di Katia Guerra
I più di 300 fra pellegrini, ammalati, volontari, presbiteri tornano a casa con il cuore colmo di gioia e di nuova fiducia, dopo aver trascorso cinque giorni a Lourdes, ai piedi della grotta dove la Vergine Maria è apparsa a Bernadette. Alla Madonna hanno affidato fatiche, dolori, ma anche gioie e speranze, nella certezza di trovare ascolto e accoglienza. «Dio ci sorprende sempre, ci offre qualcosa di buono quando meno ce lo aspettiamo», ha ricordato mons. Alain de Raemy durante uno dei momenti di meditazione, prendendo spunto dal miracolo alle nozze di Cana e a partire da alcune riflessioni di papa Francesco contenute nel suo recente libro autobiografico Spera. «Ci dice che dobbiamo avere speranza, perché il vino migliore deve essere ancora servito». Un messaggio che riscalda i cuori soprattutto degli ammalati che a Lourdes attingono la forza per affrontare, una volta tornati a casa, la quotidianità.
Il vescovo, nel corso dalla catechesi proposta mercoledì, ha anche colto l’occasione per annunciare la novità per il pellegrinaggio 2026: si tornerà a viaggiare, tutti insieme, con il treno.
Alla grotta per ringraziare
Il pellegrinaggio a Lourdes è speciale, per molti motivi, come hanno raccontato negli scorsi giorni alcuni dei partecipanti. Per Bianca e Francesco Vicari che quest’anno festeggiano i 65 anni di matrimonio, il santuario francese è «non solo luogo di preghiera, ma una fonte di legami profondi con la fede, di gioie e di dolori vissuti insieme». Si sono sposati il 10 settembre del 1960 nella Cattedrale di Lugano. A Lourdes si sono recati diverse volte come coppia, e anche separatamente o con altri familiari. Hanno trovato conforto nei momenti di lutto: hanno perso due figli, uno per un incidente e un altro per malattia. «Nel 1993 nostro figlio Beniamino si ammalò e fece un voto: se fosse guarito, avrebbe partecipato cinque anni di seguito al pellegrinaggio di Lourdes. Dopo le cure, effettivamente guarì. Sono tornato con lui a Lourdes per cinque anni. Ricordo che è stato un periodo vissuto con molta gioia. Vent’anni dopo la malattia è purtroppo tornata e questa volta non ce la fatta, ma prima di andarsene ha voluto di nuovo tornare a Lourdes», ci confida Francesco. Sono sempre andati alla grotta come pellegrini, ma hanno una grande ammirazione per chi si dedica agli ammalati. La loro esperienza più intensa di servizio l’hanno vissuta accanto ai figli.
Giovannina Piccardi partecipa al pellegrinaggio per la prima volta. «Mi sto ristabilendo gradualmente da una malattia genetica e avevo il desiderio di venire a Lourdes per ringraziare la Madonna per questi miglioramenti, per la forza d’animo ricevuta da medici e infermieri che mi hanno circondata, perché loro in primis non hanno mai perso la speranza nella mia completa guarigione: sono degli angeli», ci confida. È un ringraziare, quello di Giovannina, non solo a parole ma anche con il servizio. «Mi trovo a Lourdes come infermiera dell’Ospitalità diocesana», ci dice. «La forza la prendo dagli ammalati e dagli altri volontari, dalla dedizione che mettono per farti sentire a tuo agio: questo mi consola il cuore e l’anima». Se la Madonna di Lourdes permetterà alla sua salute di migliorare ancora, «l’anno prossimo sarò felice di mettermi di nuovo al servizio di chi ha più bisogno: qui c’è molta collaborazione e affiatamento fra tutti, volontari, sacerdoti, il vescovo Alain per dare serenità e speranza agli ammalati nell’anima e nel corpo».
Lourdes nell’obbiettivo
Anche Felicia Baggi, 29 anni, è a Lourdes per la prima volta. «Un desiderio realizzato dopo averlo dovuto rimandare per altri impegni», ci dice. Ha offerto il suo servizio al prossimo e anche a Catholica e catt.ch, mettendo a disposizione la sua passione per la fotografia e raccogliendo per la redazione le voci da Lourdes. «Attraverso l’obbiettivo della mia macchina fotografica ho potuto cogliere non solo i gesti, ma anche le emozioni e la bellezza dello stare insieme», ci confida. «Lourdes per me è stata una scoperta meravigliosa: la grotta, le piscine, i luoghi di silenzio e di preghiera. Una notte, durante un turno all’Accueil, ho trovato il tempo per recarmi a pregare davanti alla grotta: un luogo di pace profonda, dove Bernadette ha scoperto la sorgente d’acqua che da allora continua a donare speranza». I giorni trascorsi con il gruppo ticinese l’hanno resa più forte e ha capito che nessuno è mai solo. «La fede ci unisce e ci fa sentire parte di una comunità viva, numerosa e fraterna. Abbiamo vissuto esperienze intense, ricordando anche chi, per vari motivi, è rimasto a casa».
Beatrice Galimberti è tornata a Lourdes come scout foulard bianco dopo una «pausa» dedicata alla famiglia. «La prima volta sono venuta quasi per caso, poi dopo aver incontrato tanta bellezza ho continuato a ritornare», ci dice. Quest’anno ha portato con sé sua figlia Nora di nove anni, con due suoi amici. «È stata veramente un’emozione poter vivere questa esperienza con lei e farla partecipare, insieme ai suoi amici (sono tutti e tre lupetti), al servizio scout a Lourdes», sottolinea. «Inoltre, hanno preso parte ad alcune attività dei foulard gialli». Questo servizio dell’Ospitalità diocesana propone attività e riflessioni a misura di ragazzi. È anche questo il modo con cui si «formano» i futuri volontari a Lourdes e si tramanda quella gioia per il servizio che ogni anno spinge molte persone a ritornare alla grotta e a mettersi a disposizione di ammalati e pellegrini.