Skip to content
Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (25 dicembre 2024)
Catt
  • Natale è incontro con Gesù e speranza che guarisce

    Natale è incontro con Gesù e speranza che guarisce

    di Cristina Uguccioni

    La generazione, prima parola per dire Dio e l’uomo, è il cuore della riflessione sul Natale e sul Giubileo che in questa conversazione con catt.ch e Catholica propone madre Ignazia Angelini, benedettina: è stata per lungo tempo abbadessa del monastero di Viboldone (Milano) e, per diversi anni, docente alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. È stata inoltre assistente spirituale del Sinodo dedicato alla sinodalità.

    Il Natale, anno dopo anno, può generare in taluni una sorta di assuefazione o di indifferenza. Come può ridestarsi l’affezione, la gratitudine, la meraviglia per il fatto – straordinario – di un Dio che, per amore delle sue creature, decide di farsi creatura con loro per ricondurle a sè?

    «Gratitudine, meraviglia, affezione per la nascita di Gesù si ridestano non attraverso l’aspettativa di regali o eventi spettacolari, non attraverso le luminarie, che ormai vengono accese nelle nostre città con sempre maggior anticipo nel tentativo di offrire la luce di cui gli esseri umani sono in cerca. Gratitudine, meraviglia, affezione si ridestano tornando all’Origine, dunque attraverso la Parola di Dio e la celebrazione eucaristica. Il problema è che oggi si è perso l’orizzonte della fede, che nasce dall’ascolto, non da artifici umani o da qualcosa di confezionato dalle nostre mani. Affinché il Natale non sia consumato nell’abitudine, affinché si possa giungere alla nudità semplice ma veramente luminosa del Natale, è necessario fermarsi, leggere e pregare i Vangeli, riscoprire l’importanza dell’Eucaristia come nutrimento e sorgente di vita. Il vero fondamento del Natale è la cena ultima, quando il Figlio si consegna, in corpo e sangue, per amore. Il primo Natale, Betlemme, è già l’inizio di questa consegna. Natale come Pasqua: il Suo è un nascere come consegnare la vita».

    Dio ha scelto di venire nel mondo non spettacolarmente, come un imperatore o un guerriero, ma come figlio, nascendo da una ragazza di Nazaret. Dio, per farsi umano e sapere dell’umano, ha voluto passare dal grembo di una donna: questo cosa ci dice di Dio? E cosa ci dice dell’essere umano?

    «Dio è generazione: ce lo ha rivelato Gesù, che ha chiamato Dio “Abbà, Padre”. “Quando pregate dite Padre nostro”: Gesù, prima ancora di essere nella carne, è il Figlio, il Generato: così, quando Dio si è chinato con amore per dar vita all’opera delle sue mani non poteva non farlo se non di riflesso a quella generazione: “In lui” tutto è stato creato. E quanto il mondo – sfigurato dal peccato – si trovò oppresso dal potere del male e lontano da Dio, il Figlio, il generato da Dio, prese carne. L’unico che si è fatto veramente, pienamente uomo è Dio, in Gesù. L’essere umano ancora attende, in travagliata ricerca, di farsi uomo: lo dimostrano le guerre che si susseguono, le iniquità che ci circondano, le lotte per il potere, le menzogne che ingarbugliano la comunicazione. La donna è, nel genere umano, colei che “mette al mondo” e Dio non poteva fare a meno di passare da questa condizione del “terroso”: sarebbe stato un dio gnostico se avesse voluto scansare ciò che è umano per eccellenza: nascere da donna. Riceversi da grembo materno. Dobbiamo riscoprire il Natale e il mistero della generazione al cuore dell’esperienza di essere umani perché – ripeto – l’uomo ancora non si è fatto uomo, anzi: nell’attuale cultura l’uomo pretende di essere postumano e sta smarrendo la dimensione singolare dell’umana generazione».

    La speranza cristiana non è un vago sentimento di ottimismo nel futuro. «La speranza cristiana – scrive papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo – non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino».

    «Gesù nell’ultima cena aveva ormai chiaro che sarebbe stato tradito, consegnato, ucciso: ma Lui, rendendo grazie al Padre, benedicendo per la grazia della creazione, è andato oltre, e ha attraversato la morte trasformando il più buio gesto di violenza nel suo atto di consegna, di dedizione assoluta. La speranza è l’orizzonte del Vivente generato dalla Pasqua di Gesù, dal suo dare la vita per amore: è la propensione dell’umano verso un Oltre, che è non quello programmabile con le nostre mani ma che, tuttavia, ci appartiene: è la risurrezione di Gesù, con cui è intessuta ogni più vera esperienza dell’umano. La dimensione pasquale connota l’umano dal nascere fino all’ultimo respiro: ogni piccola cosa che facciamo ha dentro la dimensione pasquale, ossia il fatto che, attraverso la morte per amore, si genera la vita. «Tendere alla vita attraversando la morte», diceva un monaco siro del VII secolo, Isacco. In tutto ciò che è umano, mortale, fragile, perituro, è deposto per grazia un germe di eternità».

    «Incontriamo spesso persone sfiduciate, che guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità», riconosce il Papa. «Possa il Giubileo essere per tutti occasione di rianimare la speranza». Come possiamo aiutare chi ha perduto la speranza a ritrovarla?

    «La speranza cristiana è fondata sulla relazione di affidamento con sapevole al mistero pasquale di Gesù, tuttavia la vita, non di rado, infligge ferite così profonde che non si ha più la capacità del cuore, la libertà di riaffidarsi. Quando le persone non riescono più a sperare perché sono state troppe volte ferite, deluse, tradite possono recuperare la dilatazione dell’affidamento solo attraverso relazioni che facciano loro intuire che c’è un Oltre affidabile, che Dio è affidabile. Noi possiamo aiutare queste persone non perché siamo più forti, ma perché siamo come loro e stiamo loro accanto, fedelmente. È la relazione fedele che guarisce le ferite della disperazione. E, attraverso la relazione, è l’incontro con Gesù, nel Vangelo, che opera la guarigione. Quando persone giungono in monastero con la disperazione sul volto, io comincio col dire: “Leggiamo insieme una pagina di Vangelo”. Esso è il sacramento del parlare di Gesù. Vedendo come Gesù ha vissuto, agito, patito, sperato, ecco rinascere la forza di riaprirsi alla speranza, l’orizzonte che non dipende dalla umana capacità di persuadere ma dallo Spirito Santo che viene in aiuto a chi geme nella debolezza. Come? Attraverso la relazione umana, la Parola, i sacramenti. Così nasce la Speranza che non delude».

    News correlate