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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (19 dicembre 2024)
Catt
  • Domenica 28 luglio 2024. Commenti al Vangelo
    COMMENTO

    Domenica 28 luglio 2024. Commenti al Vangelo

    Calendario romano: Gv 6,1-15

    Pane e pesci, per imparare l'amore

    di Dante Balbo*

    La relazione è sempre reciproca, anche se il dono è la caratteristica principale di ogni rapporto. In questa logica ognuno è dono per l'altro e impedirgli di esserlo è dannoso per entrambi. Il comandamento di amare il prossimo come se stessi non è solo il principio per cui dovremmo fare agli altri quello che vorremmo fosse fatto a noi, ma anche l'intuizione che noi siamo frutto di un Altro, che quello che siamo, che abbiamo, che possiamo, è accoglienza di quello che ci è stato dato, senza nessun merito da parte nostra, anche solo la vita che non abbiamo chiesto. Questo è quanto applica anche Dio nei nostri confronti, con le dovute proporzioni. A descrivere bene il nocciolo di ogni relazione è il Vangelo di questa XVII domenica del Tempo Ordinario, in cui Gesù moltiplica pani e pesci per una folla smisurata. Avrebbe potuto farlo dal nulla, dalle pietre, dal suo solo cestino per la colazione, invece ha chiesto ai suoi discepoli quanto cibo avessero. In altre parole, per operare Dio ha bisogno di noi, ci coinvolge, non ci umilia con la sua potenza divina, ci insegna che senza la partecipazione di entrambi un amore è zoppo. Spesso sperimentiamo che nei rapporti umani ognuno ha poco da portare, ma se è Dio ad essere implicato, la sua risposta è straordinaria e trasforma la nostra povertà in una ricchezza incredibile, tanto che alla fine ci basta e ne avanziamo. Qui inizia un percorso che porterà alle estreme conseguenze quanto accaduto sulla piana della moltiplicazione, perché dal segno si passerà alla sostanza, l'offerta di Gesù stesso come cibo e bevanda di salvezza nell'Eucaristia. Ogni volta che il pane e il vino si trasformano nel Corpo e Sangue di Cristo avviene la stessa cosa: noi ci mettiamo una materia povera, il Signore prega il Padre e la trasforma in pane di immortalità, cibo di vita eterna e questo accade ogni giorno fino alla fine dei tempi. L'odio divide e consuma chi lo possiede. Solo l'amore moltiplica e rinnova sé stesso, ogni volta generando vita.

    *Il Respiro spirituale di Caritas Ticino su TeleTicino e su YouTube

    Calendario ambrosiano: Mt 21,12-16

    Siamo noi il tempio del Dio vivente

    di don Giuseppe Grampa

    Questo insolito gesto di indignazione da parte di Gesù si presta a due letture. La prima, più immediata, è contenuta nelle parole pronunciate da Gesù, parole che esigono il rispetto per la dimora di Dio, casa di preghiera e non covo di ladri. Ritengo grave mancare di rispetto al luogo sacro mescolando sacro e profano, per esempio imponendo prestazioni economiche per i servizi religiosi. Le bancarelle che assediano soprattutto i santuari non sono certo uno spettacolo dignitoso ma ancor più grave è il comportamento di uomini di Chiesa che utilizzano la Chiesa e le sue risorse per operazioni economiche e finanziarie non sempre limpide. È purtroppo attuale l’invettiva di Gesù: «Voi fate della mia casa un covo di ladri». Ma il gesto di Gesù ha un secondo radicale significato. Quelli che chiamiamo i «mercanti del Tempio» erano necessari alla vita del Tempio, in particolare all’esercizio del culto che aveva bisogno di questo commercio. I mercanti del tempio erano necessari al Tempio, cacciarli come fa Gesù vuol dire annunciare la fine di questo complesso rituale. Il nuovo culto non avrà più bisogno dell’offerta di animali ma dell’offerta della nostra libertà, del dono di noi stessi. Grazie all’offerta che una volta per tutte Cristo ha compiuto di sé sulla croce con l’irrevocabile dono di se stesso si rinnova l’alleanza con Dio. Quella divina Presenza che Israele riconosceva e adorava nel Tempio, ormai abita nell’umanità di Gesù di Nazareth. Già il racconto dell’Annunciazione indica chiaramente come nel corpo di questa giovane donna, Maria, abita Dio stesso. Anzi, noi siamo ormai il Tempio del Signore, come ricorda Paolo: «Noi siamo il tempio del Dio vivente». E Pietro dirà che i credenti sono ormai quelle pietre vive che costruiscono l’edificio spirituale che è il corpo di Cristo, la Chiesa. Il tempio di Gerusalemme, le nostre chiese, la stessa santa Chiesa non sono che tende provvisorie della divina Presenza: al compimento dei giorni non vi sarà più tempio (Apoc 21,22) ma solo il Signore, Dio tutto in tutti.

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