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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (27 luglio 2025)
CATT
  • All'ONU rappresenta il Papa, ecco il suo sguardo sul mondo: mons. Balestrero ospite a Claro

    di Laura Quadri

    «In continuità con i suoi predecessori, uno dei temi che stanno più a cuore a papa Leone XIV è promuovere la riconciliazione e portare la voce della Chiesa di Dio e del mondo sulla pace. Questo è anche il mio compito».

    Così, mons. Ettore Balestrero, 58 anni, genovese, presenta ai lettori di Catholica e catt.ch la propria importante missione quale Osservatore permanente della Santa Sede presso l'Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, compito che riveste dal 2023, dopo una lunga e intensa attività diplomatica in sette Paesi del mondo.

    La vocazione nata a Claro

    Lo incontriamo a Claro, dove è giunto in questi giorni. Lo unisce infatti al monastero benedettino ticinese un legame profondo: «Sono molto vicino e molto grato al Monastero di Claro: qui, esattamente 40 anni fa, partecipando a un ritiro, ho avuto la chiarezza interiore su cosa dovevo fare della mia vita: ho compreso che la volontà di Dio su di me fosse quella di vedermi diventare sacerdote. Quando posso, dunque, raggiungo spesso il Monastero». Mons. Balestrero è anche oblato benedettino: «A Rosano, comunità storicamente legata a Claro, sentendo le Monache cantare in gregoriano ho scelto di avvicinarmi ancora di più alla spiritualità del Patrono d’Europa: San Benedetto è stato un uomo di pace, che ha saputo insegnare a chi vive nel mondo a farlo con un atteggiamento interiore di preghiera e a trasformare tutto in Dio. È questo che voglio trasmettere anche come rappresentante pontificio», sottolinea.

    Dalla Colombia al Congo: la diplomazia in azione

    Nelle sue missioni più recenti, ritroviamo mons. Balestrero nunzio in Colombia, al lavoro per sostenere l'intesa del governo con il movimento di guerriglia FARC, poi raggiunta con un accordo di pace nel 2016. Nel 2018 è invece in Congo, in sostituzione del suo predecessore, l'arcivescovo Luis Mariano Montemayor, allontanato per essere persona non «grata» al governo locale. Esperienze che lo segnano profondamente e che gli fanno comprendere ancora più a fondo il ruolo essenziale della diplomazia vaticana: «L’ho percepito bene proprio in Congo: chi soffre ha bisogno anzitutto di essere ricordato e consolato, sperando che il mondo non lo dimentichi. E chi spesso alza la voce su questi temi, attraverso la propria presenza sul territorio, è la Santa Sede. Se è vero che è molto importante che ci sia un giudizio della comunità internazionale sulle azioni dei singoli membri, la voce della Santa Sede non deve mai mancare, perché essa ha una autorevolezza morale unica per giudicare gli eventi e le circostanze».

    La Santa Sede, una voce scomoda?

    Ma la voce della Santa Sede è davvero ascoltata in tal senso dagli altri Stati? «Dal mio punto di vista percepisco oggi un consenso, anche da parte di chi non crede, sul fatto che la Santa Sede sia la voce della coscienza dell’umanità. Ma non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire. Così la diplomazia non può fermare chi vuole fare la guerra. Però se la guerra è il fallimento della diplomazia è anche vero che spesso occorre la diplomazia per far finire la guerra». Tale è il lavoro della Santa Sede all’ONU: «Come Osservatrice, la Santa Sede interviene e partecipa ai negoziati. Anche se non è sempre seguita, il suo intervento è sempre atteso. Possiamo essere un interlocutore con cui confrontarsi, da cui dissentire, ma comunque c’è interesse nel conoscere l’orientamento della Chiesa, che crede fermamente nell’esistenza di un pensiero etico sull’uomo fondato su tre pilastri: la dignità dell’uomo, la fratellanza universale e l’esistenza del bene comune».

    L’epoca triste del riarmo

    Una delle battaglie portate avanti con insistenza e negli anni dalla Santa Sede all’ONU, sottolinea Balestrero, è quello del disarmo: «Oggi non si parla di disarmo ma di riarmo. A livello internazionale si stanno smantellando i trattati, ad esempio sull’uso delle mine anti-uomo. Ricorderei lo “slogan” storico, rievocato in occasione dell’ultimo Summit della Nato dai potenti della terra: “Se vuoi la pace, prepara la guerra”. In un contesto simile, il rischio che qualcosa sfugga dal controllo è alto. D’altro canto bisogna essere oggettivi: non si può chiedere a un solo soggetto di smettere di difendersi. Occorrerebbe uno sforzo simultaneo, congiunto, per assumere una logica di pace. Temo purtroppo che, a corto termine, ci sia poca speranza che questo avvenga, sebbene il futuro può sempre sorprendere. Il mondo corre verso il multipolarismo: ci sono Stati che vogliono consolidare la propria posizione di potere, altri che ne vogliono acquisire di nuovo, così da potersi trovare in posizione di vantaggio quando si parlerà di nuovi assetti o di negoziati. È in questo contesto che la Santa Sede vuole essere ancora più presente. Personalmente credo che nel cuore dell’uomo e delle popolazioni costrette a subire le scelte dei propri governanti, ci sia sempre un desiderio di verità, giustizia, pace. Non bisogna dimenticarlo ed è su questo sentimento che la Chiesa vuole puntare».

    Papa Leone, portatore di speranza

    Il Pontificato di papa Leone XIV è per Balestrero motivo di speranza: «Vedo in lui la paternità di papa Giovanni Paolo II, la saggezza di Benedetto XVI, l’umanità di papa Francesco; in aggiunta una capacità di ascolto e una calma che è anche risolutezza nel momento di intervenire. Pensiamo dopo l’attacco alla parrocchia di Gaza: la sua volontà nel voler capire perché è avvenuto questo attacco è ferma».

    A Ginevra portando la luce del Vangelo

    Infine un pensiero ai compiti futuri: «Per me lavorare come Osservatore è e sarà sempre cercare di dare voce alla Chiesa e a Cristo nella valutazione di quello che sta succedendo nel mondo, dunque conoscere la realtà e poi dire quello che percepisco possa essere il pensiero di Dio e della Chiesa sul mondo, dunque difendere la persona umana in modo olistico, integrale in tutte le sue dimensioni e parlare all’uomo contemporaneo con un senso di vicinanza, di affetto e anche col desiderio di non fare sconti alla verità», conclude mons. Balestrero, che salutiamo con la promessa di rivederci presto a Claro per continuare a riflettere assieme sul valore che dovrebbe essere più intrinseco al cuore umano: l’anelito alla comunione e alla pace fraterna.

     

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