di don Marcin Krzemien*
Popolo di Dio - crisi: dal fallimento alla speranza, è possibile? Diciamocelo subito: sì, è possibile fare questo passaggio. Dipende da noi; dipende dalle nostre scelte e dalle nostre decisioni.
Icone bibliche della crisi
Generalmente parlando, per molti, come abbiamo visto nelle riflessioni precedenti, una crisi significa un fallimento, una resa oppure un motivo di vergogna. Invece, agli occhi di Dio, una crisi può diventare un momento di grazia. La Scrittura mostra che le più grandi crisi delle persone di fede, per esempio Mosè, Davide, Pietro, sono stati punti di svolta, momenti in cui la misericordia e la potenza di Dio si sono rivelate. Mosè, umiliato dalla sua fuga nel deserto, ha incontrato Dio nel roveto ardente e ha ricevuto una nuova chiamata; Davide, schiacciato dal peso del proprio peccato, ha confessato la verità nel Salmo 51: ...crea in me un cuore puro, o Dio..., e ha sperimentato il perdono; Pietro, dopo aver rinnegato Gesù, proprio nel momento della sua caduta ha visto su di sé lo sguardo del Signore e in seguito ha confessato tre volte: “Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo”. Allora, queste crisi non sono state la fine della storia, ma al contrario, sono state l’inizio di una relazione più profonda con Dio.
“La crisi come passaggio pasquale e grembo di vita nuova”
Nella tradizione della Chiesa è presente la distinzione fra il tempo kronos e il tempo kairos. Il primo, kronos significa “il tempo che scorre”; il secondo, invece il tempo kairos, è “l’ora di Dio”. In questa ottica, una crisi vissuta con fede può diventare proprio un momento di verità e di risveglio spirituale. Come incoraggiavano i Padri della Chiesa, essa non è la fine, ma un’opportunità, un invito a liberarsi delle maschere e a tornare a ciò che è autentico. In poche parole, potremmo dire che una crisi, se accolta, diventa uno spazio per l’azione della grazia. Papa Francesco, con simile intuizione, ha notato che una crisi, secondo il disegno di Dio, è un passaggio pasquale, segnata da un momento di verità su se stesso, e dovrebbe diventare una svolta decisiva nella propria vita spirituale. Quindi, in altre parole, una crisi esige una scelta: tra seguire il Signore con coraggio e fiducia o rifugiarsi nella mediocrità, tra confidare nella misericordia di Dio o chiudersi in un senso di fallimento e di vergogna.
Una crisi intesa in questo modo non deve necessariamente significare una catastrofe. Può persino diventare il grembo di una nuova vita, un momento di risveglio spirituale, di purificazione e di ritorno all’essenziale. Le testimonianze di molte persone, dopo aver vissuto esperienze del genere, lo confermano: “Se non fosse stato per questa crisi, non avrei mai scoperto chi sono veramente”. È vero, è un’esperienza dolorosa che infrange le illusioni e svela i nostri meccanismi di difesa, ma paradossalmente nello stesso tempo, ci apre alla verità su noi stessi e su Dio. Naturalmente, non si tratta di glorificare una sofferenza o di minimizzare il dramma della crisi. Assolutamente no! Si tratta semplicemente di un cambiamento della prospettiva. Dove in genere si vede solo un fallimento o un motivo di vergogna, la fede vede un luogo in cui l’uomo incontra Dio nella sua debolezza. San Paolo, messo alla prova dalla sofferenza, ha sentito le parole del Signore: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza, infatti, si manifesta pienamente nella debolezza” (2 Cor 12,9). Questa è un’esperienza significativa e costruttiva! Cioè, è proprio la fede che ci permette di vedere che là dove tocchiamo le profondità della nostra impotenza, Dio pone le basi per qualcosa di nuovo.
Nella crisi c’è bisogno di incontrare uno sguardo di misericordia
Allora, un cambiamento di prospettiva – dalla vergogna alla speranza – è il fondamento di un cammino continuo verso la guarigione, la conversione, la verità su Dio e noi stessi, e la santificazione. Chi attraversa un momento di crisi non ha bisogno né di condanna, né di fuga nella negazione del problema. Ha bisogno di qualcuno che lo guarda con lo sguardo misericordioso di Gesù, proprio come il Signore ha guardato Pietro dopo il suo tradimento. Gesù disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati” (Mc 2, 17). Nello spirito di queste parole del Signore, la Chiesa non considera (non dovrebbe considerare) chi passa attraverso questa esperienza come una persona da stigmatizzare, ma come un fratello/sorella che ha bisogno di aiuto per ritrovare il senso e il significato della propria vita. Il Signore non si vergogna delle nostre debolezze, anzi è venuto proprio per prenderle su di sé e trasformarle con la potenza della croce.
Quindi, una crisi, non è una vergogna, ma è piuttosto l’ora di Dio, un tempo in cui la sua grazia può rivelare la sua potenza, se solo glielo permettiamo. Dipende da noi! Dipende dalle nostre scelte e dalle nostre decisioni.
*prete polacco in Ticino
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