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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (24 settembre 2025)
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  • L'abate Nicolas Mailla presenta il reliquiario contenente le reliquie dei santi Charbel e Nicola della Flüe

    Le reliquie di san Charbel e san Nicola della Flüe riunite a Chailly (VD)

    di Silvia Freda / cath.ch

    Due eremiti, due popoli, due secoli, ma un unico messaggio: la pace. In Libano, la tomba di Charbel Makhlouf (1828-1898) è divenuta un luogo di guarigione e di incontro tra cristiani e musulmani. In Svizzera, Nicola della Flüe (1417-1487) disinnescò una guerra civile e salvò l’unità della Confederazione. Le loro reliquie saranno riunite il 28 settembre 2025, durante una messa a Chailly-sur-Lausanne.

    «A Chailly, avevo già collocato le due reliquie in un reliquiario a forma di albero della vita, più precisamente a forma di croce a ‘Tau’ cara a san Francesco d’Assisi e simbolo di semplicità e pace», racconta l’abbé Nicolas Maillat, parroco per quindici anni a San Nicola della Flüe e a Sant’Etienne a Losanna, oggi a Prilly-Prélaz. «Tuttavia, nulla era poi stato ufficializzato. I contatti con prelati d’Oriente non erano andati a buon fine e il Covid aveva sospeso tutto.»

    Il 28 settembre questo tempo di attesa finirà. Le reliquie saranno installate: frammenti d’osso del libanese Charbel Makhlouf e dello svizzero Nicola della Flüe.

    Questo gesto rinvia a un’antica tradizione. «Reliquia viene dal latino relictus, ciò che resta», spiega l’abbé Maillat. «Ce ne sono di tre gradi: frammenti del corpo, vestiti o oggetti appartenuti al santo.» Lontano dall’adorazione, precisa, «ci si inchina davanti a esse in segno di venerazione. Esse ricordano la fedeltà a Cristo, fino al martirio se necessario.»

    Come sono arrivate le reliquie

    Ma come sono giunte in questo quartiere di Losanna che è Chailly? L’abbé Maillat racconta la storia dalle origini. Una parrocchiana libanese, oggi defunta, Marie-Josée Danese, gli parlava spesso di san Charbel, monaco maronita del XIX secolo. «Così ho iniziato a nominarlo anch’io, accanto a Nicola della Flüe, patrono della chiesa, nel momento di invocare i santi durante la messa. E i fedeli si chiedevano chi fosse», ricorda.

    A poco a poco, la curiosità si trasforma in progetto: far giungere a Chailly una reliquia di san Charbel. Michel Troyon, allora presidente dell’Unità Pastorale, si rivolge a Nabih Yammine, libanese stabilito a Stans (NW) e fondatore dell’Associazione Solidarietà Libano-Svizzera. «In contatto diretto con il convento di Annaya, nelle montagne del nord del Libano, posso far preparare e trasmettere ufficialmente reliquie», spiega questo ambasciatore tra Oriente e Occidente. Grazie a lui, la reliquia di Charbel è arrivata. In risposta, l’abbé Maillat ha donato quella di Nicola della Flüe: «Una reliquia che avevo ricevuto a Delémont e consegnato alla parrocchia.»

    Charbel, un santo ancora poco conosciuto in Svizzera

    In Svizzera tutti conoscono san Nicola della Flüe. San Charbel, invece, resta quasi sconosciuto. «Eppure, circa 30.000 guarigioni del corpo e del cuore gli sono attribuite nel mondo e sono ufficialmente registrate al monastero di Annaya», sottolinea Nabih Yammine. Cita in particolare il caso di una svizzera, a lungo affetta da gravi disturbi psichici, che ha ritrovato la pace interiore dopo aver fatto visita al santo nella cripta di Annaya.

    «San Charbel si spense il 24 dicembre 1898», riferisce Nabih Yammine. «Pochi giorni dopo, dei villaggi musulmani videro luci sprigionarsi dalla sua tomba, come fuochi d’artificio.» Si pensò dapprima a una festa dei monaci. La voce si diffuse, il feretro fu aperto. «Il corpo appariva intatto, quasi vivo. E da lui scaturiva un liquido strano, acqua e sangue mescolati al profumo di rosa. Un abate ha calcolato che ne fossero sgorgati fino a 20.000 litri, sufficienti a impregnare i muri e i pavimenti del convento.»

    Da allora, i segni continuano nella vita dei fedeli. «Ogni 22 del mese, san Charbel stesso lo ha promesso: ‘dove siete, se pregate, diffonderò una pioggia di grazie’», ricorda Nabih Yammine. In Libano, folle intere salgono ad Annaya, talvolta scalzi, con il rosario in mano. «Anche in Svizzera questa tradizione inizia a diffondersi.»

    Slanci di tale fervore si spiegano anche con l’eccezionale percorso del monaco libanese. «Beatificato nel 1965 e canonizzato nel 1977, è il primo santo orientale del secondo millennio ad aver ricevuto gli onori degli altari della Chiesa universale», ricorda mons. Gemayel, visitatore apostolico per i maroniti dell’Europa settentrionale e occidentale.

    I gemelli della pace

    Dall’Oriente al cuore delle Alpi, «si chiamano Charbel e Nicola della Flüe i gemelli della pace», afferma Nabih Yammine. «Ognuno, nel suo tempo, ha portato la riconciliazione. In questo quadro, i loro nomi si associano naturalmente.» Entrambi hanno scelto di vivere da eremiti, nel silenzio e nella preghiera, facendo del loro ritiro dal mondo una fonte di pace per gli altri.

    Per questo, in tutto il mondo, le loro reliquie sono sempre installate insieme: oltre 150 luoghi di venerazione in 50 paesi – spesso segnati da guerre o ferite collettive, da Hiroshima a El Salvador – e più di 33 in Svizzera, in particolare a Losanna, Friburgo, Develier (JU) o in Vallese. Riunire le loro reliquie a Chailly appare dunque come un’evidenza.

    Nel 2006, una celebrazione a Sachseln (OW), vicino all’eremo di Nicola della Flüe, aveva già riunito i due santi in presenza dell’arcivescovo di Beirut. «Ci sono molte carte e convenzioni», osserva Nabih Yammine, «ma mai un’alleanza spirituale sincera tra due popoli. Charbel e Nicola da Flüe ci offrono questo: una fraternità che supera i confini.» Nello stesso spirito, l’abbé Maillat sottolinea: «Invocarli insieme significa ricreare un legame con i cristiani d’Oriente, le nostre radici.»

    Bruder Klaus, patrono della Svizzera

    Nato nel 1417, Nicola da Flüe, padre di dieci figli, divenne eremita nella valle dominata dal villaggio di Flueli-Ranft, nel cuore del canton Obvaldo. Conosciuto in Svizzera tedesca come «Bruder Klaus» (Fratello Nicola), è considerato il santo patrono del paese.

    «Alcuni dicono che abbia abbandonato la sua famiglia», ricorda Patrice Droz, ex presidente del Consiglio parrocchiale di San Nicola della Flüe. «In realtà viveva a dieci minuti a piedi da casa sua. Consigliava le autorità, i contadini, i cittadini», osserva. «Nel 1481 disinnescò una guerra civile nascente tra cantoni. La sua mediazione salvò la Confederazione.»

    A Sachseln si conserva ancora la grande tunica di Nicola della Flüe. L’ex presidente della parrocchia vi si è recato di recente. «Con mia moglie abbiamo incontrato il sacerdote del luogo e abbiamo potuto vedere la tunica. È stato impressionante», confida.

    Per Patrice Droz, la doppia installazione che sarà celebrata durante la messa del 28 settembre sarà un segno forte. «I messaggi di Nicola della Flüe e di Charbel sono necessari oggi. Ci ricordano che ciascuno può, nel proprio ambito, essere artigiano di pace.» Per Nabih Yammine, il loro messaggio si riassume in una scintilla: «In questo mondo spesso disperato, ci ripetono che le tenebre non avranno l’ultima parola. Siamo luce.»

    fonte: cath.ch/sf/bh/traduzione catt.ch

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