Il diritto alla speranza, «quella speranza cancellata per tanta gente oggi», è «il primo e più fondamentale diritto umano, dei giovani prima di tutto». Ne è convinto il Papa, che con i Maestri del Lavoro che ha ricevuto in Vaticano ha sottolineato che tale diritto non è garantito da «alcuna sicurezza economica, né alcuna forma di assistenzialismo», ma «passa sempre dalla propria attività e intraprendenza, quindi dal proprio lavoro». Le beatitudini del Vangelo, ha detto Francesco allargando lo sguardo, «insegnino a noi e al nostro mondo a non diffidare o lasciare in balìa delle onde chi lascia la sua terra affamato di pane e di giustizia, ci portino a non vivere del superfluo, a spenderci per la promozione di tutti, a chinarci con compassione sui più deboli».
Senza speranza, nessuna felicità
Al tempo stesso, ha aggiunto Francesco, «guardiamo con preoccupazione alla condizione attuale dell’umanità e del creato, che portano impressi in profondità i segni del peccato, segni di inimicizia, di egoismo, di cieco privilegio di sé. Quante persone ancora rimangono escluse dal progresso economico. Quanti nostri fratelli soffrono perché schiacciati da violenza e guerre, o per il degrado dell’ambiente naturale. Quanti, ancora, sono oppressi per la marginalità in cui vengono relegati, e patiscono per la carenza di prospettive positive per il futuro, e quindi di speranza! Non ci lascino mai passivi o indifferenti la debolezza e la sofferenza che toccano così tante persone, ma che possiamo diventare sempre più capaci di riconoscerle nei volti dei fratelli, per tentare di alleviarle. Che siamo sempre più solleciti nel cercare di rendere, a chi l’abbia perduta, la speranza di cui ha bisogno per vivere: essa infatti – ha rimarcato il Papa – rappresenta, in qualche modo, il primo e più fondamentale diritto umano, dei giovani prima di tutto. Il diritto alla speranza, quella speranza cancellata per tanta gente oggi, è il primo diritto umano. La speranza in un futuro migliore passa sempre dalla propria attività e intraprendenza, quindi dal proprio lavoro, e mai solamente dai mezzi materiali di cui si dispone».La dimensione “artigianale” dello sviluppo umano
«Non vi è infatti – ha sottolineato ancora Papa Francesco – alcuna sicurezza economica, né alcuna forma di assistenzialismo, che possa assicurare pienezza di vita e realizzazione personale. Non si può essere felici senza la possibilità di offrire il proprio contributo, piccolo o grande che sia, alla costruzione del bene comune. Ogni persona può dare il suo apporto – anzi deve darlo! – così da non diventare passiva, o sentirsi estranea alla vita sociale. Per questa ragione – ha detto ancora il Pontefice argentino – una società che non si basi sul lavoro, che non lo promuova concretamente, e che poco si interessi a chi ne è escluso, si condannerebbe all’atrofia e al moltiplicarsi delle disuguaglianze. All’opposto, una società che, in spirito sussidiario, cerchi di mettere a frutto le potenzialità di ogni donna e ogni uomo, di ogni provenienza ed età, respirerà davvero a pieni polmoni, e potrà superare gli ostacoli più grandi, attingendo a un capitale umano pressoché inesauribile, e mettendo ognuno in grado di farsi artefice del proprio destino, secondo il progetto di Dio. Farsi artefice, quella dimensione artigianale dello sviluppo della propria vita, quella dimensione personale del lavoro».Tutelare il patrimonio culturale italiano
Papa Francesco ricorda poi la specificità del patrimonio ambientale, artistico e culturale italiano, “per il Paese, il bene comune più grande” e affida anche ai Maestri del Lavoro, l’associazione che comprende coloro i quali sono stati decorati con la stella al merito del lavoro da parte del presidente della Repubblica italiana e che stanno affrontato il tema in questi giorni nel loro Convegno nazionale, “il compito morale e civile di diffondere, promuovere e ampliare la cura del ‘Bel Paese’. Un obiettivo in cui emerge come primaria la “questione morale”, perché “rinnovare il lavoro in senso etico significa infatti rinnovare tutta la società”.
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