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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (21 agosto 2025)
CATT
  • Gianmaria Pusterla (1962-2025).

    Bravissimo giornalista, grande papà e amico vero. Ciao Giamma!

    di Maria Acqua Simi

    Una premessa. Gianmaria Pusterla, morto venerdì scorso pochi giorni prima di compiere 63 anni (era nato il 15 giugno 1962) non è stato solo un bravissimo giornalista. È stato prima di tutto un grande papà per i suoi figli, Valentina e Gianluca (ai quali va il nostro abbraccio) e un amico vero. A vent’anni aveva preso la licenza di maestro elementare, e qualcosa di quegli studi doveva essergli rimasto addosso vista la dedizione con cui ha cresciuto generazioni di aspiranti cronisti in Ticino. 

    Da sempre legato al PPD, cominciò la sua carriera giornalistica presso il quotidiano Popolo e Libertà, di cui divenne in seguito direttore, per poi passare al Giornale del Popolo nel 2004, ricoprendo il ruolo di vicedirettore fino alla chiusura improvvisa del giornale del 2018. Io l’ho conosciuto lì. L’avventura del GdP è stata per tanti di noi qualcosa di unico, straordinario e irripetibile. Eravamo una famiglia: caratteri diversi ma un affiatamento professionale e umano assai raro. Una famiglia magari sgangherata, ma che sotto la guida coraggiosa e visionaria di Giamma (così lo abbiamo sempre chiamato, annullando qualunque formalità) e Claudio Mésoniat ha fatto scuola. Mi accolsero poco più che ventenne. Sognavo di fare la giornalista di esteri e l’inviata. E loro hanno scommesso su di me (e so che molti altri colleghi potranno dire lo stesso), facendomi crescere, accompagnandomi in questo cammino come solo due grandi padri possono fare. E cioè incoraggiandomi e correggendomi. Quante discussioni tra noi, a volte accesissime! Perché l’amicizia vera non matura solo con grandi pacche sulle spalle, ha bisogno di molto di più. Quel di più nasceva dal confronto quotidiano in redazione ma anche da una fede cristiana vissuta dentro il solco della storia del GdP. La sede del giornale si trovava a Massagno, corso san Gottardo, poco dopo la stazione. Entrando, sulla sinistra si trovava una piccola cappella dove una volta a settimana veniva celebrata la messa. Giamma non mancava mai. Chiariamoci, non era un santo. Il temperamento sapeva essere fumantino, a volte irruento. Ma nulla che non potesse ricomporsi davanti a una bella pizza con panaché. Ecco, con lui si poteva ricominciare sempre. E questo perché lui, me lo disse più volte, a sua volta quando era caduto era stato aiutato a rialzarsi. L’errore allora non faceva più paura, sia che fosse un refuso in prima pagina o una risposta sgarbata in riunione di redazione. Perché quegli sbagli non diventavano mai, per Giamma e Meso, un giudizio sulla persona.

     I ricordi in questi giorni si accavallano, e sono tanti. I caffè alla macchinetta per commentare la notizia del giorno prima della riunione. Le fughe al Buffet della Stazione per cena (perché la schiscia da casa, diciamocelo, non la voleva mai portare). Quando era di turno per la chiusura – cioè quando rimaneva lui a chiudere il giornale fino a mezzanotte – il pomeriggio andavamo in processione a portargli le pagine con i pezzi da mandare in stampa. Ci accoglieva nel suo studio con le gambe allungate sul tavolo e il sorriso furbo. Leggeva, sottolineava, e qualche volta ci sganciava frasi a bruciapelo che erano delle lezioni di giornalismo. «Ricorda, non devi pensare un titolo su due righe, devi fare un titolo su due righe». Ancora: «Meglio un aggettivo in meno che uno in più». E poi quello che ribattezzammo “il teorema Pusterla”: «L’ultima frase del pezzo va tagliata. Soprattutto se ti appare sagace». Una delle ultime immagini che ho è di una sera particolarmente complicata: io, lui, Alessandra Zumthor e Gregorio Schira. Qualcosa, nella prima pagina, non lo convinceva. Forse il titolo dell’editoriale. Discutemmo per un’ora. Eravamo stremati, un accordo non si trovava ma i tecnici giustamente volevano chiudere o il giornale il giorno dopo non sarebbe mai uscito. Chiese scusa per quel ritardo, ma incalzò: “È che la prima pagina è come ci presentiamo. Non si può sbagliare, bisogna averne cura”. Un secondo dopo trovammo la quadra.

    Nel 2014 quando l’ISIS invase il nord dell’Iraq scalpitavo per partire. Volevo raccontare cosa vivevano i cristiani massacrati dallo Stato islamico. Lui e Claudio accettarono il rischio. E si lanciarono in tante altre avventure così, come quando decisero di sostenere la parrocchia dei francescani ad Aleppo nel pieno della guerra, o la popolazione di Haiti dopo il devastante terremoto del 2010. Quando il Giornale del Popolo chiuse, facemmo un ultimo, epico numero. Pubblicammo lettere e disegni che lettori e alunni delle scuole elementari e medie inviarono alla redazione. Uno di quei disegni lo serbo ancora a casa. Scriveva una bambina: “Mi dispiace tanto. Un giornale ti accompagna, ti risponde alle domande”.  Ed è a questo tipo di lavoro, Giamma, che ci hai educato. Lavorare per i lettori, farci domande per rispondere alle domande. Senza mai il “già saputo”. Nella cronaca locale come in quella nazionale, negli esteri come nello sport, nell’economia, nelle pagine di Catholica o cultura.

    Eri appassionato di politica, tanto. Di calcio, tantissimo. Non facevi che parlare del Liverpool e l’unico lusso che ti concedevi erano le trasferte in UK con Gianluca per seguire le partite. In moltissimi modi, sempre discreti, hai fatto compagnia a tanti tra noi che ti siamo stati amici e colleghi. Non ci hai lasciati soli quando ci siamo ammalati gravemente, quando sono nati i nostri figli o i nostri nipoti. Ci sarebbero tante altre cose, molto personali e delicate, che potrei raccontare. Di tanti di questi fatti siamo venuti a conoscenza solo in questi giorni, dopo che una brutta e fulminea malattia ti ha portato via. Il bene fatto, caro Giamma, rimane per sempre. E tu ne hai fatto tanto. Dal Cielo, ne siamo certi, continuerai a tenerci una mano sulla testa. Tu che a quel Cielo, tra alti e bassi, ci hai sempre creduto.

    I funerali si terranno martedì alle 14.30 nella chiesa parrocchiale di Mendrisio. Da parte della redazione di catt.ch vanno le più sentite condoglianze alla famiglia.

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