Sabato scorso a Roma, 29 uomini dell’Opus Dei provenienti da 19 Paesi nel mondo hanno ricevuto l’ordinazione sacerdotale. Tra di essi vi è Matteo Frondoni, nato a Zurigo nel 1990, ma cresciuto a Lugano, che, intervistato da noi lo scorso novembre in occasione dell’ordinazione al diaconato, confidò di aver sempre sentito la vicinanza di Dio nella sua vita: «Ho constatato – disse – che è difficile dire a che punto della mia vita sia “arrivata” la vocazione: sono convinto che Dio mi abbia seguito da vicino lungo tutta la mia vita. I miei genitori mi hanno sempre mostrato il volto di un Dio che mi vuole bene, il primo interessato a che io sia felice».
Dopo aver concluso i suoi studi al Politecnico di Zurigo, Matteo ha lavorato per alcuni anni quale consulente aziendale, collaborando con banche e assicurazioni nell’elaborazione di strategie che sfruttassero tecnologie allora emergenti come blockchain e l’intelligenza artificiale. A settembre 2018 ha cominciato a Roma gli studi di teologia presso la Pontificia Università della Santa Croce; attualmente sta scrivendo una tesi di dottorato sulla vocazione battesimale. A questo proposito, Matteo ricorda che «i primi cristiani vedevano i sacramenti come il regalo più grande che si potesse ricevere; essi davano loro la forza di affrontare le stesse occupazioni di prima con una grande gioia, consapevoli di poter contare sempre sulla vicinanza di Dio. Nel mio ministero mi farebbe piacere poter contribuire a una loro riscoperta e trasmettere lo stesso entusiasmo».
Dopo aver ricevuto l’ordinazione diaconale nel novembre scorso, negli ultimi sei mesi Matteo ha vissuto una prima esperienza pastorale nella parrocchia di S. Eugenio a Roma, nella quale ha avuto modo di farsi un’idea ancora più concreta di quanto lo aspetta dopo l’ordinazione. «Sin dal primo giorno mi hanno incoraggiato e dato suggerimenti per il mio futuro ministero. Mi ha colpito molto ad esempio Anna che, grata per la possibilità di trovare sempre qualcuno disponibile alle confessioni in parrocchia, mi ha invitato alla stessa disponibilità; un consiglio che seguirò di sicuro».
Un altro ricordo è legato al coinvolgimento nell’organizzazione del Convegno per la formazione permanente dei sacerdoti, in cui Matteo ha avuto non solo l’opportunità di ascoltare le esperienze di sacerdoti provenienti da tutto il mondo, ma anche di salutare personalmente il Papa e scambiare con lui un paio di parole: «Una grande emozione: quando gli ho detto che sarei stato ordinato a maggio il suo volto si è illuminato e mi ha detto “che bello, pregherò per lei!”».
Una volta terminato il dottorato il desiderio di Matteo è quello di tornare in patria. «Ho dato la mia disponibilità ad andare dove si veda più opportuno, ma mi farebbe molto piacere poter tornare in Svizzera!», conclude Matteo.
(SG)
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