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    COMMENTO

    Il "Piccolo lessico del fine vita". Un commento del prof. Ettore Malnati

    È stato reso pubblico e consegnato a Papa Francesco, lo scorso 8 agosto, il "Piccolo lessico del fine vita", un documento-vademecum elaborato dalla Pontificia Accademia per la Vita presieduta da mons. Vincenzo Paglia, che intende essere una "bussola" per districarsi nelle difficili tematiche e nelle sfide bioetiche odierne. Pubblicato dalla Lev, il documento è un glossario che nasce nel "contesto pluralista e democratico delle società in cui il dibattito si svolge - scrive nell'introduzione monsignor Paglia -, soprattutto quando si entra nel campo giuridico".

    Di seguito proponiamo un commento al testo giunto in redazione e firmato dal prof. Ettore Malnati, parroco di Notre Dame de Sion di Trieste, già vicario episcopale per il laicato e la cultura e docente alla Facoltà di teologia di Lugano:

    Il soggetto umano nasce non per sua volontà; man mano che cresce si appropria di razionalità e volontà sino ad avere giustamente quella padronanza del suo pensare e volere determinati dal libero arbitrio che rendono umani e non solamente istintivi i suoi atti e danno ad essi una valenza morale.

    Il primo e fondamentale bene che la persona umana possiede e la rende tale è la vita nella sua complessità fisica, mentale, spirituale, sociale anche a volte se non propriamente autonoma non solo nell’aspetto motorio. Di fronte ad una vita individua in sofferenza per gravi handicap che scollegano la fase cerebrale da quella fisica –motoria, si rimane pensosi e sconcertati.

    Ogni vita merita concreta attenzione e rispetto avendo ovviamente un limite etico quale è quello dell’accanimento non solo terapeutico.

    Fatti questi dovuti accenni su come i soggetti e la società dovrebbero legiferare e comportarsi, è opportuno fare delle considerazioni su ciò che è diritto e dovere nei confronti di ogni situazione della vita.

    Fermo restando che la vita nella sua dimensione di quella consapevolezza di cui ci parla Cartesio, cioè il “cogito ergo sum”, è importante constatare se un soggetto individuo appartenente alla natura umana percepisce, comprende e comunica in modo sui generis anche in una condizione di immobilità motoria e fisica. In ogni situazione la persona umana è responsabile in coscienza delle sue decisioni. Ciò che la società ha il dovere di custodire e di valutare è se la persona è libera nelle sue scelte e in tal senso legiferare tenendo conto del diritto alla tutela dell’esistenza anche dalle “tentazioni” del soggetto individuo o da chi ha la patria potestas.

    Ciò è un preciso dovere e diritto da parte di coloro che detengono la responsabilità civile e legale di una Comunità.

    Che vi sia una normativa che salvaguardi il diritto alla vita è un atto di civiltà. Ciò però comporta anche un impegno ad educare le persone e la stessa Comunità civile a conoscere sin dove è lecito spingersi nei confronti di una decisione di coscienza da parte dei soggetti individui, dei loro familiari e della stessa Società civile.

    L’arbitrio in una situazione senza una seria valutazione etica, non solo suggerita dalla pietas, è sempre una soluzione precaria nei confronti del diritto a dare continuità alla vita non soggetta ad accanimento.

    Tra le categorie dell’accanimento terapeutico il nuovo “Piccolo lessico del fine vita” edito con l’approvazione di Papa Francesco dalla Pontificia Accademia per la Vita  (PAV) e pubblicato  dalla Libreria Editrice Vaticana, si esclude “la nutrizione e idratazione artificiale” in quanto questi vengono considerati trattamenti sanitari, però si sostiene  che andrebbero valutati caso per caso in rapporto alla situazione del paziente e quindi potrebbero essere anche interrotti con l’assenso del paziente (anche rilasciato con le disposizioni anticipate di trattamento).Ciò potrebbe essere una scelta di libera coscienza che non andrebbe a convalidare la tesi del suicidio assistito, ma solo la non accettazione dell’accanimento terapeutico.

    Se questa valutazione fosse seriamente e serenamente considerata nella bioetica quale tutela della dignità del morire, ci si potrebbe pensare. Ma se questa interruzione venisse applicata in un paziente non in situazione terminale, ciò andrebbe contro la tutela della vita del paziente anche se il suo organismo fisico fosse “impedito”.

    La teologia morale cattolica sottolinea la propria perplessità e negatività sia nei confronti dell’eutanasia che del suicidio assistito, ma anche di una irragionevole medicina dell’accanimento terapeutico. Ciò che si deve chiedere a medici e familiari è di accompagnare dignitosamente i propri cari alla conclusione di questa esistenza viatoria avvalendosi anche della terapia del dolore e della vicinanza ricca di umanità senza “focalizzarsi su singole funzioni – come sottolinea il Piccolo lessico – dell’organismo piuttosto che sul bene complessivo della persona”.

    mons. Ettore Malnati, teologo

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