In pensione dalla carica di nunzio apostolico in Italia da qualche giorno, il vallesano mons. Emil Paul Tscherrig, nominato da Papa Francesco cardinale sei mesi fa, lavora ancora in vari servizi e commissioni del Vaticano. Spero che il processo sinodale porta ad una “rivoluzione” nella Chiesa. Prossimamente rientrerà in Svizzera per un periodo più lungo. Jacqueline Straub di kath.ch lo ha intervistato.
Jacqueline Straub, kath.ch – traduzione e adattamento catt.ch
Lei è cardinale da sei mesi. Come vede questo periodo?
Al momento mi sto godendo il mio tempo a Roma. Sono andato in pensione qualche giorno fa. Ho anche cambiato appartamento.
Dopo la sua nomina a cardinale, Papa Francesco l'ha nominata membro del Supremo tribunale della Segnatura Apostolica. Continuerà a ricoprire questo ruolo nonostante il suo pensionamento?
Finora ho lavorato pochissimo in questo settore. Sono stato anche nominato membro della Commissione cardinalizia della Banca Vaticana. Il nostro compito è quello di garantire il rispetto delle linee guida etiche. Sono anche diventato membro del Dicastero per le Cause dei Santi. Questo lavoro è molto interessante. Tutto è collegato: teologia, storia, diritto canonico. Tuttavia, i miei incarichi non sono a tempo pieno. È molto variabile. Di solito ci incontriamo due volte al mese. Il tempo che intercorre tra una riunione e l'altra viene utilizzato per preparare e studiare i documenti.
Presto ritornerà in Svizzera. Quanto tempo ci resterà?
Tornerò in Svizzera alla fine di maggio. Ho viaggiato all'estero per 50 anni e sono tornato a casa solo per un breve periodo all'anno. Non vedo l'ora di poter trascorrere più tempo con la mia famiglia. Purtroppo, in tutti questi anni di lontananza mi sono perso l'infanzia dei miei nipoti. È un peccato. Ora sono tutti cresciuti e non vedo l'ora di incontrarli.
Papa Francesco è spesso malato. Pensa che presto dovrà essere convocato un conclave?
Spero di no. Il Santo Padre gestisce ogni giorno un carico di lavoro completo, anche se alcuni problemi fisici impediscono la sua libertà di movimento. È sempre pienamente impegnato e intraprende anche viaggi apostolici all'estero. Le sue giornate sono piene di incontri e udienze.
Uno dei grandi progetti per il futuro della Chiesa è il processo sinodale. Qual è il suo sguardo a questo proposito?
Spero che il processo sinodale ci porti a una maggiore collaborazione all'interno della Chiesa. Questo vale per vescovi, sacerdoti e laici. Questi ultimi devono essere maggiormente coinvolti nel lavoro pastorale e nell'amministrazione. Abbiamo bisogno dei laici non solo perché devono sostenere noi sacerdoti, ma perché come battezzati partecipano alla missione della Chiesa sotto la propria responsabilità. Penso, ad esempio, ai ministri straordinari dell'Eucaristia, che possono essere di grande aiuto ovunque, ma soprattutto quando il sacerdote non può essere sempre presente. Una cooperazione efficiente in questo senso sarebbe davvero una sorta di "rivoluzione" nella vita di molte chiese.
Cosa fanno esattamente i ministri dell'Eucaristia?
Sono laici che vengono nominati e formati dal vescovo. Tra le altre cose, portano la Comunione ai malati e agli anziani e possono invitare i fedeli all'adorazione eucaristica o a recitare il rosario. Fino a quando i fedeli sono "chiamati a raccolta", anche se non ci sono sacerdoti, diaconi o assistenti pastorali sul posto, la chiesa è viva. Abbiamo anche bisogno di persone che si dedichino all'insegnamento della fede. Spero che il Sinodo rafforzi questa consapevolezza. La gerarchia non può e non deve fare tutto. Dobbiamo vederci di più come popolo di Dio, in cui ogni individuo segue la propria vocazione e ha i suoi compiti.
Al Sinodo mondiale si è parlato anche di viri probati (l’ordinazione di uomini sposati) e di diaconato per le donne. Cosa ne pensa?
La questione dei "viri probati" è una vecchia discussione. Tuttavia, ci sono già sacerdoti che si sono convertiti da altre confessioni e continuano a svolgere il loro ruolo nella Chiesa cattolica. Ci sono anche uomini che decidono di diventare sacerdoti in una fase successiva della loro vita. D'altra parte, nell'attuale situazione giuridica, le donne sono escluse dal diaconato permanente. È possibile che la questione torni a essere un argomento di discussione nell'attuale sinodo. Non credo che tutti nella Chiesa debbano fare tutto. E soprattutto non dobbiamo trasformare i laici della Chiesa in clero.
Perché, secondo lei, bisogna evitarlo?
In alcune parti della Chiesa si cerca di sostituire i sacerdoti ordinati con una sorta di sacerdozio laico. Questo crea spesso delle tensioni. Il sacerdote ha il suo compito, i laici il loro: è solo nella cooperazione e nella complementarità di queste due vocazioni che siamo Chiesa, come ci ha insegnato il Concilio vaticano II. La Chiesa è un popolo in cammino e deve costantemente confrontarsi con i cambiamenti del mondo. È lo Spirito Santo che ci aiuta a non perdere la direzione e a rimanere fedeli alla nostra missione.
Mons. Emil Paul Tscherrig, nato nel 1946, è stato nominato cardinale da Papa Francesco il 30 settembre 2023. Originario del Vallese, nel 1974 è stato ordinato sacerdote nella diocesi di Sion. Ha poi proseguito gli studi a Roma, dove ha conseguito il dottorato in Diritto canonico presso la Pontificia Università Gregoriana. Dal 1974 al 1978 si è anche formato presso la Pontificia Accademia Diplomatica di Roma. Il 1° aprile 1978 è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede, lavorando successivamente nelle nunziature di Uganda, Corea del Sud e Bangladesh. Nel 1985 è tornato in Vaticano per curare i viaggi di Papa Giovanni Paolo II all'estero. Nel 1996 è stato nominato nunzio apostolico in Burundi e ordinato vescovo. Successivamente è stato ambasciatore della Santa Sede nei Caraibi, in Corea del Sud e Mongolia, nei Paesi nordici (Svezia, Danimarca, Finlandia, Islanda e Norvegia), in Argentina e infine in Italia nel 2017 e fino al suo pensionamento.