Ticino e Grigionitaliano

Il problema «reale» dell’intelligenza artificiale e i punti chiave dell’«algoretica» chiesta dal Papa

da Roma don Emanuele Di Marco

Chiesa e attualità… reale. Sono diversi gli interventi di Papa Francesco a proposito dell’intelligenza artificiale (IA): solo nell’ultimo anno, ad esempio, il messaggio per la Giornata mondiale della pace o il recente intervento al G7, oltre che numerosi altri richiami. Il Papa desidera affrontare il tema e i rischi mentre la corsa tecnologica si sta realizzando: i rapidissimi cambiamenti tecnologici esigono che la comunità cristiana sia attenta «in diretta», mentre i processi si attuano, piuttosto che limitarsi a intervenire solamente nel momento in cui la novità stravolge la vita. Cogliendo tale premura, la «Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice» ha organizzato un Convegno Internazionale proprio su questo argomento, convocando, dal 20 al 22 giugno scorsi, esperti del mondo finanziario, tecnologico e imprenditoriale in Vaticano per un importante confronto. Giornate intense che hanno offerto ai partecipanti l’occasione per prendere coscienza delle opportunità e dei rischi di questo orizzonte sempre più vicino. Mons. Claudio Maria Celli, assistente ecclesiastico internazionale della Fondazione, ha posto le basi, nella sua riflessione iniziale, per chiedersi se davvero si desideri affidare tutto all’IA, o se non valga invece la pena riservare all’uomo ciò che richiede saggezza, elemento che una macchina non può avere. La presidente della Fondazione, la prof.ssa Anna Maria Tarantola, ha dal canto suo ricordato il bisogno di potersi confrontare su questi temi e di creare processi di confronto e anche di dibattito: non tutto ciò che è tecnicamente possibile è buono per l’umanità. Il Papa ha ricordato il bisogno di un’algoretica, ovvero un’etica che regoli lo sviluppo degli algoritmi. E soprattutto la necessità di chiedersi se l’IA che stiamo sviluppando sia davvero al servizio dell’umanità. A questo proposito, Francesco ha rivolto alcune domande e fissato alcuni criteri sui quali riflettere: 1. la responsabilità di un’etica, chiedendosi: a chi è affidata? 2. Come limitare l’uso che è nocivo per l’umano medesimo? 3. La necessità di una formazione all’uso di questa risorsa, già dalla scolarizzazione. 4. Come ricollocare i lavoratori che inevitabilmente perderanno il proprio lavoro? 5. Come valutare l’uso dei dati nel campo della sicurezza e della riservatezza? 6. Quali sono gli effetti di queste nuove risorse nella relazionalità tra le persone? 7. Ci sono ulteriori danni ambientali legati a questo agire? Il Papa indica queste piste di riflessione come alcune delle possibili da percorrere. Ha chiesto esplicitamente alla Fondazione, alzando lo sguardo e incrociando gli occhi di ogni presente, di lavorare in questo campo: «e… mi raccomando, tenetemi informato su questo!». I lavori si sono conclusi con il Segretario di Stato Pietro Parolin, che ha rimarcato l’attenzione della normativa UE sul tema, che riguarda un limitato numero di Stati: il Cardinale ha invocato una normativa che sia sovranazionale. Giorni intensi e preziosi che hanno posto le basi per un lavoro che si preannuncia davvero urgente, complesso e coinvolgente. Per concludere con una battuta, il Papa ha posto ironicamente la domanda: «Siamo sicuri di voler continuare a chiamare intelligenza ciò che intelligenza non è? È una provocazione. Pensiamoci, e chiediamoci se l’usare impropriamente questa parola così importante, così umana, non è già un cedimento al potere tecnocratico». La Chiesa riflette, e lo fa anche su temi di estrema attualità. Lo ha fatto nel corso della storia e ha partecipato al progresso in varie forme (si pensi ai molti monasteri, agli ospedali e alle università fondate). Anche ora si tratta di dare il proprio contributo all’umanità, con lo sguardo del Vangelo.

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2 Luglio 2024 | 06:06
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