Jacques Berset, per «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)»
Antakya, capoluogo della provincia di Hatay, al confine con la Siria, nel sud della Turchia è ormai una città fantasma. L’antica Antiochia, luogo altamente simbolico per i cristiani, è stata completamente devastata dal terremoto del 6 febbraio 2023. «Sono rimasti soltanto i soldati e gli operai che sgombrano le macerie…», ha dichiarato Mons. Martin Kmetec, arcivescovo di Smirne, che si è recato sul posto.
Il sisma ha causato oltre 55’000 morti in Turchia e in Siria, e ha distrutto Antiochia, città cara al cuore dei cristiani: è lì, non lontano dalla frontiera siriana, che i discepoli di Cristo furono chiamati per la prima volta «cristiani» (Atti degli Apostoli, capitolo 11). «Da lì Paolo e Barnaba partirono per la loro prima missione verso i pagani», spiega Mons. Kmetec.
Il religioso francescano, di origine slovena, invitato da «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)», testimonia l’impegno per le vittime del «piccolo gregge» cattolico che vive in Turchia. Dal 16 al 26 marzo 2023 ha soggiornato in Svizzera, nelle parrocchie della Svizzera tedesca e del Ticino (lo scorso week end il vescovo è stato ospite a Chiasso dove ha portato la sua testimonianza in parrocchia).
L’autorizzazione del governatore
Dopo il terremoto, l’arcivescovo di Smirne, a circa 1'100 km da Antiochia, si è recato dal governatore di Smirne per esprimere la solidarietà della Chiesa con il popolo turco e per chiedere il permesso per soccorrere le vittime. «Occorreva ottenere l’autorizzazione ad agire in conformità con l’AFAD, l’agenzia statale per la gestione dei disastri e delle emergenze». Ha potuto immediatamente, «come Chiesa», allestire dei convogli per prestare aiuti alle vittime. «Abbiamo ricevuto aiuti da diverse organizzazioni cattoliche, tra altro da Caritas in Slovenia – Paese d’origine di Mons. Kmetec – e abbiamo inviato ogni settimana dei camion con del materiale d’emergenza, tra cui delle tende. Ma abbiamo anche dei progetti a lungo termine, in particolare per quanto riguarda gli alloggi, perché vogliamo aiutare le persone affinché possano rimanere nei luoghi dove vive la minoranza cristiana».
Una Chiesa molto minoritaria in Turchia
La Chiesa, molto minoritaria in Turchia - i cattolici latini sono stimati a circa 15.000 fedeli- non vuole che i cristiani abbandonino queste zone disastrate, soprattutto Antiochia, Iskenderun (antica Alessandria) e i villaggi cristiani vicino a Samandag, che nell’ antichità si chiamava Seleucia di Piria, quando la città era il porto di Antiochia. In queste aree vivono per lo più cristiani armeni e cristiani ortodossi arabi appartenenti al Patriarcato di Antiochia. Ad Antakya, il terremoto ha distrutto le chiese ortodosse, protestanti e cattoliche, oltre alle moschee. La sinagoga è stata gravemente danneggiata e il rabbino e sua moglie sono morti nel terremoto. I due cappuccini che vivevano ad Antiochia e il sacerdote ortodosso sono partiti.
Invitando alla solidarietà con le vittime del terremoto in Turchia e in Siria, il vescovo Kmetec ha sottolineato che «siamo un’unica famiglia». Monsignor Kmetec ha constatato che a Smirne le relazioni sono buone a livello ufficiale. Ha ricordato la «Giornata della fraternità» dello scorso 4 febbraio, che ha riunito delegazioni delle autorità e rappresentanti delle comunità alevite, ebraiche, musulmane, evangeliche, anglicane e ortodosse sul tema «Fratelli tutti», l’enciclica di Papa Francesco sulla fraternità e l’amicizia sociale «L’evento è stato coronato dalla piantagione dell’albero della pace!»
Mons. Martin Kmetec
L’arcivescovo di Smirne è nato nel 1956 nella regione di Maribor, in Slovenia. Membro dei frati minori conventuali, è stato ordinato sacerdote nel 1983 ed è uno specialista nel dialogo interreligioso. Ha prestato il suo ministero in Libano dal 1990 al 2001, prima di continuare la sua missione in Turchia. È arcivescovo di Smirne dal 2021.