«Charlie Kirk è un eroe per gli Stati Uniti d’America e un martire della fede cristiana». Le parole del vicepresidente americano JD Vance, durante la cerimonia in memoria del giovane attivista repubblicano assassinato, testimoniano la confusione tra religione e politica, volutamente alimentata dal campo di Donald Trump.
«Mio marito, Charlie, voleva salvare giovani uomini come quello che gli ha tolto la vita (…) Quest’uomo, questo giovane uomo, io lo perdono. (…) Lo perdono perché è ciò che ha fatto Cristo ed è ciò che avrebbe fatto Charlie. La risposta all’odio non è l’odio. La risposta (…) è l’amore, sempre l’amore. L’amore per i nostri nemici e l’amore per coloro che ci perseguitano». Le parole molto spirituali e personali della vedova Erika, durante la cerimonia in memoria del marito assassinato, hanno colpito i partecipanti a questo grande show all’americana riuniti in un grande stadio coperto a Glendale, in Arizona.
Un messaggio che, pochi minuti dopo, il presidente Donald Trump non ha esitato a contraddire esplicitamente. Ha riconosciuto il rifiuto di Kirk di odiare il suo avversario, ma ha poi aggiunto: «È qui che non ero d’accordo con Charlie. Io odio il mio avversario e non gli auguro il meglio. Mi dispiace. Mi dispiace, Erika». Una piccola frase che dice molto sull’America di Trump.
Confusione tra religioso e politico
Raramente la confusione tra religioso e politico è stata così evidente come durante l’omaggio reso a Charlie Kirk il 21 settembre 2025. In uno stadio da 65.000 persone, la cerimonia politico-religiosa ha tenuto incollata per cinque ore la base religiosa repubblicana. In un intervento che era allo stesso tempo una predicazione e un discorso elettorale, il vicepresidente JD Vance ha invitato a ricordare che Kirk è «un eroe per gli Stati Uniti d’America e un martire della fede cristiana».
Nel suo discorso dal tono messianico, JD Vance è stato più sottile del suo capo ma ha difeso la stessa visione. Charlie Kirk «ha portato la verità secondo cui la nostra nazione sarebbe scomparsa se non avesse messo ordine nei suoi quartieri e non avesse portato prosperità al suo popolo». (…)
«Penso che Charlie Kirk mi avrebbe incoraggiato a essere onesto e a riconoscere che il male è sempre presente tra noi. A non ignorarlo per preservare una falsa illusione di pace, ma ad affrontarlo di petto e con onestà, come la malattia che è». (…) «Per Charlie, ricostruiremo gli Stati Uniti d’America affinché ritrovino la loro grandezza. Per Charlie, non arretreremo mai, non ci lasceremo mai intimidire e non cederemo mai, nemmeno di fronte alla canna di un fucile».
Una visione apocalittica
Questa visione repubblicana si fonda volentieri su un racconto di tipo apocalittico. Quello di un’America e di una civiltà in pericolo. Gia Chacon, fondatrice di un’ONG per la difesa dei cristiani perseguitati e amica di Charlie Kirk, lo illustra pienamente in una cronaca sul National Catholic Register: «Oggi, un’ideologia radicale all’interno delle nostre stesse frontiere è diventata così tossica da esigere il silenzio con il sangue.
È lo smantellamento di una nazione. Non con un crollo improvviso, ma con la lenta corrosione delle nostre fondamenta morali comuni. Un tempo sapevamo che la verità meritava di essere difesa insieme. Oggi uccidiamo coloro che osano dirla ad alta voce. (…)
La mano che ha premuto il grilletto non è l’unico nemico. Il nemico più profondo è lo spirito di odio e di disperazione che ha corrotto la nostra vita pubblica. E l’unico rimedio è il rinnovamento: delle famiglie, delle comunità, delle nostre fondamenta morali, della fede. Senza virtù, la libertà non può sopravvivere. Senza verità, la libertà è un’illusione. E senza Dio, nessuna nazione può sussistere».
«Apostolo del discorso civile»
Un discorso che seduce ampie fasce cattoliche. Il vescovo conservatore Robert Barron, fondatore del celebre media di evangelizzazione Word on Fire, ha salutato Kirk, il giorno dopo l’omicidio, come «una sorta di apostolo del discorso civile, ma soprattutto come un uomo che amava Gesù Cristo».
Lezioni dalla sua vita
Il cardinale Timothy Dolan di New York lo ha definito «un San Paolo dei tempi moderni» durante una trasmissione televisiva su Fox News. «Era un missionario, un evangelizzatore, un eroe. (…) Penso che fosse qualcuno che capiva cosa intendeva Gesù quando disse: “La verità vi renderà liberi”», ha dichiarato, pur riconoscendo di non conoscere Kirk e il suo movimento prima di apprendere la tragica notizia della sua morte.
«I cattolici non hanno bisogno di essere d’accordo con tutte le idee politiche o teologiche di Charlie Kirk per apprezzare le sue virtù evidenti e le sue buone abitudini morali di cui la nostra società ha grandemente e urgentemente bisogno», ha sottolineato mons. Roger Landry, direttore nazionale delle Opere Pontificie Missionarie e cronista sul canale TV cattolico conservatore EWTN.
Egli elenca dieci lezioni dal suo impegno: Charlie Kirk era un cristiano sincero che viveva e condivideva pubblicamente la sua fede, era un ottimo amico, un marito e un padre amorevole, un apostolo del matrimonio e della famiglia, un uomo coraggioso, un ricercatore e difensore della verità, un uomo di ascolto, un patriota, un costruttore capace di chiamare i giovani a crescere e a prendersi responsabilità.
Servire Dio o Cesare
«A chi giova la canonizzazione di Charlie Kirk: a Dio o a Cesare?» si chiede padre Sam Sawyer, direttore della rivista gesuita America. «Il fatto che queste intenzioni siano oneste e legate alla fede non le rende automaticamente buone. (…) Serve un discernimento prudente per capire quale spirito si segue, soprattutto quando si tratta di esercitare il potere e l’autorità», ricorda. «Ciò che è seguito all’assassinio somiglia alla costruzione di un culto della santità».
«Temo che, quali che siano le migliori intenzioni di Kirk, del suo pastore o di altri legati alla sua organizzazione Turning Point USA, l’approccio che adottano in politica finisca per trattare il Vangelo più come un mezzo che come un fine». (…)
Secondo il gesuita, «Charlie Kirk e molti dei suoi discepoli hanno trovato ispirazione in appelli al coraggio che identificavano spesso con la contrapposizione alla cultura dominante. Condividevano uno zelo per questa contrapposizione, salutando la chiarezza di una distinzione netta tra bene e male, tra vero e falso».
Eliminare la minaccia interna
A parte l’offerta di perdono commovente di Erika Kirk, «una parte spaventosa del tempo della cerimonia commemorativa è stata dedicata a rafforzare proprio questa idea della minaccia rappresentata dall’altro e ad affermare che l’altro deve essere distrutto», osserva padre Sawyer, e questo non solo nelle parole di Donald Trump, ma anche in quelle di diversi altri oratori.
«La speranza di Charlie Kirk di condurre le persone a Gesù attraverso la politica è stata spesso utilizzata, e lo è ancora oggi, da molti di questi poteri, per spingerci ulteriormente verso la divisione. Contro coloro che cercano tali conflitti, il consiglio di Gesù resta il migliore: rendete a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio», conclude il gesuita.
Proposizioni non cristiane
Altri cattolici hanno naturalmente ricordato che alcune idee difese dal giovane erano chiaramente contrarie alla dottrina sociale cattolica. «Dipingerlo come un personaggio cristico è ridicolo e non corrisponde alla realtà. Kirk ha a lungo sostenuto discorsi non cristiani e non rappresentativi degli insegnamenti della Chiesa cattolica. Inoltre, le opinioni di Kirk sono all’origine di una divisione notevole nel nostro Paese», ha osservato sul National Catholic Reporter l’assistente universitario Tulio Huggins.
Razzista e anti-immigrati
«Kirk ha fatto numerose dichiarazioni anti-immigrati, tra cui la diffusione della teoria della “Grande Sostituzione” (…) ha inoltre pronunciato vari commenti razzisti degradanti nei confronti dei neri, come questo, all’inizio dello scorso anno: “Se ho a che fare con una donna nera stupida al servizio clienti, mi chiedo: è lì per merito o per discriminazione positiva?”. Nello stesso mese, commentando la DEI (programma di diversità, equità e inclusione N.d.T.), ha dichiarato: “Se vedo un pilota nero, penso: spero che sia qualificato”».
Demagogia e populismo
«Quando il discorso civile ha cominciato a includere calunnie disumanizzanti?» ha scritto Gloria Purvis, rappresentante dei cattolici afroamericani. «Quando la demagogia è diventata un discorso caritatevole? Venite ora, voi tutti che amate la verità. Non trasformiamo discorsi malevoli in discorsi benevoli».
«Kirk si opponeva al controllo delle armi e rifiutava persino la legge sui diritti civili del 1964. Inoltre, nel suo podcast del 2024, in un passaggio molto controverso, Kirk ha citato un versetto del Levitico che fa riferimento alla lapidazione degli omosessuali», ricorda Nate Tinner-Williams sul Black Catholic Messenger.
La Conferenza dei vescovi sceglie di non reagire
Un disagio palpabile fino al livello della Conferenza episcopale, che non ha reagito ufficialmente all’assassinio del giovane militante repubblicano. Lo stesso in Vaticano: «Dobbiamo essere molto, molto tolleranti, molto rispettosi di tutti, anche se non condividiamo lo stesso punto di vista», ha dichiarato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ai giornalisti l’11 settembre.
«Se non siamo tolleranti e rispettosi, e se siamo violenti, ciò creerà un grosso problema all’interno della comunità internazionale e della comunità nazionale».
fonte: cath.ch/mp/traduzione catt.ch