di Cristina Vonzun
Sono trascorsi 12 anni dall’elezione di papa Francesco e talvolta sembra, se si pensa a come è cambiato il mondo, che sia passato un secolo. Di mezzo la pandemia, ma anche i recenti stravolgimenti mondiali e la guerra in Europa. Eppure in tutto questo tempo e fino ad oggi c’è un Papa alla guida della Chiesa che sia dal punto di vista intraecclesiale che mondiale ha giocato un ruolo di primo attore. Quel Papa non più giovane che si affacciò 12 anni fa dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro e chiese di pregare su di lui conquistò solo con questa sua umile richiesta i tanti presenti in piazza e i telespettatori. Già dal nome «Francesco» capimmo che voleva portare un vento tutto suo, vicino ai «poveri» certamente, attento alle periferie del mondo, perché – come spesso ci ha ricordato e nessuno oserebbe dargli torto se si guarda al mondo di oggi –– si capisce come va l’umanità dall’attenzione che abbiamo verso le periferie geografiche, economiche ed esistenziali. In questi dodici anni di Pontificato non è stata certo l’energia a mancargli; pensiamo «solo» ai 47 viaggi apostolici compiuti in 66 nazioni e alle 40 visite pastorali in 49 diverse località italiane, le quattro encicliche, di cui due sociali che ripetono al mondo in guerra, parole come “fratellanza” tra le religioni e tutti gli uomini e un forte richiamo ad una ecologia integrale, richiamo ad una economia che pensa solo a sfruttare territori e esseri umani; poi le esortazioni apostoliche dalla prima dedicata alla gioia del Vangelo; i sinodi, con i loro temi caldi come il Sinodo dedicato alla famiglia o quello rivolto all’Amazzonia. In tutto Bergoglio appare sempre di più un Papa di comunione e di parola franca. Non solo perché ha messo al centro di questi ultimi anni nella vita della Chiesa la questione sinodale, con la riproposizione in forma allargata, mediante consultazioni ampie sui temi sinodali, l’esercizio del Sinodo nella Chiesa, ma ancora di più perché ha mosso o smosso la compagine ecclesiale sui grandi dossier della partecipazione dei laici ai ministeri, della donna in Vaticano e in generale nella Chiesa, dell’attenzione pastorale alle situazioni difficili come i sacramenti alle coppie che hanno alle spalle un matrimonio fallito e hanno contratto una nuova unione civile. In tutto ha saputo garantire, da un lato, una libertà di parola, di confronto e di crescita inedita e dall’altro è andato avanti -procedendo sempre in comunione- senza mai correre, ascoltando tutti e cercando di convincere piuttosto che di imporre, attento ad incarnare il ruolo di Pietro che è di custodire tutto il gregge, mentre cerca la pecora lontana. Per questo c’è chi lo accusa di profezia a parole e non nella pratica. Il Papa però procede fedele a questo stile che è totalmente petrino, ascoltando tutti, agendo poi ma badando soprattutto a non rompere l’unità della Chiesa, realtà che non è del Papa ma di Cristo. Chi per esempio, solo 12 anni fa, avrebbe detto che oggi le donne sarebbero state parte integrante del Sinodo, con diritto di voto? Chi avrebbe immaginato che nel «discernimento» accompagnato anche i divorziati risposati avrebbero potuto accedere a confessione e eucaristia? Poi c’è il grande dono della sua predicazione. Molti l’hanno scoperto durante le Messe quotidiane in epoca di pandemia da Santa Marta. Una parola che cambia il cuore di chi ascolta perché scava dentro, facendoti entrare in profondità nel Vangelo. Omelie, catechesi anche interviste con cui il Papa parla a tutti e che non mancano di franchezza verso chi osteggia, dentro e fuori la Chiesa, il Vangelo o i valori umani elementari, fosse anche un potente della terra. Al Papa, degente in ospedale ma in ripresa, l’augurio di tornare presto con la sua voce pacata e decisa e i suoi gesti coraggiosi (quanti nel Pontificato, da Lampedusa in poi, passando per Bangui e dal Sud Sudan, o in Iraq dove ha schivato un attentato!) a guidare la Chiesa e illuminare le coscienze di credenti, praticanti ma pure dei tanti che in Occidente dentro l’attuale cambiamento d’epoca non aderiscono a Chiese e religioni ufficiali ma a cui il Papa resta caro “perchè è una persona buona che parla sempre bene” come ho sentito dire in questi giorni. In altri termini anche per loro è un punto di riferimento.
Il Pontefice è rientrato da 6 giorni a Casa Santa Marta dopo la degenza al Gemelli. Proseguono le terapie, ridotta l’ossigenazione ad alti flussi con le cannule nasali di giorno ed è iniziata la riduzione anche di notte. Esami del sangue normali.
Nella seconda catechesi dedicata a “La vita di Gesù. Gli incontri", Francesco si sofferma sul colloquio fra Cristo e la samaritana. “Gesù ci attende e si fa trovare proprio quando pensiamo che per noi non ci sia più speranza” e ci aiuta “a rileggere in modo nuovo” la nostra “storia”.
Il porporato svizzero che ha raggiunto il 15 marzo l'età canonica, proseguirà per il momento il suo compito alla guida del Dicastero vaticano per la promozione dell'unità dei cristiani. Come ha lui stesso dichiarato al portale di lingua tedesca vaticannews, questa per ora è la volontà del Papa.