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  • Dio e lo sport: non sono avversari ma potenziali compagni di squadra

    Dio e lo sport: non sono avversari ma potenziali compagni di squadra

    di Cristina Vonzun

    «Scegliere tra Dio e lo sport» non dovrebbe essere un dilemma, ma a quanto pare lo è nei cuori di alcuni atleti, come ci racconta nel pezzo sotto Sandrine Ray, già olimpionica svizzera, oggi teologa e assistente spirituale ai prossimi Giochi olimpici di Parigi. Incredibile, secondo quanto racconta la Ray, che ci siano ancora oggi degli atleti che talvolta a causa delle loro stesse comunità cristiane, si sentano in obbligo di scegliere tra Dio e lo sport, come se la vita cristiana e l’attività sportiva fossero in contrapposizione. Forse il dilemma può insinuarsi laddove la pratica di fede viene meno nell’atleta d’élite a causa di trasferte, gare e allenamenti. A dire il vero il tema, a livelli diversi, riguarda anche i ragazzi e le ragazze che si preparano ai sacramenti, tra i quali non sono pochi quelli che militano in squadre, impegnati in tornei e allenamenti. Qui il dialogo e una sana riflessione sul vantaggio di un po’ di flessibilità reciproca, forse eviterebbe situazioni come quelle descritte dalla Ray. Ho avuto la fortuna di conoscere sagge catechiste che hanno applicato la «flessibilità» mettendo il loro tempo, fuori orario, rispetto all’incontro di catechismo parrocchiale previsto da calendario, per venire incontro ai ragazzi élite di sport. Il discorso relativo ai piccoli chiede comunque una riflessione tra tutte le parti in causa: famiglie, team sportivi e Chiese.

    Dio e lo sport sono concorrenti?

    «No», ed è abbondante la letteratura che lo dimostra, anzi a ben guardare Dio e lo sport sono amicissimi, in particolare se si affronta l’idea di gioco legato a quello di gratuità, non come ricreazione ma come dimensione fondamentale dello sviluppo umano, tema che è stato affrontato da non poca letteratura (ad esempio: Homo Ludens di Hunziga) e come lo stesso San Tommaso d’Aquino ha sottolineato nella Summa Theologica e nella Summa contra Gentiles, tanto da raccomandarne la pratica anche al clero. Per S. Tommaso il gioco fa incon- trare Dio e se stessi: Dio che è gratuità e nella persona quella «fioritura umana» a cui ognuno, creato a immagine e somiglianza di Dio, tende. I recenti pontefici hanno sottolineato lo spettro di virtù umane che sono anche cristiane apprese grazie allo sport: l’impegno, la perseveranza, la determinazione, il fair play, la solidarietà, lo spirito di squadra con un trascendersi reciproco nel team. C’è poi un altro elemento che farebbe fare le capriole di gioia a qualsiasi cristiano, essendo il cristianesimo la religione dell’incarnazione: il valore del corpo, il rapporto virtuoso con esso, quell’embodiment che oggi la psicologia mette a tema e che lo sportivo affronta, esplora e approfondisce, più di tanti altri, ogni giorno. Certo lo sport viene investito in questi anni dal pericolo non solo del doping ma anche del transumanesimo, cioè la trasformazione dell’uomo in macchina sportiva. Per questo l’incontro tra sport e religioni è importante: per- ché può aiutare gli sportivi a salvare il loro corpo nell’unità con lo spirito e mente da ogni riduzionismo. Viceversa per il cristiano il mondo dello sport non deve essere visto come un estraneo ma come qualcosa che gli appartiene e che l’aiuta ad aprirsi ad orizzonti di crescita umana, di contemplazione (se praticato nella natura), di trascendenza, di unità psico/spirituale e fisica, aspetti che sono del cristianesimo stesso, dato che non è un angelismo disincarnato.

    Qui puoi leggere l'intervista a Sandrine Ray.

    Qui puoi trovare alcuni suggerimenti di lettura dedicati al tema sport e spiritualità.

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