di Maurizio Barcaro
pimemilano.com - Haiti -
Cari amici!
Qualche giorno fa, leggendo le notizie su un sito internet, ne ho vista una interessante e bizzarra allo stesso tempo. Il titolo della notizia era questo: “Le città con peggior qualità di vita al mondo”. Su 230 città prese in considerazione le ultime 4 sono: 227 Port-au-Prince ( Haiti) - 228 Sana’a (Yemen) - 229 Bangui (Repubblica Centroafricana) - 230 Baghdad ( Iraq). La nostra capitale, Porto Principe, quart’ultima?
Beh, sapevo bene che Port-au-Prince non fosse certo una città tipo, ‘fiore all’occhiello’ per viverci ma che fosse la quarta peggiore al mondo, questo mi ha sorpreso. Non so che metro di misura abbia preso chi ha fatto il sondaggio ma, per esempio, vedere che anche a Damasco, in Siria, si vive meglio che qui... questo mi sembra veramente bizzarro. Mentre scrivo, i bambini della scuola hanno la ricreazione e si sentono urla fragorose, canti giocondi, corse con pallone e il tutto mescolato con i colori del cielo e degli alberi... con uno spruzzo di tepore del sole mattutino; ne viene fuori un tal cocktail che sembra di vivere nella città più gioiosa al mondo ma con la peggior qualità di vita...paradosso evidente anche se incomprensibile.
Questa mattina, per curiosità, ho fatto una piccola chiacchierata con una decina di bambini della scuola, bambini e bambine fra i 5 e i 15 anni. Piccola chiacchierata su cose semplici, di vita quotidiana. Quasi tutti si svegliano verso le 6 del mattino, non è la sveglia che li fa alzare ma la luce del sole che in questo periodo appare verso quell’ora. I doveri mattutini sono quasi gli stessi per tutti; andare a prendere l’acqua con un secchio al pozzo più vicino, lavare piatti e pentole del giorno prima, sistemare il letto o le lenzuola stese a terra o i cartoni sui quali si dorme, scopare il pavimento sterrato della casetta.
Le ragazzine più grandi aiutano i più piccoli a lavarsi e vestirsi. Solo 3 su 10 mangiano qualcosa al mattino, pane e caffè. Jenny, 11 anni, occhi vivaci e svegli, vive a 7 Km dalla scuola e ogni mattina, da sola, prende un tap tap (specie di Taxi locale) e viene a scuola. Fredna (13) vive con la zia e famiglia e deve fare tante cose prima di prepararsi e venire a scuola, cosi come Medjina (7) che è orfana e vive con una amica della mamma e che deve fare tanti lavori anche dopo la scuola. Il piatto preferito di Adelson (5) è riso in bianco con una salsa di fagioli e una specie di pappetta di legumi. Vanessa (14) mangia una volta al giorno, Rene (8) Dieulin (14) e Jenny (11) 2 volte al giorno, gli altri mangiano anche una pappetta di mais o un po’ di corn flakes alla sera.
Tutti hanno un solo paio di scarpe per venire a scuola e un vestito decente per andare in Chiesa la domenica. Con l’eccezione di Edwens (13), il quale dice che quando compie gli anni la mamma e la nonna gli fanno sempre un regalino, nessun altro ha mai festeggiato il compleanno e cinque di loro non sanno nemmeno quando sono nati. Vanessa ha una piccola televisione a casa ma l’elettricità non c’è ogni giorno. Fredna dorme su un letto con altri due della famiglia, Lucson stende un lenzuolo a terra e Ashley dorme su un cartone con altri 3 della famiglia.
Nessuno ha i gabinetti in casa e i bisognini si fanno in qualche campo fuori o nelle latrine comunitarie. L’altra sera è caduta finalmente una forte pioggia, era tanto che non pioveva... ma a causa di questo quattro dei bambini hanno passato la notte seduti perché il tetto delle case ha cosi tanti buchi che piove da tutte le parti. Solo tre di loro vivono con mamma e papà, quattro hanno solo la mamma e il papà non vive più con loro, 2 vivono con altri parenti e una è orfana. Quando chiedi cosa vogliono fare da ‘grandi’ ti guardano un po’ spaesati. Per loro è un miracolo andare a scuola ora... un altro miracolo è se mangiano oggi....cosa fare da grandi forse non passa nemmeno per la testa.
Ecco, una cosa che accomuna tutti questi bambini è il fatto che vivono più o meno lo stesso “stile di vita”. Da quando sono nati non hanno l’esperienza del contrario; per esempio, vivevano in America prima e poi sono venuti in Haiti. Ripeto con sempre più convinzione che quella gioia di vivere, quegli occhi vivaci e sorridenti e quell’allegria costante, sono dovuti al fatto che non conoscono il contrario di come vivono. Sicuramente anche loro hanno giorni tristi e un tempo per il pianto, ma non è una tristezza costante che rode dentro.
Quindi, anche se gli “esperti” dicono che Port-au-Prince è la quarta città per la peggior qualità di vita al mondo, per me è sicuramente anche una delle prime per bambini più spensierati al mondo.
Haiti sta vivendo un periodo di attesa. Il secondo turno di elezioni previsto per dicembre 2015 è stato annullato; il Presidente ha terminato il suo mandato a febbraio e ha lasciato infatti la carica, e da allora è stato eletto dal Senato un Presidente a interim che dovrebbe organizzare le elezioni entro 4 mesi. Ma tutti sono molto scettici che questo accada e quindi si vive nell’ansia di cosa succederà; nel frattempo la delinquenza aumenta e i ministeri attendono che ci sia una transizione. La moneta locale negli ultimi mesi si è svalutata enormemente rispetto al dollaro e diversi beni di consumo sono aumentati anche del 50% nel giro di 6-7 mesi. Sotto questo punto di vista devo ammettere che la qualità di vita non è certo ottimale, ma continuo a pensare che mettere Port-au-Prince come quarta citta al mondo dove si vive peggio sia comunque un’esagerazione.
Le attività della missione funzionano a pieno ritmo e grazie a Dio non abbiamo grossi problemi anche se preoccupa un po’ la situazione politica del Paese in generale. Con questa lettera, chi ha un bambino in sostegno da noi, riceverà anche la foto annuale del bambino/a. Come ogni anno ce ne sono diversi che mancano all’appello e mi dispiace se il bambino che seguite non e più nella scuola. Il primo a essere frustrato per questo sono io e quando devo comunicare la cosa ho sempre un senso di colpa, ma in effetti le cause non dipendono dalla nostra volontà, la ragione più comune è che la famiglia si è trasferita in zone più lontane e quindi non possono più venire. Anche se il bambino non c’è più, non vuol certo dire che il vostro aiuto è stato inutile, nulla succede per caso. Sono sicuro che in qualche modo sia l’adottante che il bambino hanno beneficiato del ‘cammino’ fatto insieme.
Pasqua per me è sinonimo di gioia, di vita, di liberazione. La presenza della Missione qui in Haiti offre proprio quella scintilla di vita a tante persone che orbitano intorno alla missione: bambini, anziani, mamme, lavoratori. Un grazie di cuore a tutti voi che in silenzio e con tanta umiltà continuate a donare la vita a tanti sfortunati con il sostegno che offrite e un grazie un po’ speciale al PIME di Milano che sostiene la missione ormai da 14 anni attraverso Sostegni A Distanza (sono più di 400 i bambini sostenuti dal PIME) e progetti vari.
Maurizio Barcaro