Un presepe meccanico molto vecchio, che non funziona più come un tempo, rischia di essere sostituito da uno spettacolo di luci LED. Il Comune è pronto al cambiamento, ma il parroco don Giustino è profondamente affezionato a quel presepe e vorrebbe salvarlo, anche se non sa bene come fare. Chiede aiuto un po’ a tutti, ma sembra che nessuno possa davvero aiutarlo. Una notte, in sogno, don Giustino scopre che anche le statuine del presepe non sono felici della situazione. Gli ricordano il motivo per cui si trovano lì: non solo per essere guardate, ma per trasmettere valori.
È da questa intuizione che prende forma la storia scritta e messa in scena dal racconta storie Andrea Jacot-Descombes, proposta in occasione dell’inaugurazione della “Via dei presepi” di Moghegno, di cui avevamo parlato lo scorso 14 dicembre.
Le statuine entrano nelle case
Riscoperto il significato simbolico delle statuine, don Giustino decide di portarle di nascosto nelle case degli abitanti, nella speranza che possano aiutare a risolvere piccoli e grandi problemi quotidiani. La statuina del panettiere, simbolo della pazienza, viene lasciata nella mensa di un’azienda per riscoprire il valore del pane fresco. Il musico, che rappresenta la memoria, arriva in una casa anziani, dove nessuno suona più. La lavandaia, simbolo della perseveranza, lava il vessillo della filarmonica che fatica a trovare nuovi membri.
In ogni casa don Giustino lascia un cestino con delle lettere firmate “a nome delle statuine”, che invitano a riflettere sui valori del presepe: come la pazienza necessaria per avere il pane fresco o la perseveranza per far vivere una tradizione. Poco alla volta gli abitanti comprendono che dietro quelle statuine ci sono significati profondi.
Consapevoli di ciò che il presepe rappresenta, gli abitanti scrivono al sindaco chiedendo di mantenere il presepe meccanico. Decidono inoltre di creare i propri presepi e di esporli, rendendo visibili a tutti i valori che vogliono custodire.
Una storia che unisce
«Sono stato molto contento: la sala era gremita di persone di ogni età. La storia è stata accolta molto bene ed è stato apprezzato il fatto che siano stati messi al centro valori del cristianesimo, ma in realtà universali», racconta Andrea Jacot-Descombes.
La sua storia nasce anche da un legame personale con il presepe: «È una tradizione che ho ereditato dalla mia famiglia. L’ho sempre fatto con mia madre, che ora non c’è più. Ho ancora i personaggi di quando ero piccolo. È legato al mio essere cattolico, ma credo che ciò che trasmette vada oltre il cristianesimo e riguardi tutti, indipendentemente dalla religione».