di Katia Guerra
«Sono grato al Signore di aver potuto vivere, nei miei 65 anni di sacerdozio, un periodo molto vivace e dinamico», ci racconta mons. Pier Giacomo Grampa, oggi vescovo emerito della Diocesi di Lugano, ordinato sacerdote a Lugano il 6 dicembre 1959. «Ho conosciuto sette Pontefici, sette Arcivescovi di Milano, sette vescovi di Lugano, un papa dimissionario, due vescovi dimissionari. Non sono eventi di poco conto», sottolinea mons. Grampa. Tempi vivaci e dinamici, ricchi di sorpresa e di novità, in cui ha avuto la possibilità di fare molti incontri dai quali trarre insegnamenti ed ispirazione.
«Nell’anno in cui sono stato ordinato prete papa Giovanni XXIII annunciò il Concilio Ecumenico Vaticano II. Non fu un colpo di testa, nonostante la sorpresa generale. C’erano stati anni di discussioni, di confronto, di studi, di ricerche che chiedevano di venire riconosciuti, di portar frutto per tutta la Chiesa. Fummo sorpresi, ma gioiosi e desiderosi di conoscere e percorrere nuovi cammini: in Teologia, Sacra Scrittura, Liturgia, Catechesi, Pastorale, Diritto Canonico», sottolinea.
«Ho vissuto un’epoca di cambiamenti in conformità con le quattro Costituzioni del Concilio Vaticano II»: così definisce don Mino i tempi dei primi decenni del suo ministero, evidenziando le varie riforme in atto per rendere la Chiesa, grazie alle quattro Costituzioni conciliari, più vera. Con la Sacrosantum Concilium «per una Chiesa autentica più che devota, per una maggior partecipazione e la valorizzazione dei fedeli»; con la Dei Verbum «per riscoprire la ricchezza della Parola di Dio»; con la Lumen Gentium «che pone Gesù Cristo, di nuovo al centro e che indica la Chiesa non come società perfetta, ma come Popolo di Dio»; infine con la Gaudium et Spes «c’è stata l’apertura verso il mondo». Un Concilio che ha portato anche linfa «al dialogo con le altre religioni e a quello ecumenico».
Un cammino intrapreso anche in Ticino e in Svizzera con il sinodo locale, con pure l’impegno missionario della diocesi di Lugano in Colombia, Africa, Haiti, al quale mons. Grampa ha partecipato attivamente. Un fermento vissuto anche da una prospettiva privilegiata: attraverso i suoi 40 anni di servizio nella scuola cattolica, tra i quali quelli come rettore del Collegio Papio, alla scuola magistrale e con le esperienze parrocchiali. «Furono anni in cui si costruirono una dozzina di nuovi edifici ecclesiastici. E si restaurarono decine e decine di chiese. Anni intensissimi di lavoro, di studio di tante innovazioni. Ma che qualche cosa stesse cambiando lo si era capito dopo il ‘68 con la chiusura dei seminari», evidenzia mons. Grampa.
«Di questo cambiamento d’epoca ne parla papa Francesco e ne ha scritto molto don Matteo Armando. Non siamo più una società, e una civiltà cristiana, perché il cristianesimo è uno dei tanti colori dell’arcobaleno. E proprio “l’arcobaleno” dice l’evoluzione del pensiero e dei comportamenti etici. Dobbiamo prenderne atto, che non vuol dire accettare, ma cambiare mentalità, cambiare l’approccio. Distingue semper, Nega frequenter, affirma, caute! Più libertà, più rispetto della persona, più fraternità (tutti fratelli), più unità nella diversità», afferma Grampa, invocando la via sinodale come quella da percorrere, per tutti. «Occorre renderci conto del dramma degli abusi, della poca trasparenza finanziaria, dell’adeguamento dell’organizzazione senza rinunciare al sistema parrocchiale. Abbiamo una macchina sempre più complessa da sostenere e far funzionare. Abbiamo pensato tanto alle strutture quali chiese e oratori che oggi sono vuote. E le persone?», si chiede il vescovo emerito, suggerendo il passaggio da una pastorale «dell’imbuto» a una pastorale delle «Persone».
«È sempre più importante distinguere tra Religione e Fede. Si può vivere senza religione, cioè senza seguire determinate credenze, praticare certi riti, essere legati a certe tradizioni, ma non si può vivere senza una fede. Ognuno ha una sua visione, crede e dà fiducia a qualche cosa: a Dio o il caso, la scienza, la filosofia, la fantasia. Si confondono spesso due realtà che sono diverse e ciò crea confusione! Si crede quando si presta il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà. Quando ci si abbandona, ci si affida incondizionatamente all’Altro. “Io credo, ma tu aiuta la mia incredulità”. La fede cristiana è come la vita: possiamo trasmetterla, possiamo perderla, ma non possiamo darcela, l’abbiamo ricevuta», sottolinea mons. Grampa. «In crisi oggi è la trasmissione della fede: perché siamo in un cambiamento d’epoca».
Una fede «non monolitica» che mons. Grampa declina usando cinque immagini che erano del cardinale Martini: «la fede è diffidente (apistia): «Credo Signore, ma tu aiuta la mia incredulità»; questuante, che ricerca, chiede, cresce per essere viva; è fragile (oligopistia) (gli uomini di poca fede); agonica, combattente, uno si sente figlio ma vuole essere indipendente; vittoriosa: le donne al Sepolcro, i due di Emmaus, Maria (la pisteusasa), colei che ha creduto».
Alla fine del colloquio ancora un pensiero don Mino lo riserva ai media cattolici, quelle «quattro finestre sopravvissute» («Catholica», «Strada Regina», «Chiese in diretta» e catt.ch, ndr) dopo la chiusura dell’amato «Giornale del Popolo».
Pier Giacomo Grampa nasce il 28 ottobre 1936 a Busto Arsizio. Compie gli studi al seminario di Venegono (arcidiocesi di Milano) e di Lugano, poi alla Facoltà di teologia di Innsbruck. È ordinato prete il 6 dicembre 1959 a Lugano. Docente di latino e italiano al Seminario minore di Lugano, è nominato in seguito vicerettore del Collegio Papio di Ascona (dal 1965 al 1975), dove insegna religione, filosofia, storia. Contemporaneamente è parroco in varie comunità parrocchiali (in particolare Moghegno e Ascona). Nel 1979 è nominato rettore del Collegio Papio fino alla sua consacrazione quale vescovo della Diocesi di Lugano il 25 gennaio 2004 in cattedrale. Rimane in carica fino al 7 dicembre 2013. Oggi risiede all’ Istituto Sant’Angelo di Loverciano, da dove prosegue il suo impegno per il futuro della Chiesa attraverso la pubblicazione di vari testi e le conferenze.
Un centinaio di persone, il 15 dicembre, hanno fatto un percorso dal sagrato della chiesa di S. Rocco fino alla chiesa di S. Giorgio, dove si è potuto ammirare, in una grotta, la rappresentazione vivente della Natività.
Raccolti CHF 26'500 a sostegno delle persone in difficoltà in Ticino. I fondi saranno destinati a due realtà locali che incarnano i valori di solidarietà ed assistenza: alla Lega Cancro Ticino (in aiuto ai bambini) ed alla Fondazione Francesco (di fra Martino Dotta)
Oggi, mercoledì 18 dicembre, alle 20.30, padre Francesco Patton ofm, sarà in Ticino per un incontro dal titolo "Il coraggio della pace. Riflessioni su dialogo, riconciliazione e speranza (quando tutto sembra perduto)". Modera Andrea Fazioli