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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (19 dicembre 2024)
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  • Ordine secolare dei Carmelitani Scalzi: l'incontro a San Rocco per la Madonna del Carmelo

    Ordine secolare dei Carmelitani Scalzi: l'incontro a San Rocco per la Madonna del Carmelo

    Un bel pomeriggio per esprimere gratitudine e ricordarsi di colei che è Madre in tutto, nei bisogni, nell’aiuto, nell’accoglienza. Con tale spirito si è svolto, lo scorso 16 luglio a Lugano, l’incontro della grande famiglia dell'Ordine secolare dei Carmelitani scalzi, una presenza, in Ticino, silenziosa e discreta ma pienamente vivace, e che ha trovato in questa occasione nella locale chiesa luganese di San Rocco la sua casa. Entrandovi, campeggia infatti al centro dell’altare una bella statua della Madonna del Carmelo; ai lati la accompagnano simbolicamente Santa Teresa, a destra, con l’immancabile penna tra le mani, pronta all’atto della scrittura, e Maria Maddalena de’ Pazzi a sinistra, a sua volta mistica del Cinquecento, meno nota, ma non meno influente. In compagnia di queste due Sante, i presenti– circa una quarantina di persone in tutto, contando tra loro anche i membri della locale confraternita del Carmelo  – hanno dato avvio al pomeriggio di festa con la recita del Santo Rosario, per poi ascoltare l’intervento di padre Fausto Lincio, incentrata, anzitutto, sulla storia dello stesso Ordine carmelitano.

    L’arrivo sul Monte Carmelo

    Sul monte Carmelo, secondo il racconto del Primo Libro dei Re, nel IX secolo a.C. si stabilì il profeta Elia, uomo contemplativo e strenuo difensore del monoteismo di Israele. Egli vi fondò una comunità di uomini, pronti a seguirlo in questo intento. Analogamente, verso la fine del XII secolo, come raccontano le cronache carmelitane, un gruppo di pellegrini latini desiderosi di imitare l'esempio del profeta Elia si riunì in comunità sempre sul monte Carmelo, con l’intento di abbracciare la vita eremitica sotto il patrocinio della Vergine Maria.

    Padre Lincio ha sottolineato l’importanza di questo passaggio: «Una volta compiuto il pellegrinaggio a Gerusalemme, riconquistata la Città Santa, riaperti i luoghi di culto cristiani, i pellegrini europei potevano ritenere concluso e compiuto il loro voto di pellegrinaggio, e infatti molti tornarono alle loro terre. Quelli che andarono invece sul Monte Carmelo, credo che testimonino il fatto che anche se il voto di pellegrinaggio era stato da loro assolto, in tutto questo loro lungo pellegrinare avevano capito che la sequela, il diventare discepoli del Signore, ha dentro di sé una misura più grande di quella che avevano pensato inizialmente. Da qui la decisione di continuare questa ricerca non più sui sentieri del mondo ma entrando nei sentieri del mondo interiore che ciascun uomo si porta appresso. I Carmelitani sono quindi uomini che non si accontentano ma raccolgono la sfida di un Dio che li porta sempre un passo più in là di quello che loro si erano umanamente prefissati».

    In Europa: la conversione nel bene

    In seguito, «per i crescenti pericoli legati all'avanzata degli arabi in Terra santa, nel corso del Duecento i carmelitani furono costretti a trasferire le loro comunità in Occidente.
    L'arrivo in Europa dei primi carmelitani obbliga questi uomini a un profondo rinnovamento della loro vita: erano eremiti e vengono invece assimilati ai frati mendicanti; erano portatori di una tradizione orientale del cristianesimo e devono adeguarsi invece alla tradizione latina (pur conservando il rito gerosolimitano); avevano un abito che devono cambiare per potersi far accettare dalla Chiesa e dai cristiani d'Occidente. Questi passaggi, che hanno delle precise motivazioni storiche e sociali, sono anche però momenti di un profondo rinnovamento dell'Ordine, del passaggio da una sintesi buona ed anche approvata dalla Chiesa della loro prima forma di vita (eremiti) ad una sintesi ulteriore altrettanto buona (mendicanti) che il nuovo contesto sociale ed ecclesiale chiede loro. Potremmo così dire che i Carmelitani hanno avuto il coraggio di una radicale conversione, non da un male a un bene (come spesso noi intendiamo questa parola), ma da un bene ad un bene ulteriore, e queste conversioni nel bene (che obbligano a prendere le distanze da ciò che era buono per entrare in una ricerca di un bene nuovo ulteriore ma anche inedito...), è una delle cose più difficili da vivere, soprattutto a livello di vita spirituale, eppure necessaria se si vuole camminare veramente».

    Lo scapolare: quale il suo reale valore?

    Infine, padre Lincio ha proposto alcuni lineamenti per meglio intendere la devozione stessa dello scapolare. «Quando si tratta di devozione mariana, ma non solo, spesso il pensiero corre ai segni che la testimoniano, come medaglie, scapolari, icone, e alle pratiche che devono accompagnarli, interrogandoci cioè con una domanda, che può diventare anche assillante: “Che cosa devo fare per far vedere che sto vivendo questa particolare devozione?”», ha esordito padre Lincio. La tradizione carmelitana, su questo punto, «è sempre stata molto sobria: se lo scapolare è “l'abito” con cui ci si riveste della veste di Maria – l'abito che lei dona al suo devoto – nella pratica della vita non si deve fare nulla se non vivere come Maria è vissuta: nell'ascolto della Parola, nella responsabilità di portare la Parola nella storia, nel silenzio e anche nello stato, talora, di una non immediata comprensione del piano di Dio: guardando insomma a quanto ci trasmettono i Vangeli sulla figura di Maria».

    Dopo la Santa Messa celebrata da padre Lincio, sette nuovi fedeli hanno ricevuto solennemente l’imposizione dello Scapolare, entrando così a far parte della famiglia dell’Ordine. Un momento per gioire e rallegrarsi, avanzando tutti insieme nella conoscenza della vocazione carmelitana, oggi più che mai necessaria, con il suo sguardo contemplativo, al mondo.

    (LQ)

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