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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (17 agosto 2025)
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  • Card. John Henry Newman (1801-1890)

    "Newman: il suo pensiero moderno a precorso il Concilio Vaticano II"

    di Laura Quadri

    Fino ad oggi sono stati 37 – tra loro 4 donne – i Santi riconosciuti Dottori della Chiesa. Con questo titolo si riconosce loro un grande rilievo nella storia del cristianesimo, per la loro santità, la profondità della loro dottrina e il loro impatto sulla teologia e la spiritualità. Un impatto, come anticipato lo scorso 27 luglio dalla Sala stampa vaticana, che la Chiesa intende ora riconoscere anche al pensiero del cardinale inglese John Henry Newman (1801-1890), protagonista di un percorso spirituale e umano che ha profondamente segnato la Chiesa e l’ecumenismo del 19esimo secolo. Ne parliamo con Markus Krienke, professore di etica alla Facoltà di Teologia di Lugano. 
     
    Prof. Krienke, quali sono le motivazioni principali per l’attribuzione del titolo a Newman?
    Innanzitutto è il primo atto significativo del nuovo Pontefice e un chiaro segno che Leone XIV – il cui predecessore Leone XIII ha creato Newman cardinale nel 1889 – intende rinnovare la fede attraverso la comunicazione con il mondo di oggi, vicino anche cronologicamente al contesto in cui visse questo nuovo Dottore della Chiesa. Inoltre, Newman costringe «progressisti» e «conservatori» a dialogare tra loro, in quanto entrambi i gruppi lo reclamano per sé, ad esempio per quanto riguarda la questione dell’ordinazione di «viri probati» o quella del dogma, a proposito del quale Newman credeva che per «rimanere» sempre identico deve sapersi «aggiornare» con l’avanzare della storia. Anche la sua posizione sull’infallibilità del Papa, definita nel 1870, è interessante e provocatrice: nella forma con cui veniva presentata ai suoi tempi, gli parve «antimoderna» e la ritenne inopportuna.
     
    Quale è stato il contributo di Newman all’ecumenismo e quali sono le sue opere principali?
    Newman di fatto viene venerato sia dagli anglicani che dai cattolici (anche se durante la sua vita ricevette contestazioni da entrambi). Dopo la sua «prima conversione» a 15 anni, si impegnò per rendere comprensibile e credibile la Parola di Dio nel mondo moderno, e dunque si dedicò allo studio della teologia antica della Chiesa, con l’intento anzitutto di rinnovare l’anglicanesimo. In questo frangente scoprì i profondi legami di esso con la Chiesa cattolica, anticipando il Concilio Vaticano II. Il «Saggio sullo sviluppo della dottrina cristiana», pubblicato nell’anno della sua conversione al cattolicesimo, il 1845, è l’espressione di tale programma che gli fece scoprire sempre di più i fondamenti del cattolicesimo. Dopo l’ordinazione sacerdotale nel 1847 a Roma, fondò anche l’Oratorio di S. Filippo Neri in Inghilterra. Il modo moderno di concepire la religione emerge poi nella «Grammatica dell’assenso» del 1870, in cui egli sostenne che la logica della fede non consiste in «prove» ma in una «convergenza di probabilità». È infine importante ricordare anche l’«Apologia pro vita sua», un vero e proprio bestseller ecumenico in cui riflette sul cammino della fede, libro recepito e poi diffuso molto sia nel cattolicesimo che nell’anglicanesimo.

    Personalmente, come ha accolto la notizia?
    Sono molto contento che un grande pensatore dell’800 sia stato riconosciuto dalla Chiesa. Newman fu un autentico mediatore tra la Parola di Dio e la ragione; riconoscerlo, costituisce un altro passo fondamentale per l’accettazione di quella modernità che la Chiesa promuove sin dal Concilio Vaticano II. Newman ci può inoltre aiutare a rielaborare le divisioni messe in atto tra religione e cultura dalla Rivoluzione francese. È un intento che condivide pienamente con Antonio Rosmini, un intellettuale cattolico a lui contemporaneo. Personalmente troverei auspicabile che anche l’opera di Rosmini potesse essere riconosciuta tale. Sia Newman che Rosmini rappresentano un monito alla vita culturale della Chiesa di oggi a non dimenticare, ma anzi a riscoprire il pensiero e la modernità dei grandi intellettuali del passato.
     
    In che modo Newman può dunque influenzare il cattolicesimo contemporaneo?
    Ricorderei le sue parole nella scena di un famoso brindisi: «Se proprio dovessi, brinderei al Papa, ma prima alla coscienza, poi al Papa». Con queste parole Newman dava motivazione all’agire dei cattolici laici nelle associazioni e in politica, prima ancora di qualsiasi legittimazione da Roma. Oggi, tale messaggio ci ricorda la responsabilità che il fedele ha per la società: nel vivere la propria fede all’interno di essa ma anche nel dare il proprio contributo culturale e l’importanza del suo impegno sociale. 

    Nomina vaticana per il prof. Krienke

    Lo scorso 26 luglio, Markus Krienke, prof. alla Facoltà di teologia di Lugano, è stato nominato da mons. Antonio Staglianò, Presidente della Pontifica Accademia di Teologia, «interlocutore referente» dell’Accademia, ruolo con il quale si riconosce il valore scientifico della sua opera e la capacità di mettere in dialogo società e università, di cui l’Accademia intende avvalersi. Dalla redazione i migliori auguri di buon lavoro!

     

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