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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (15 dicembre 2025)
  • nicole-honeywill-703542-unsplash COMMENTO

    Uno sguardo educativo al tempo del coronavirus

    Cosa ci fa venire in mente la figura del maestro? La parola ‘maestro’ deriva dal latino magister, a sua volta da magis, ‘di più’, e la stessa etimologia può essere riscontrata anche presso molte varianti linguistiche: l’ebraico rabbi significa ‘grande’ e il sanscrito guru significa ‘pesante’. Da Lutero in avanti, è andata affermandosi sempre di più un’idea sbagliata per cui qualunque forma di gerarchia sia necessariamente contraria alla libertà degli individui, a partire da quella religiosa per poi arrivare (con il Sessantotto) alla gerarchia “naturale” tra padre e figlio. Anche il sistema educativo ne ha pagato le conseguenze, di cui oggi ci stiamo tuttavia rendendo gradualmente consapevoli. Nell’antichità, invece, la relazione tra maestro e alunno era binaria. Certamente, anche nelle grandi scuole del passato, come l’Accademia di Platone o il Liceo di Aristotele o le Università medievali, era presente anche un rapporto tra singolo docente e gruppi più o meno numerosi di allievi, ma il perfezionamento dell’educazione è sempre stato considerato frutto di un rapporto binario, cioè personale: per l’uomo premoderno, non era concepibile una vita senza maestro. In tutte le fasce della popolazione, una figura di riferimento da cui apprendere non solo nozioni, ma anche esperienza di vita e con il quale confidarsi, era considerata necessaria per la corretta crescita dell’individuo. Oggi questa esigenza è andata perduta e si è diffuso il mito (perché di questo si tratta) dell’auto-educazione, dell’auto-affermazione dell’individuo, in realtà una conclusione inevitabile di questa “rivoluzione” moderna che ha ripiegato l’uomo su se stesso. Oggi ci sono forse troppi insegnanti e pochi maestri. Paolo VI ebbe a dire: «L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni» (Evangelii nuntiandi, n. 41). Ciò che infatti caratterizza il maestro tout court è proprio la vocazione a trasformare la propria intera vita in insegnamento, è l’idea secondo cui le lezioni più efficaci sono le proprie stesse opere. Gesù ebbe a dire: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime» (Matteo 11,29), cioè: il mio modo di essere nel mondo è per voi la migliore lezione di vita. Sebbene l’umanità abbia ormai superato il novero di sette miliardi di persone, soffriamo grande aridità di punti di riferimento. E spesso – soprattutto nell’uomo occidentale – c’è diffidenza nella figura stessa del maestro, che implica anche obbedienza, senso di responsabilità, lotta contro se stessi, anche una sana ambizione, concetti non sempre digeribili da persone abituate a delegare i propri bisogni a macchine e autorità politiche. La triste pagina di storia che stiamo vivendo in questi giorni cambierà molti modi di agire e pensare nella società: approfittiamone, riscopriamo anche il modo di vivere bene e di fare della propria vita un insegnamento perenne.

    Gaetano Masciullo, dottorando in filosofia all'Uni di Lucerna

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