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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (15 novembre 2025)
  • Pizzaballa interviene all'Uni di Friburgo dove ha ricevuto il dottorato honoris causa

    Pizzaballa a Friburgo: "Guarire dall'odio è la sfida ultima della Terra Santa"

    «Un dolore incapace di riconoscere il dolore degli altri». È così che il cardinale Pierbattista Pizzaballa ha riassunto l'attuale condizione umana in Terra Santa. Il 14 novembre 2025 a Friburgo, il patriarca latino di Gerusalemme ha presentato le sue riflessioni e la sua esperienza di un Medio Oriente lacerato.

    «Non vengo come esperto di affari geopolitici, ma come pastore: un testimone che proviene dall'esperienza vissuta in Terra Santa», ha spiegato il cardinale Pizzaballa. Il porporato ha parlato davanti a una sala gremita di circa 250 persone all'Università di Friburgo. Era lì per ricevere il dottorato honoris causa che l'istituzione gli ha conferito nell'ambito del dies academicus 2025.

    «Ognuno si considera una vittima»

    Il patriarca latino di Gerusalemme non è quindi tornato sugli eventi che hanno insanguinato la Terra Santa dal 7 ottobre 2023. Pur salutando la recente tregua, ha sottolineato che essa non offre serenità né l'inizio di una riconciliazione, perché «le ferite sono troppo profonde». Riguardo alla situazione in Medio Oriente, il cardinale ha parlato di «un cuore sommerso e lacerato dalla propria sofferenza, [che] non trova più lo spazio per accogliere quella degli altri.

    Ognuno si sente vittima, l'unica vittima in questo tsunami di ostilità».

    Pierbattista Pizzaballa ha insistito sull'urgenza della ricostruzione, non solo materiale, ma anche umana e spirituale. Ha analizzato tre aspetti principali del conflitto: il crollo del dialogo interreligioso, il ruolo distruttivo del linguaggio politico e le crisi interne che attraversano le società israeliana e palestinese.

    Dall'inizio del conflitto, l'organizzazione di incontri interreligiosi si è rivelata molto difficile, ha spiegato il cardinale. «Le relazioni tra le religioni, un tempo considerate consolidate, sembrano oggi sospese. Ognuno si sente tradito, incompreso, indifeso e senza sostegno». Divisioni alimentate dal linguaggio. «La politica degli ultimi anni non ha smesso di diffondere liberamente e abbondantemente parole di odio, disprezzo e rifiuto dell'altro».

    Gerusalemme, «casa di preghiera per tutti i popoli»

    In qualità di patriarca della città santa, il prelato è partito dall'immagine della Nuova Gerusalemme presente nell'Apocalisse per delineare percorsi di «guarigione». San Giovanni parla di una città con «il cielo aperto», il che significa che «deve essere prima di tutto una casa di preghiera per tutti i popoli».

    Per il cardinale, la risoluzione del conflitto deve andare oltre la politica, ed è chiaro che «nessun progetto di pace in Terra Santa può prescindere dalla dimensione verticale, dalla consapevolezza che questa terra è prima di tutto il luogo della Rivelazione».

    «Non si può invocare Dio per legittimare le esclusioni»

    La Gerusalemme dell'Apocalisse è anche una «città che discende dal cielo». Il patriarca vi vede un monito cruciale per le istituzioni religiose: «Senza una continua “discesa dal cielo”, senza attingere umilmente alla fonte del rapporto con Dio, la religione rischia di appassire (...) e senza nutrirsi incessantemente della Sua Parola, le religioni rischiano di trasformarsi in fortezze chiuse piuttosto che in città accoglienti, aperte al mondo».

    La Gerusalemme celeste è anche una città «senza tempio», perché «il suo tempio è il Signore». Il confine tra sacro e profano scompare. Dio non risiede più in un edificio, ma in una relazione, sottolinea il patriarca.

    «Nella nuova Gerusalemme non ci sono luoghi da possedere, solo relazioni da costruire». Se il cardinale ammette che «i confini rimangono indispensabili per delimitare i nostri spazi vitali (...) non devono diventare strumenti di divisione». Per Pierbattista Pizzaballa, «il Dio della Gerusalemme celeste non si appropria di spazi né erige barriere. Nessuno è escluso. Ne consegue che non si può invocare Dio per legittimare le esclusioni».

    L'incapacità di riconsiderare la propria narrazione storica

    L'Apocalisse parla anche di una città le cui porte sono sempre aperte. Il cardinale vi fa riferimento per quanto riguarda l'interpretazione della storia. «Oggi ognuno ha (...) la propria narrazione degli eventi, spesso tinta di diffidenza verso l'altro, percepito come una minaccia, a torto o a ragione». Il patriarca di Gerusalemme ritiene quindi «necessario ripensare le categorie della storia, della memoria e, di conseguenza, della colpa, della giustizia e del perdono, collegando direttamente la sfera religiosa ai campi morale, sociale e politico. Gran parte della violenza odierna deriva dall'incapacità di riconsiderare criticamente (...) la propria narrazione storica».

    Gerusalemme appartiene all'umanità

    Nel Libro dell'Apocalisse, la diversità dei popoli non è percepita come una minaccia, ma come una ricchezza. In riferimento al passo «Le nazioni cammineranno alla sua luce e i re della terra vi porteranno la loro gloria...» (Apocalisse 21:24,26), il cardinale Pizzaballa assicura che la Terra Santa «non è un microcosmo chiuso in se stesso», ma che «mantiene un legame indissolubile con il mondo intero, e viceversa». Ne consegue che «Gerusalemme appartiene a tutti e nessuno può rivendicarne il monopolio esclusivo».

    Ma la vocazione della città santa non si limita alle sue mura. Gerusalemme è «una città chiamata a portare frutto per l'umanità». La Bibbia dice che «le foglie dell'albero servono alla guarigione delle nazioni» (Apocalisse 22:1-2). Ora, «guarire le ferite, l'odio, la memoria tossica – questo è il compito ultimo e sublime della Terra Santa», ha concluso il cardinale tra lunghi e intensi applausi. (cath.ch/rz/traduzioneeadattamentoredazionecatt)

    Intervista di cath.ch al cardinale Pizzaballa: «Abbiamo bisogno di una nuova leadership»

    Prima della conferenza, il cardinale Pizzaballa ha risposto alle domande di diversi media, tra cui cath.ch, sugli aspetti più politici della sua esperienza.

    Negli ultimi anni si sono sentite molte storie di cristiani molestati per le strade di Gerusalemme. Com'è la situazione attualmente?

    Cardinale Pizzaballa: Gerusalemme è una città vasta e complessa. Ciò che vivono i cristiani dipende molto dal luogo in cui risiedono o dove transitano. Da molti anni i cristiani subiscono violenze regolari da parte di estremisti ebrei. Ma il fenomeno è aumentato ulteriormente dal 7 ottobre. Vorrei precisare che questi attacchi non prendono di mira solo i cristiani, ma tutte le minoranze.

    Quali notizie avete da Gaza e dalla parrocchia cattolica?

    La situazione a Gaza è ancora molto incerta. Rimane ancora aperta la questione cruciale di chi governerà il territorio. Tutto è da ricostruire nella Striscia di Gaza, il 90% delle persone vive in tende. Gli ospedali sono gravemente a corto di medicinali, il che significa che le persone continuano a morire per non aver ricevuto cure adeguate. Il parroco della parrocchia della Sacra Famiglia (l'unica parrocchia cattolica di Gaza, ndr), padre Gabriel Romanelli, sta bene, è rimasto solo leggermente ferito nel bombardamento della chiesa che ha causato tre morti (nel luglio 2025, ndr). Decine di rifugiati sono ancora ospitati nel complesso della parrocchia, sia cristiani che musulmani. Il personale della parrocchia fa il possibile per aiutarli, in particolare fornendo assistenza scolastica ai bambini.

    Qual è lo stato d'animo della società israeliana?

    C'è molto odio da entrambe le parti. Gli israeliani hanno davvero percepito la guerra del 7 ottobre come una guerra esistenziale. L'empatia verso l'altro è molto scarsa. Oggi ci sono meno gruppi pacifisti rispetto al passato, e sono anche meno influenti. Tutti sono stanchi. Abbiamo bisogno di una nuova leadership, di una nuova narrativa.

    Come fa a mantenere viva la speranza?

    Non bisogna confondere la speranza con la soluzione. Non vedo alcuna soluzione, ma ho speranza. Deriva soprattutto dai miei incontri con persone straordinarie, sia cristiane che ebree o musulmane. Nonostante la diffidenza e la sofferenza, ci sono sempre persone che superano le divisioni e sono capaci di dare la vita per gli altri. RZ/traduzione e adattamento redazionecatt

    Raphaël Zbinden/traduzione e adattamentoredazionecatt

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