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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (19 dicembre 2024)
Catt
  • Domenica 21 luglio 2024. Commenti al Vangelo
    COMMENTO

    Domenica 21 luglio 2024. Commenti al Vangelo

    Calendario romano: Mc 6,30-34

    Intimità e compassione, libertà e tenerezza

    di Dante Balbo*

    La Chiesa è una realtà complessa, sfaccettata e formata da un'umanità tanto varia quante sono le persone che la compongono. Esistono uomini e donne che si spendono senza riserve, perché hanno compreso che nel dono di sé si apprezza sempre di più l'amore ricevuto da parte di Dio, che si manifesta nell'incontro con i cuori spezzati, le vite ferite, i disperati di ogni tempo. Tuttavia anche nelle comunità ci sono pastori che seguono il loro interesse, il potere, la ricchezza, il prestigio, anche solo un posto dove stare al sicuro, nascosti nella mediocrità di una vita senza scosse. Per chi è chiamato a guidare, incoraggiare, sostenere, promuovere, far crescere il corpo di Cristo, è grave, perché perderanno persone, non porteranno speranza, genereranno confusione. Di questo parla la prima lettura della XVI domenica del Tempo Ordinario, in cui è Dio stesso a scagliarsi contro i falsi pastori, promettendo di venire di persona a custodire e nutrire il suo gregge. Gesù arricchisce questa visione, non con pesanti invettive contro i sacerdoti del suo tempo, anche se non manca di rimproverarli a più riprese, ma mettendosi in gioco in prima persona. Di sé stesso dice: «Io sono il buon pastore». In questo Vangelo prova a portare i suoi in disparte, perché è l'unico modo per trasmettere loro la sua intimità, stando con lui, imparando qualcosa di più di saggi pensieri, condividendo con lui la vita. Ma la gente ha intuito dove si sono rifugiati e li cerca, affamata di verità, o forse solo di consolazione. Il maestro si commuove, come il Padre suo, perché quella folla è sbandata, confusa, sconfitta, eppure non riesce ad arrendersi e ha scoperto in quest'uomo qualcosa che non capisce, ma che attrae irresistibilmente. La compassione è il segreto del Messia, che ci fa sentire guardati, non solo visti, ognuno abbracciato da quella intimità che solo un Dio può dare. La legge diventa tenerezza, i comandi promesse di libertà, di un pastore che per me dà la vita.
    *Il Respiro spirituale di Caritas Ticino su TeleTicino e su YouTube

    Calendario ambrosiano: Mc 8,34-38

    L’invito rivolto da Gesù a investire nel dono di sé

    di don Giuseppe Grampa

    Per due volte nel Vangelo di questa domenica troviamo una espressione sulla quale vorrei sostare. Dice Gesù: «Chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo la salverà«. E più avanti: «Chi si vergognerà di me e delle mie parole…». La persona di Gesù e le sue parole, il suo Vangelo, non sono due realtà separate, sono tutt'uno. Gesù è le sue parole, Gesù è l'Evangelo. Si capisce così il quel gesto, terminata la lettura della pagina evangelica: il baciare il libro stesso. Perché baciare le parole ascoltate? Vuol dire amore non per un oggetto, un libro ma per una persona, la persona stessa di Gesù. S. Gerolamo, grande traduttore e studioso delle Scritture ha scritto: «L'ignoranza delle Scritture sacre è ignoranza di Cristo. L'amore per le Scritture sacre è amore per Cristo». Ma nella pagina odierna incontriamo parole ardue: «Rinnegare se stessi… prendere la propria croce… perdere la propria vita». Davvero sembrano parole inaccettabili, sembrano proporre uno stile di vita lontano da quella realizzazione di sé, dal lieto godimento dell'esistenza che tutti noi cerchiamo. L'evangelo di Gesù si confermerebbe come una proposta intrisa di dolorismo, di mortificazione, di repressione, una proposta incapace di godere la bellezza e la bontà dell'umano. Come leggere, dunque, queste parole? Decisiva è quella parola di Gesù: «Se qualcuno vuol venire dietro di me…». «Dietro di me»: solo guardando Gesù e seguendolo queste Parole trovano il loro significato. Non un appello a reprimere la propria umanità ma a dilatarla nel dono incondizionato di sé. Prendere la propria croce non vuol dire rassegnata e passiva accettazione di ogni sofferenza: chi prende la sua croce, dietro a Cristo, con Lui e come lui spalanca le sue braccia, non rinchiudendosi nella gelosa custodia di sé ma perdendosi nel dono di sé. Il pastore luterano Dietrich Bonhoeffer, messo a morte per la sua opposizione al nazismo ha scritto: «Il nostro rapporto con Dio è una nuova vita nell’esistere-per-gli-altri, nella partecipazione all’essere di Cristo».

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