“Voglia il cielo che pure in altre situazioni di conflitto, in diverse parti del mondo, prevalga il desiderio di pace!”.
Lo ha esclamato il Papa, nel suo primo discorso a Timor-Leste, rivolto alle autorità, alla società civile e al Corpo diplomatico, nella terza tappa del suo viaggio apostolico in Asia e Oceania, dopo l’Indonesia e Papua Nuova Guinea. Ad accoglierlo, il più giovane dei Paesi dell’Asia, indipendente da poco più di vent’anni e con alle spalle un conflitto sanguinosissimo; una terra che non ha ancora sanato davvero le sue ferite, rappresentantata, nel palazzo presidenziale di Dili, capitale di Timor-Leste, dal capo di Stato, uno degli artefici dell'indipendenza e Premio Nobel per la pace del 1996, Josè Manuel Ramos-Horta, con cui il Papa si è dapprima intrattenuto privatamente. Per poi rivolgersi, dopo aver ascoltato gli inni locali e aver ricevuto alcuni doni da tre ragazzi del posto, alle circa 400 persone presenti.
Francesco ha lodato l’”impegno assiduo” del Paese “per giungere a una piena riconciliazione con i fratelli dell’Indonesia, atteggiamento che ha trovato la sua fonte prima e più pura negli insegnamenti del Vangelo. Avete trasformato il dolore in gioia!”. In particolare, il Papa ha apprezzato che “nel ventesimo anniversario dell’indipendenza del Paese, avete recepito come documento nazionale la Dichiarazione sulla Fratellanza umana, affinché – come auspica la Dichiarazione stessa – essa possa venire adottata e inclusa nei programmi scolastici. Questo è fondamentale: il processo educativo”.
“Proseguire con rinnovata fiducia nella sapiente costruzione e nel consolidamento delle istituzioni della vostra Repubblica, in modo che i cittadini si sentano effettivamente rappresentati ed esse siano pienamente idonee a servire il popolo di Timor-Leste”, la consegna di Francesco: “Ora, infatti, davanti a voi si è aperto un nuovo orizzonte, sgombro da nuvole nere, ma con nuove sfide da affrontare e nuovi problemi da risolvere.
La fede, che vi ha illuminato e sostenuto nel passato, continui a ispirare il vostro presente e il vostro futuro”.
Per costruire il futuro, Francesco indica alcune piaghe ben precise da combattere e alcune sfide da affrontare, nel campo dell'emigrazione, del lavoro, della povertà, dell'abuso di alcol e violenza tra i giovani.
“Penso al fenomeno dell’emigrazione, che è sempre indice di una insufficiente o inadeguata valorizzazione delle risorse. Come pure della difficoltà di offrire a tutti un lavoro che produca un equo profitto e garantisca alle famiglie un reddito corrispondente alle loro esigenze di base. Penso alla povertà presente in tante zone rurali, e alla conseguente necessità di un’azione corale di ampio respiro che coinvolga molteplici forze e distinte responsabilità, civili, religiose e sociali, per porvi rimedio e per offrire valide alternative all’emigrazione. Ma penso anche a quelle che possono essere considerate delle piaghe sociali, come l’eccessivo uso di alcolici tra i giovani e il loro costituirsi in bande, le quali, forti della loro conoscenza delle arti marziali, invece di usarla al servizio degli indifesi, la usano come occasione per mettere in mostra l’effimero e dannoso potere della violenza”.
“Tutti siamo chiamati ad agire con responsabilità per prevenire ogni tipo di abuso – un fenomeno diffuso in tutto il mondo – e garantire una crescita serena ai nostri ragazzi. Siete un popolo giovane, non per la vostra cultura e per l’insediamento su questa terra, che sono invece molto antichi, ma per il fatto che circa il 65% della popolazione di Timor-Leste è al di sotto dei 30 anni di età. L’entusiasmo, la freschezza, la proiezione verso l’avvenire, il coraggio, l’intraprendenza, tipici dei giovani, uniti all’esperienza e alla saggezza degli anziani, formano una miscela provvidenziale di conoscenze e di slanci generosi verso il domani”, ha argomentato Francesco, secondo il quale “questo entusiasmo e questa saggezza sono una grande risorsa e non permettono la passività né, tantomeno, il pessimismo”.
Così il Papa esorta a non dimenticare “tanti bambini e adolescenti offesi nella loro dignità”. E per la soluzione dei problemi indicati, invita "a preparare adeguatamente, con una formazione appropriata, coloro che saranno chiamati ad essere la classe dirigente del Paese in un non lontano futuro”, in modo - questa la rotta segnalata dal Papa - da “delineare una progettualità di ampio respiro, nell’esclusivo interesse del bene comune”.
"Tuttavia, se i problemi non mancano – come è per ogni popolo e per ogni epoca –, vi invito ad essere fiduciosi e a mantenere uno sguardo pieno di speranza nel futuro”, l'appello conclusivo. “Questo è un paese veramente bello, ma cos’è la cosa migliore che ha questo Paese? Il popolo. Amate questo popolo, è un popolo meraviglioso, si esprime con dignità e con gioia".
Confidate nel popolo e nella sua saggezza”.
(agensir/vaticannews/red)
Molti i temi evocati da Francesco: la denuncia della guerra, la situazione "ignobile" a Gaza, il terrorismo in Germania e Usa, l’antisemitismo, le persecuzioni religiose, il diritto all'aborto "inaccettabile", le insidie delle nuove tecnologie e la cancel culture.
All’udienza generale Francesco riflette “sulla piaga del lavoro minorile”, tuttora dilagante, e denuncia che in ogni parte della terra ci sono minori "sfruttati da un’economia che non rispetta la vita" e che così "brucia il più grande giacimento di speranza e di amore".
In un messaggio dal suo account X il Papa si dice vicino preghiera a chi “soffre a causa dei conflitti in atto”. Le celebrazioni nelle comunità cattoliche e ortodosse che seguono il calendario giuliano.