Come da tradizione, tra la fine dell’anno vecchio e l’inizio
di quello nuovo, l’Agenzia Fides pubblica il dossier sui missionari uccisi
nell’anno appena trascorso. Da tempo ormai, tale elenco non riguarda solo i
missionari ad gentes in sensostretto, ma cerca di registrare tutti i battezzati impegnati nella vita della
Chiesa morti in modo violento, non espressamente “in odio alla fede”.Secondo i dati raccolti da Fides, nel corso del 2019 sono stati uccisi nel mondo 29 missionari, per
la maggior parte sacerdoti: 18 sacerdoti, 1 diacono permanente, 2 religiosi non
sacerdoti, 2 suore, 6 laici. Dopo otto anni consecutivi in cui il numero più
elevato di missionari uccisi era stato registrato in America, dal 2018 è l’Africa ad essere al primo posto di questa tragica classifica. Nel continente africano, nell’ultimoanno sono stati uccisi 12 sacerdoti, 1 religioso, 1 religiosa, 1 laica (15). In
America sono stati uccisi 6 sacerdoti, 1 diacono permanente, 1 religioso, 4
laici (12). In Asia è stata uccisa 1 laica. In Europa è stata uccisa 1 suora.Nell’ultimo anno il fenomeno appare più generalizzato e diffuso dal punto di
vista geografico: sono stati bagnati dal sangue dei missionari 10 paesi
dell’Africa, 8 dell’America, 1 dell’Asia e 1 dell’Europa. Ancora una volta la
vita di molti è stata stroncata durante tentativi di rapina o di furto, in
contesti sociali di povertà, di degrado, dove “la violenza è regola di vita, l’autorità dello Stato latita o è indebolita dalla corruzione e dai compromessi".Padre Antonio giustiziato in un agguato jihadista
Ad aprire il triste elenco del 2019 è toccato a padre Antonio César Fernández Fernández, 72 anni, missionario salesiano spagnolo in Burkina Faso bersagliato a febbraio con almeno tre copi di pistola nel momento in cui faceva ritorno alla sua comunità in località Uagadugú nel corso di un attacco jihadista a 40 chilometri circa dal confine sud del Burkina Faso. Insieme con padre Fernández c'erano altri due confratelli, rimasti illesi. Il gruppo stava rientrando dal Togo (Lomé) dove avevano preso parte alla prima sezione del Capitolo dell'Ispettoria salesiana dell'Africa occidentale francofona (AFO). Antonio César Fernández era nato in località Pozoblando, Spagna, il 7 luglio 1946, salesiano da 55 anni, dal 1982 lavorava come missionario in diversi paesi africani, tra cui il Togo dove fu il primo salesiano ad arrivare.
Suor Inés barbaramente decapitata
Minuta, gentile, assolutamente pacifica. Così chi l’aveva conosciuta descrive suor Inés Nieves Sancho. La religiosa, 77 anni, è stata trovata morta nel villaggio di Nola, diocesi di Berberati, nella Repubblica Centrafricana, nei locali dove insegnava alle ragazze in primo luogo a cucire e a provare a farsi una vita migliore. Il suo corpo è stato orrendamente mutilato. Suor Inés apparteneva alla piccola comunità locale delle Figlie di Gesù. Da molti anni era impegnata in questo grande agglomerato della prefettura di Sangha-Mbaéré, nel sudovest della Repubblica Centrafricana, al confine con il Camerun. Qui, in un contesto fatto di edifici e baracche tirati su approssimativamente, da decenni aveva prestato la sua opera fino all’età avanzata. Aveva voluto rimanere a tutti i costi, anche da sola, per continuare nella sua missione finché le forze glielo avessero concesso. In una notte di maggio, alcuni sconosciuti si sono introdotti nella sua stanza, l’hanno prelevata e l’hanno condotta proprio nei locali dove teneva le sue lezioni di cucito. Forse un luogo simbolico per i suoi aggressori. Qui l’hanno decapitata.
Margeli, catechista amata assassinata in chiesa
Una catechista dei bambini, Margeli Lang Antonio, è stata uccisa durante un assalto ad una
chiesa cattolica nel comune di Acacoyagua, nello stato del Chiapas, Messico.
Sabato 15 giugno, alla fine del corso di preparazione dei catechisti, nella
cappella dell'Immacolata Concezione della parrocchia San Marcos Evangelista,
due giovani sono entrati ed estraendo le armi hanno iniziato a sparare. Uno dei
proiettili ha ferito Margeli Lang Antonio, che è morta quasi subito. Era molto
amata dai fedeli ed impegnata a fondo nel lavoro pastorale. “Come famiglia diocesana – ha dichiarato mons.
Calderón dando notizia della morte di Margeli - non possiamo abituarci a questi
fatti di violenza che dimostrano un degrado sociale e morale della comunità
umana". Parlando, poi, con la stampa, il presule ha sottolineato che
"la decomposizione sociale è dovuta a una mancanza di salute integrale
delle comunità. Quando non c'è lavoro, quando c'è ingiustizia, quando c'è
impunità, quando c'è un'ambizione eccessiva per il denaro, quando la vita delle
persone ha un prezzo, allora tutto ha un prezzo e chi ha il denaro, comanda”.