dio: scegliere sempre il bene

    di don Giuseppe Grampa

    Le parole del Vangelo odierne, così estranee alla mentalità corrente, rischiano di farci di pensare che il Vangelo sia una parola per anime belle che non riconoscono la violenza e il male che sfigurano il volto della terra. Amate i nemici, vuol dire: non considerate nessuno come nemico, non considerare nessuno così distante, così estraneo, così ostile da esser tuo nemico. E un secondo imperativo: perdonate e sarete perdonati. Proponendoci lo stile del perdono l’Evangelo ci offre una via ardua ma efficace di riscatto umano. Quante volte certe persone rimangono inchiodate ai loro comportamenti violenti solo perché nessuno ha mai creduto nel loro possibile riscatto, nella loro possibile conversione. L’unica parola che può sciogliere certe durezze, aprire chiusure ostili è la parola della fiducia nelle risorse dell’uomo. Lo stile del perdono non è alternativo all’esercizio della giustizia. Certo la giustizia deve mettere il colpevole in condizione di non nuocere più ma una giustizia che non sia animata dall’intenzione del riscatto e del recupero di chi ha sbagliato è una giustizia spietata. Anche il sistema giudiziario non vuole una giustizia solo punitiva, cioè una giustizia vendicativa ma una giustizia capace di riabilitare. Anche per questo io non credo all’efficacia della pena di morte o di una detenzione senza fine. Il perdono, l’amore per i nemici, il rispondere al male sempre e solo con la forza del bene non sono affatto atteggiamenti deboli, rinunciatari incapaci di misurarsi con i conflitti.

    Al contrario: solo la logica del perdono, dell’amore anche per il nemico, della nonviolenza aiutano a costruire una convivenza davvero umana. Diceva mio padre a proposito di qualcuno che gli era ostile: «Bisogna ammazzarlo di cortesia». Espressione paradossale che con efficacia traduce la parola evangelica: rispondi al male sempre e solo con la forza del bene. Insomma: «ammazza di cortesia» perché questo è l’agire di Dio il misericordioso.

    News correlate